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mercoledì 16 gennaio 2008

La spazzatura di Napoli, grande spot per gli inceneritori

I mass media, in queste settimane, hanno cavalcato la drammatica situazione dei rifiuti in Campania per riaprire su vasta scala la partita degli inceneritori.
La demenzialità non ha limiti e si usa la situazione campana non per ripensare l’attuale ciclo di smaltimento dei rifiuti, su cui le autorità e l’intera nostra classe dirigente hanno pesantissime responsabilità; al contrario, si usano i mucchi di spazzatura delle strade di Napoli per rilanciare la politica degli inceneritori.
Come se l’emergenza sanitaria provocata dalla spazzatura visibile sui marciapiedi delle nostre città sia più grave ed urgente delle polveri sottili e della diossina, queste sì invisibili, che provocano in forma silente ed in tempi meno controllabili gravissime patologie nella popolazione.
Certamente la spazzatura in tv si vende meglio delle nanoparticelle di immondizia bruciata; e la battaglia di Pianura surclassa nell’audience l’anonima ciminiera fumante dell’inceneritore di Terni.
Se chiedete in giro, vi accorgerete subito che tutti sono d’accordo nel far spuntare come funghi gli inceneritori; nulla di cui sorprenderci tenuto conto che i media in queste settimane hanno martellato ossessivamente sul tema proponendo addirittura i disegni tecnici in multicolor degli inceneritori: quasi si trattasse della fabbrica di San Pietro!
Con questo fragore, si è orchestrato subdolamente un vero e proprio ricatto: o vi tenete la spazzatura sotto (e dentro!) casa o ci lasciate costruire in pace tutti gli inceneritori che vogliamo.
Li chiamano termovalorizzatori ma è come quando si parla di riforma del welfare a proposito dei tagli di spesa su pensioni e sanità. La comunicazione mediatica e di tanti politici resta sempre allo stato miserevole che abbiamo conosciuto in altre occasioni: degradata sia sul piano etico che intellettuale.
Usare monnezza per produrre energia è quanto di più strampalato si possa far credere alla gente: una vera offesa all’intelligenza del cittadino.
La disinformazione imperante ha così completamente scambiato i ruoli mettendo sotto accusa proprio chi da sempre predica la raccolta differenziata come alternativa alla costruzione degli inceneritori.
Si usa l’emergenza, anzi la si provoca, per fare quello che altrimenti la popolazione non accetterebbe mai: rinunciare definitivamente alla propria salute.
Ma la politica, ancora una volta, che cosa ci sta fare se non a prevenire le situazioni d’emergenza?
Perché qui non si tratta di un cataclisma naturale, è l’insipienza e l’avidità unite alla mancanza di etica dei nostri amministratori a provocare simili disastri.
A dispetto dei famelici interessi economici in campo, la raccolta differenziata toglie agli inceneritori la loro stessa materia prima: cioè i rifiuti. E progettarne la costruzione significa rinunciare in partenza ad una politica ecocompatibile di gestione delle risorse naturali.
Cosa ci vorrebbe a progettare un ciclo industriale che oltre a produrre beni e servizi fosse in grado di smaltirne i residui? Cosa impedisce che, a fianco di fabbriche che producono ad esempio frigoriferi e vernici, ce ne siano altre che li smaltiscano per fornirgliene di nuovo le materie prime?
Forse ci sarebbe solo un piccolo inconveniente: si creerebbero nuove occasioni di sano sviluppo economico e nuovi posti di lavoro; una bestemmia per i veteroimprenditori di casa nostra.
Quanti sanno, ad esempio, che la produzione di vetro riciclando quello accumulato nelle campane verdi delle nostre città è assai più conveniente che produrlo partendo dalla materia prima iniziale?
Ma i nostri mass media non ne parlano quasi: sono informazioni volutamente dispensate a dosi omeopatiche.
Perché il partito degli inceneritori spinge in modo che la questione rifiuti sia percepita dall’opinione pubblica soprattutto come problema di egoismi locali o, peggio ancora, di ordine pubblico.
Ed indurre il senso di colpa nel cittadino è il mezzo più semplice ed immediato per inquinargli la vita senza dover rispondere delle proprie malefatte.

lunedì 15 agosto 2005

Ferragosto sotto l'acqua

Sta diluviando.. no, che dico?, sta grandinando. Sono le 10,00 del mattino ma è buio: in casa per distinguere tra un asciugamano e uno strofinaccio da cucina bisogna accendere il lampadario… Sono uscito a prendere il giornale: i pochi coraggiosi incontrati per strada fanno acrobazie per tenere aperto l’ombrello e battono i denti!! Fa veramente freddo: il termometro segna 14 gradi a mezzogiorno!
Sfogliando il giornale, mi incuriosisce il titolo che denuncia il calo dei turisti un po’ ovunque: tutti la prendono con la crisi economica che ha tagliato i budget familiari… E’ tutto vero, ma mi immagino cosa potranno combinare oggi tanti ristoratori al mare ed in città alle prese con il pranzo di ferragosto: sai che piacere assistere alle scene di turisti, inadeguatamente vestiti, infreddoliti e inzuppati, imprecare alla sfortuna di un’altra estate anomala! A bassa voce, c’è qualcuno che rimpiange i 40 gradi di due settimane fa!
Di crisi metereologica nessuno parla e nessuno vuole parlare: si rischia di scivolare sull’effetto-serra mettendola in politica anche oggi, giorno votato al riposo e alla famiglia. Ma la risorsa Sole rischia di esaurirsi nel Belpaese se non si prendono misure draconiane di lotta all’inquinamento. Invece di far parte dei volenterosi in Iraq, non sarebbe il caso che l’Italia si concentri su questioni più terra terra e si faccia promotrice a stretto giro di posta di una Conferenza sull’ambiente da tenersi al più presto alla presenza dei cosiddetti Grandi?
Anche perché, alla luce plumbea di questo ferragosto, appaiono sempre più piccoli ed insopportabili.

martedì 9 agosto 2005

Statue, boschi e dintorni

Che Paese è mai il nostro che non riesce a proteggere adeguatamente il suo patrimonio artistico e naturale?
Se ci pensiamo un attimo, è l’unica risorsa che abbiamo a disposizione senza pagare royalties a nessuno… eppure non riusciamo spesso che a farne scempio!
Le cronache di questi giorni raccontano del turista aggrappato alla statua fiorentina che ne ha mozzato una mano per scattare una foto, dei maniaci che appiccano il fuoco ai boschi perché non sanno come smaltire le ferie…Tanta indignazione momentanea ma la consapevolezza che tutto rimarrà come prima e che altrettanta indignazione dovrà essere spesa al prossimo episodio di vandalismo ambientale.
In tempi di guerra al terrorismo, queste cose sembrano delle inezie ma è la lente deformata dell’informazione mediatica che ce le fa sembrare così. Qualcuno dovrebbe pur spiegarci perché non va considerato terroristico il comportamento di chi riduce in cenere migliaia di ettari di bosco, infliggendo danni irreversibili al patrimonio naturale del nostro Paese. Certo, dietro non c’è sempre un disegno criminoso (anche se in alcuni casi, la cosa andrebbe attentamente valutata) ma la semplice pazzia di un singolo o di una banda di balordi o malfattori; ma questo non mitiga le conseguenze gravissime sul nostro ambiente.
Il fatto è che continuiamo a considerare mari, boschi, paesaggi come accessori delle nostri estati o al massimo dei nostri fine settimana, mentre per il resto dell’anno essi semplicemente non esistono.Sembra che gli Italiani siano molto bravi a gestire le emergenze; non altrettanto a portare avanti progetti di lungo termine, come sono quelli legati alla tutela e alla conservazione del nostro patrimonio ambientale. Ma è ormai da lungo termine che esso subisce gli insulti di una politica e di una gestione del territorio vergognosamente carenti: ancor oggi si considera il demanio pubblico, in tutte le sue accezioni, come risorsa da sfruttare magari per turare l’ultima falla del bilancio statale (condoni edilizi, vendita delle spiagge e altre simili amenità), senza comprendere che la sua tutela è il vero e unico lasciapassare per il nostro futuro.