Quante volte abbiamo raccontato lo stillicidio di azioni disciplinari, un vero e proprio calvario giudiziario, fatto patire al pm di Catanzaro Luigi De Magistris, colpevole soltanto di aver cercato di portare con il suo attento lavoro di magistrato un po’ di luce in alcune torbide storie ambientate nelle difficili terre di Calabria e Lucania!
Zone di frontiera per lo Stato, che spesso fatica non poco a sostenere la quotidiana battaglia per la legalità e la trasparenza dell’iniziativa pubblica.
A distanza di mesi, i pm di Salerno hanno accertato che egli “a causa delle sue inchieste ha subìto costantemente pressioni, interferenze e iniziative volte a determinarne il definitivo allontanamento dalla sede di Catanzaro e l’esautorazione dei poteri inquirenti”.
E’ una notizia che dovrebbe scuotere il mondo della politica dalle fondamenta, se non altro perché, per troppi mesi, sia a destra che a sinistra nessuno ha mosso un dito in difesa ed a tutela dell’onorabilità del magistrato, preso di mira non solo da ampi settori della magistratura ma anche da diversi organi di informazione.
Per recuperare la memoria di quelle difficili giornate basta ricordare l’espressione “Cattivi magistrati” rivolta insieme a Luigi De Magistris e Clementina Forleo da Letizia Vacca (PDCI) vicepresidente della I Commissione del CSM che aveva istruito il procedimento disciplinare nei confronti del gip milanese.
Oppure le dure parole pronunciate da Vito D’Ambrosio, pubblico ministero nel procedimento disciplinare contro il magistrato di Catanzaro: “De Magistris non dà garanzie: uno come lui non serve in una democrazia ordinata. Non è il giudice a Berlino. E’ ispirato da un’ottica missionaria. Guai se il magistrato pensa di avere una missione, il suo è un mestiere, il controllo della legalità”.
Ricordate l’alzo zero con cui venne calibrato l’attacco alla trasmissione di Michele Santoro che aveva acceso il faro dell’informazione pubblica sul deferimento disciplinare promosso dall’allora Ministro della Giustizia Clemente Mastella proprio nei confronti del sostituto procuratore?
Qualcuno sulla carta stampata arrivò pure a definire quel programma televisivo come “un passo verso il suicidio collettivo”: pare incredibile!
In circa mille pagine la procura di Salerno smonta il castello di accuse e dimostra che De Magistris “ha operato in un contesto giudiziario connotato da un’allarmante commistione di ruoli e fortemente condizionato dal perseguimento di interessi extragiurisdizionali, anche di illecita natura”.
Ce n’è abbastanza per gettare alle ortiche la richiesta avanzata nei suoi confronti non solo di trasferimento d’ufficio ma addirittura di cambio di funzioni!!
Purtroppo però, proprio grazie a queste “denunce infondate, strumentali e gravi” le inchieste Poseidone e Why not gli sono state tolte e irrimediabilmente compromesse.
Ecco in cosa è consistito concretamente il passo verso il suicidio collettivo: l’ennesimo naufragio della giustizia italiana che lascia soli i suoi uomini migliori, nelle zone e nei momenti più difficili, con la partecipazione non straordinaria della casta di politici di vario colore e di primari organi di informazione.
Zone di frontiera per lo Stato, che spesso fatica non poco a sostenere la quotidiana battaglia per la legalità e la trasparenza dell’iniziativa pubblica.
A distanza di mesi, i pm di Salerno hanno accertato che egli “a causa delle sue inchieste ha subìto costantemente pressioni, interferenze e iniziative volte a determinarne il definitivo allontanamento dalla sede di Catanzaro e l’esautorazione dei poteri inquirenti”.
E’ una notizia che dovrebbe scuotere il mondo della politica dalle fondamenta, se non altro perché, per troppi mesi, sia a destra che a sinistra nessuno ha mosso un dito in difesa ed a tutela dell’onorabilità del magistrato, preso di mira non solo da ampi settori della magistratura ma anche da diversi organi di informazione.
Per recuperare la memoria di quelle difficili giornate basta ricordare l’espressione “Cattivi magistrati” rivolta insieme a Luigi De Magistris e Clementina Forleo da Letizia Vacca (PDCI) vicepresidente della I Commissione del CSM che aveva istruito il procedimento disciplinare nei confronti del gip milanese.
Oppure le dure parole pronunciate da Vito D’Ambrosio, pubblico ministero nel procedimento disciplinare contro il magistrato di Catanzaro: “De Magistris non dà garanzie: uno come lui non serve in una democrazia ordinata. Non è il giudice a Berlino. E’ ispirato da un’ottica missionaria. Guai se il magistrato pensa di avere una missione, il suo è un mestiere, il controllo della legalità”.
Ricordate l’alzo zero con cui venne calibrato l’attacco alla trasmissione di Michele Santoro che aveva acceso il faro dell’informazione pubblica sul deferimento disciplinare promosso dall’allora Ministro della Giustizia Clemente Mastella proprio nei confronti del sostituto procuratore?
Qualcuno sulla carta stampata arrivò pure a definire quel programma televisivo come “un passo verso il suicidio collettivo”: pare incredibile!
In circa mille pagine la procura di Salerno smonta il castello di accuse e dimostra che De Magistris “ha operato in un contesto giudiziario connotato da un’allarmante commistione di ruoli e fortemente condizionato dal perseguimento di interessi extragiurisdizionali, anche di illecita natura”.
Ce n’è abbastanza per gettare alle ortiche la richiesta avanzata nei suoi confronti non solo di trasferimento d’ufficio ma addirittura di cambio di funzioni!!
Purtroppo però, proprio grazie a queste “denunce infondate, strumentali e gravi” le inchieste Poseidone e Why not gli sono state tolte e irrimediabilmente compromesse.
Ecco in cosa è consistito concretamente il passo verso il suicidio collettivo: l’ennesimo naufragio della giustizia italiana che lascia soli i suoi uomini migliori, nelle zone e nei momenti più difficili, con la partecipazione non straordinaria della casta di politici di vario colore e di primari organi di informazione.
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