mercoledì 9 aprile 2008

La vittoria dei due perdenti

Gli ultimi lampi di questa moscia campagna elettorale sono quasi esclusivamente degli insulti.
Come a giustificare una battaglia politica che non affonda più i colpi su una effettiva diversità ideologica o su proposte sociali alternative ma semplicemente sulla più o meno affidabilità dell’avversario, Berlusconi e Veltroni se le suonano verbalmente di santa ragione.
Non preoccupatevi: nessuno dei due si fa veramente male, è il solito wrestling dialettico per attirare l’attenzione dell’elettore annoiato che non ne può più di sentir parlare a vanvera quelli che tra una quindicina di giorni, a Camere insediate, potrebbero varcare in solitudine il portone di Palazzo Chigi.
Ma il pensare di ravvivare in questo modo la campagna elettorale alle ultime battute è l’ennesimo errore di valutazione commesso dai duellanti.
Ecco i momenti salienti di questo improvviso cambio di marcia: prima, la questione delle schede elettorali, cavalcata per cercare di ottenere di soppiatto una maggiore visibilità del proprio simbolo rispetto agli altri; poi, la lettera inviata da Veltroni a Berlusconi per richiamarlo ad una lealtà costituzionale che, per la verità, entrambi hanno smarrito da tempo.
Sì, perché non si capisce come Veltroni possa accusare l’avversario di scarso senso istituzionale quando pervicacemente ha provato nei mesi scorsi a fare proprio con lui, fuori del Parlamento, la riforma elettorale, incurante di mandare anzitempo a casa il governo di Romano Prodi.
E’ davvero sconcertante come la strategia elettorale messa in piedi nel loft democratico sia così ondivaga e incoerente: Berlusconi un giorno lo si legittima come interlocutore affidabile e leale, il giorno dopo lo si accusa di non avere senso dello Stato.
E, nei fatti, lo si è rimesso in gioco dopo la sua inutile spallata al governo del novembre scorso.
Persino il moderatissimo Massimo Franco nella sua nota di oggi sul Corriere della Sera sbotta contro questo modo assurdo di condurre la campagna elettorale, arrivando a dire:
"Insomma, gli ultimi fuochi elettorali rischiano di produrre densi fumi tossici. Dopo settimane di propaganda noiosa, gli schieramenti cercano di ravvivare l'interesse radicalizzando l'offensiva contro gli avversari: il contrario di quanto si erano ripromessi di fare.
E, quel che è peggio, finiscono per riproporre i temi più triti del passato. Così, il Cavaliere ritorna ad attaccare una parte della magistratura. Propone addirittura per i pubblici ministeri un test periodico di sanità mentale. Può darsi che siano tensioni inevitabili. Ma la sensazione è che ad accentuarle sia l'assenza di proposte vere ed alternative per strappare l'Italia alla condanna di una crescita vicina allo zero; e forse l'esigenza di allontanare qualunque sospetto di uno scontro che prepara un'intesa postelettorale."
Che il Berlusconi politico compia continuamente passi falsi non è una sorpresa: in fondo è in campo per difendere, neppure tanto velatamente, i suoi formidabili interessi imprenditoriali. Così, ci ha abituato da tempo a una gaffe dietro l’altra con successiva, puntuale smentita.
E’ il grande comunicatore che non sa comunicare, accusando i mass media di fraintenderlo, nonostante possa disporre liberamente, grazie all’ignavia di Fassino & c., di un volume di fuoco mediatico enorme.
Che Veltroni abbia una strategia politica così fragile e contraddittoria è invece la vera novità di questa campagna elettorale: la sensazione che la vittoria alle primarie dell’ottobre scorso gli abbia dato alla testa trova purtroppo conferma nella serie interminabile di errori commessi negli ultimi mesi.
La smania di dimostrarsi più bravo di D’Alema gli ha provocato un riflesso bulimico che non lo fa più ragionare freddamente: per saccheggiare il campo avverso, finisce per dimenticare il proprio tradizionale bacino di voti, assumendo posizioni politicamente ambigue; ovvero, sostiene tutto ma anche il contrario di tutto.
Questo appena abbozzato è il ritratto di due perdenti che si contendono, paradossalmente, la vittoria elettorale; la quale, nonostante il loro ottimismo di circostanza, sarà quasi certamente incompiuta tanto da risucchiarci inesorabilmente nel buco nero del grande accordo PD - PDL.
Verrebbe da dire che al peggio non c’è mai fine.
Insomma, dopo il naufragio di Prodi, si rischia adesso il diluvio.

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