Quella varata dal governo e approvata d’urgenza dal Parlamento, sotto la spinta dell’insolvenza finanziaria minacciata dai mercati in giornate di borsa ad altissima tensione, non è una manovra economica come i media l’hanno erroneamente ribattezzata, è un vero pestaggio finanziario inflitto ad un’economia, da anni in grosse difficoltà.
Se una classe politica si produce in tanto scempio, dopo vent’anni di tagli alle spese e di pressione fiscale al massimo, vuol dire proprio che se ne deve andare a casa, non potendo restare un minuto di più a Palazzo Chigi.
E’ chiaro che già da domani il premier, Silvio Berlusconi, con una credibilità ormai prossima allo zero e dieci anni di promesse fasulle, dovrebbe rassegnare immediatamente le dimissioni con tutta la sua squadra di ministri incompetenti.
In primis, il ministro del Tesoro Giulio Tremonti che per anni ci ha rassicurato, con grande sfoggio di saccenteria, sulla bontà dell’azione di governo e la solidità dei conti pubblici (a costo di impopolari tagli lineari di bilancio che hanno messo in gravissima crisi tutte le principali funzioni dello Stato!) e che solo adesso ammette di aver condotto l’Italia ad un passo dal baratro, come a bordo del Titanic.
Gli ultimi provvedimenti arraffano decine di miliardi euro ancora una volta dai soliti noti, lavoratori dipendenti e pensionati, già in forte debito di ossigeno, mentre la Casta dei politici non accenna a fare un benché minimo sacrificio, neppure decurtando simbolicamente i propri ricchissimi emolumenti e privilegi, e rinvia tutto alle calende greche.
Nel frattempo, in preda alle proprie fameliche pulsioni, si asserraglia in Parlamento per impedire l’arresto di uno dei suoi, il deputato PDL Alfonso Papa.
Una dimostrazione di potenza e di prepotenza da far rimpiangere i tempi di Luigi XIV.
Come se non bastasse, continuiamo a sperperare ingenti capitali per bombardare nell’indifferenza generale la Libia, combattere non si sa chi in Afghanistan, in un crescendo di danni collaterali, distruzioni e perdite umane, senza che nessuno dei tanti che siedono comodamente e lautamente tra Montecitorio e Palazzo Chigi ce ne dia uno straccio di giustificazione e, soprattutto, se ne assuma la responsabilità di fronte al Paese.
Insomma, un florilegio di strappi costituzionali, ancora più lampanti sotto il sole rovente di luglio.
Tira aria di 25 luglio ma quello che ci può riservare la peggiore politica di sempre è al massimo un altro imbarazzante 8 settembre.
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