E finalmente Walter Veltroni scese nell’arena televisiva: martedì sera a Ballarò è stato messo in scena l’ultimo atto di una commedia degli equivoci che va avanti ormai da circa un anno.
Un Veltroni livido e contratto ha aperto la discussione stuzzicato dalle domande del conduttore Giovanni Floris che lo guardava con circospezione quasi per accertarsi se non avesse ancora digerito la sconfitta.
Dritto sulla poltrona come se stesse su un tappeto di punte acuminate, ha subito mostrato la sua vena combattiva, asserragliato nel fortino delle sue certezze circa il fatto che la sconfitta elettorale era inevitabile e che è diventato uno sport quello di rinfacciargli la scomparsa parlamentare della Sinistra Arcobaleno.
Lui, al contrario, ritiene di essersi speso molto bene in campagna elettorale per improntare il confronto politico con Berlusconi sul dialogo contro quel clima di odio seminato sia dal Cavaliere che dallo stesso vecchio Centrosinistra (non c'è niente da fare, così la vede, non risparmiando frecciatine di disprezzo ai suoi ex alleati).
Anzi rivendica il merito di aver introdotto un elemento di innovazione europea nella vita politica italiana.
Sentite cosa riesce a raccontare:
Un Veltroni livido e contratto ha aperto la discussione stuzzicato dalle domande del conduttore Giovanni Floris che lo guardava con circospezione quasi per accertarsi se non avesse ancora digerito la sconfitta.
Dritto sulla poltrona come se stesse su un tappeto di punte acuminate, ha subito mostrato la sua vena combattiva, asserragliato nel fortino delle sue certezze circa il fatto che la sconfitta elettorale era inevitabile e che è diventato uno sport quello di rinfacciargli la scomparsa parlamentare della Sinistra Arcobaleno.
Lui, al contrario, ritiene di essersi speso molto bene in campagna elettorale per improntare il confronto politico con Berlusconi sul dialogo contro quel clima di odio seminato sia dal Cavaliere che dallo stesso vecchio Centrosinistra (non c'è niente da fare, così la vede, non risparmiando frecciatine di disprezzo ai suoi ex alleati).
Anzi rivendica il merito di aver introdotto un elemento di innovazione europea nella vita politica italiana.
Sentite cosa riesce a raccontare:
“Io oggi ho ricevuto una lettera molto bella di un elettore di centrodestra che mi ha scritto: «Guardi, io la voglio ringraziare per quello Lei che sta facendo per il Paese, ecc.; io ho votato Berlusconi ma per la prima volta non ho avuto paura che vincesse lo schieramento avverso perché sentivo che c’era una fisiologia democratica; la prossima volta può darsi che io voti per lei»”
Addirittura, nella foga del suo ragionamento si spinge fino a dire che solo in Italia non c’è mai un governo che venga riconfermato nelle elezioni successive…
Dobbiamo temere che forse non si accontenterà di soli cinque anni di permanenza a Palazzo Chigi del Cavaliere??
In parole povere, rifarebbe esattamente tutto quello che ha fatto e se un errore, psicologico, forse gli si può imputare è quello di aver pensato, fuorviato dai suoi entusiastici bagni di folla, che il risultato elettorale poteva essere diverso.
Le sue ammissioni di colpa finiscono qui. A ben vedere, molto poco.
Purtroppo il dramma di Veltroni è di essere prigioniero di uno schema mentale superato.
Quello di ritenere che negli ultimi quindici anni la composizione fisiologica degli interessi collettivi di una società complessa come la nostra non sia avvenuta soltanto per un difetto di comunicazione: cioè, per la demonizzazione mediatica dell’avversario.
Quindi, secondo l’ex sindaco di Roma, la lunga crisi del sistema Italia si ridurrebbe ad una banale questione di galateo, a poco più di un acceso diverbio tra forze politiche.
La realtà dimostra, al contrario di quello che egli blatera, che è in atto da tempo nella società italiana un poderoso braccio di ferro tra potentati economici, non sempre alla luce del sole; la cui possibile sintesi, più che un espediente linguistico, imporrebbe non solo uno sforzo di maggiore progettualità (e non semplicemente di comunicazione!) ma il coraggio-responsabilità della classe dirigente di operare precise scelte tali da anteporre, privilegiandoli, gli interessi diffusi delle comunità presenti sul territorio a quelli, formidabili e divergenti, di ristrette élite economiche.
No, per Veltroni il trasversale volemose bene tra maggioranza e opposizione basterebbe a quadrare il cerchio.
Quanto sia inconsistente, velleitaria e supponente questa visione è di tutta evidenza.
Chi mastica un po’ di economia sa bene infatti che a fondamento teorico della scienza economica c’è il problema di allocare risorse limitate per soddisfare gli illimitati bisogni della collettività.
E’ a questo punto che entra in scena la teoria economica. Come vanno soddisfatti questi bisogni? Con quale scala di priorità? Il nodo della distribuzione del reddito è cruciale.
Le ricette degli economisti sono assai diverse tra di loro, nessuna esauriente, ma ad esse attingono i singoli laboratori politici, partiti o movimenti che siano: è dal confronto istituzionale di queste correnti di pensiero con le istanze sociali che si alimenta la democrazia rappresentativa.
La politica prêt à porter di Walter Veltroni, concentrandosi sulle forme della comunicazione piuttosto che sui contenuti di questa, nega l’esistenza di tale contrasto di interessi, stringendo l’occhiolino al dilagante analfabetismo politico: con la conseguenza, del tutto sottaciuta dal leader del PD, di lasciare carta bianca allo strapotere della classe dirigente, casta o nomenklatura che dir si voglia.
La sua è, dunque, una politica per definizione elettoralmente perdente, perché rinuncia al suo ruolo di rappresentare in modo trasparente alcuni interessi in contrapposizione ad altri, facendo finta di poterli sintetizzare tutti: ma, purtroppo per lui, scorciatoie culturali o fughe in avanti di matrice tecnocratica non se ne vedono all’orizzonte.
Ecco perché la sconfitta veltroniana non è stata solo una disarmante battuta d’arresto elettorale ma (in ciò sta la sua responsabilità più grave!) tradisce una preoccupante latitanza culturale: quali messaggi, quali suggestioni, quali idealità ha proposto alla propria base la leadership del Partito Democratico dal momento del suo insediamento?
L’unico è stato forse il fantozziano se pò ffà, slogan bersagliato pure dall'ironia di Berlusconi che, nel suo discorso di replica alla Camera prima di incassare la fiducia, ha così concluso:
Addirittura, nella foga del suo ragionamento si spinge fino a dire che solo in Italia non c’è mai un governo che venga riconfermato nelle elezioni successive…
Dobbiamo temere che forse non si accontenterà di soli cinque anni di permanenza a Palazzo Chigi del Cavaliere??
In parole povere, rifarebbe esattamente tutto quello che ha fatto e se un errore, psicologico, forse gli si può imputare è quello di aver pensato, fuorviato dai suoi entusiastici bagni di folla, che il risultato elettorale poteva essere diverso.
Le sue ammissioni di colpa finiscono qui. A ben vedere, molto poco.
Purtroppo il dramma di Veltroni è di essere prigioniero di uno schema mentale superato.
Quello di ritenere che negli ultimi quindici anni la composizione fisiologica degli interessi collettivi di una società complessa come la nostra non sia avvenuta soltanto per un difetto di comunicazione: cioè, per la demonizzazione mediatica dell’avversario.
Quindi, secondo l’ex sindaco di Roma, la lunga crisi del sistema Italia si ridurrebbe ad una banale questione di galateo, a poco più di un acceso diverbio tra forze politiche.
La realtà dimostra, al contrario di quello che egli blatera, che è in atto da tempo nella società italiana un poderoso braccio di ferro tra potentati economici, non sempre alla luce del sole; la cui possibile sintesi, più che un espediente linguistico, imporrebbe non solo uno sforzo di maggiore progettualità (e non semplicemente di comunicazione!) ma il coraggio-responsabilità della classe dirigente di operare precise scelte tali da anteporre, privilegiandoli, gli interessi diffusi delle comunità presenti sul territorio a quelli, formidabili e divergenti, di ristrette élite economiche.
No, per Veltroni il trasversale volemose bene tra maggioranza e opposizione basterebbe a quadrare il cerchio.
Quanto sia inconsistente, velleitaria e supponente questa visione è di tutta evidenza.
Chi mastica un po’ di economia sa bene infatti che a fondamento teorico della scienza economica c’è il problema di allocare risorse limitate per soddisfare gli illimitati bisogni della collettività.
E’ a questo punto che entra in scena la teoria economica. Come vanno soddisfatti questi bisogni? Con quale scala di priorità? Il nodo della distribuzione del reddito è cruciale.
Le ricette degli economisti sono assai diverse tra di loro, nessuna esauriente, ma ad esse attingono i singoli laboratori politici, partiti o movimenti che siano: è dal confronto istituzionale di queste correnti di pensiero con le istanze sociali che si alimenta la democrazia rappresentativa.
La politica prêt à porter di Walter Veltroni, concentrandosi sulle forme della comunicazione piuttosto che sui contenuti di questa, nega l’esistenza di tale contrasto di interessi, stringendo l’occhiolino al dilagante analfabetismo politico: con la conseguenza, del tutto sottaciuta dal leader del PD, di lasciare carta bianca allo strapotere della classe dirigente, casta o nomenklatura che dir si voglia.
La sua è, dunque, una politica per definizione elettoralmente perdente, perché rinuncia al suo ruolo di rappresentare in modo trasparente alcuni interessi in contrapposizione ad altri, facendo finta di poterli sintetizzare tutti: ma, purtroppo per lui, scorciatoie culturali o fughe in avanti di matrice tecnocratica non se ne vedono all’orizzonte.
Ecco perché la sconfitta veltroniana non è stata solo una disarmante battuta d’arresto elettorale ma (in ciò sta la sua responsabilità più grave!) tradisce una preoccupante latitanza culturale: quali messaggi, quali suggestioni, quali idealità ha proposto alla propria base la leadership del Partito Democratico dal momento del suo insediamento?
L’unico è stato forse il fantozziano se pò ffà, slogan bersagliato pure dall'ironia di Berlusconi che, nel suo discorso di replica alla Camera prima di incassare la fiducia, ha così concluso:
«Credo che se lo vorremo davvero e tutti insieme, come direbbe pacatamente e serenamente il principale esponente dello schieramento a me avverso, se pò ffa', ce la possiamo fare».
Ma i nodi di tanta ambiguità ideologica stanno arrivando al pettine e vedono la cosiddetta opposizione in uno stato di estrema confusione di fronte ai primi azzardi del governo Berlusconi.
Qualche esempio.
L’emendamento della maggioranza che punta ad evitare la procedura di infrazione presso la Corte di Strasburgo per la legge Gasparri per salvare Rete 4 ai danni di Europa 7 se pò ffà?
350.000 euro al giorno che lo stato italiano rischia di pagare a partire dal gennaio 2006 come multa a carico dei contribuenti in conseguenza del perdurare di questo stato di cose sul fronte radio-televisivo se pò ffà??
Lasciare che il provvedimento del governo di detassazione degli straordinari per il solo settore privato diventi la solita arma propagandista in mano al Cavaliere, senza che l'opposizione faccia sentire la sua voce forte sottolinenadone la palese incostituzionalità, se pò ffà?
Ampliare il mandato operativo dei nostri soldati impegnati in Afghanistan allargando i cosiddetti caveat, come preannuncia il neo ministro degli Esteri Franco Frattini, non è una chiara violazione dell’art. 11 della nostra Costituzione?
Rilanciare la costosissima, intempestiva, pericolosa tecnologia nucleare senza che dall’opposizione si alzi un coro di poteste, è cosa buona e giusta?
Per ultimo, l’Italia si può permettere il lusso di un Partito Democratico che, dall’alto-basso del suo 33%, si comporta sulle tante scottanti questioni nell'agenda politica di questi mesi come un pugile suonato?
Ma i nodi di tanta ambiguità ideologica stanno arrivando al pettine e vedono la cosiddetta opposizione in uno stato di estrema confusione di fronte ai primi azzardi del governo Berlusconi.
Qualche esempio.
L’emendamento della maggioranza che punta ad evitare la procedura di infrazione presso la Corte di Strasburgo per la legge Gasparri per salvare Rete 4 ai danni di Europa 7 se pò ffà?
350.000 euro al giorno che lo stato italiano rischia di pagare a partire dal gennaio 2006 come multa a carico dei contribuenti in conseguenza del perdurare di questo stato di cose sul fronte radio-televisivo se pò ffà??
Lasciare che il provvedimento del governo di detassazione degli straordinari per il solo settore privato diventi la solita arma propagandista in mano al Cavaliere, senza che l'opposizione faccia sentire la sua voce forte sottolinenadone la palese incostituzionalità, se pò ffà?
Ampliare il mandato operativo dei nostri soldati impegnati in Afghanistan allargando i cosiddetti caveat, come preannuncia il neo ministro degli Esteri Franco Frattini, non è una chiara violazione dell’art. 11 della nostra Costituzione?
Rilanciare la costosissima, intempestiva, pericolosa tecnologia nucleare senza che dall’opposizione si alzi un coro di poteste, è cosa buona e giusta?
Per ultimo, l’Italia si può permettere il lusso di un Partito Democratico che, dall’alto-basso del suo 33%, si comporta sulle tante scottanti questioni nell'agenda politica di questi mesi come un pugile suonato?
Nessun commento:
Posta un commento