Questa sera alle 20,30 gli Italiani, dopo aver armeggiato inutilmente con i suoi tasti, realizzeranno subito che non è il telecomando ad aver esaurito la batteria, è il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ad entrare nelle loro case, a reti unificate.
Si consumerà così il tradizionale rito del discorso di fine anno secondo la più consolidata delle liturgie televisive.
Una sorta di appendice alla Costituzione materiale del Belpaese.
Con lo studiolo quirinalizio ormai divenuto ai più familiare: la scrivania presidenziale in primo piano, la tappezzeria con gli stucchi dorati, il tricolore in compagnia dello stendardo blu stellato dell'Europa, la preziosa pendola che batte impassibile i rintocchi.
Il presidente inizierà il suo discorso facendo il bilancio del 2011, probabilmente partendo dalla coda, da quello che è successo nelle ultime settimane di fuoco sui mercati e nella politica di casa nostra.
Ci dirà che i sacrifici vanno fatti senza esitazioni, che gli Italiani si distinguono soprattutto nei momenti di difficoltà e di emergenza, che proprio in questi frangenti dimostrano quantità industriali di solidarietà e compattezza, come testimoniano i 150 anni appena trascorsi e celebrati.
E poi, l'esaltazione del genio italico, fino ad appellarsi al superiore stellone che tutti ci protegge, insieme con il rispetto e l'ammirazione che in ogni angolo del pianeta lui stesso ha potuto costatare per gli Italiani e per i tre colori.
La stessa accoglienza entusiastica che circonda i nostri soldati mandati in Afganistan a portare la democrazia, in Libano a portare la pace, fino alla fraterna amicizia con il popolo libico che i bombardamenti con gli Alleati di quest'anno non hanno minimamente scalfito.
E poi l'irrinunciabilità dell'euro e il patto tra generazioni che impone agli anziani di sacrificarsi ancora per lasciare spazio, il più tardi possibile, ai giovani (si auspica prima che questi ultimi abbiano compiuto cinquant'anni!).
L'importanza del nostro patrimonio culturale e storico (pur in malora) che tutti ci invidiano; un particolare pensiero ai terremotati d'Abruzzo (che chissà per quanti anni ancora vedranno le loro macerie coperte dall'oblìo ministeriale) e a quanti soffrono nel fisico e nello spirito perché non riescono a coniugare il pranzo con la cena, vivendo nella più totale incertezza del domani.
Il presidente Napolitano non dimenticherà nessuno né si risparmierà di lanciare i suoi proverbiali moniti alla Casta affinché nel 2012 si dia una regolata, auspicando insieme alla sobrietà (in omaggio a Mario Monti) un clima più sereno e coeso tra le forze politiche, che già annusa, per mettere in cantiere le tanto amate riforme istituzionali.
Sarà un discorso che, ne siamo certi, metterà tutti d'accordo e che ognuno tirerà, come sempre, dalla propria parte.
Il Pdl con Cicchitto si entusiasmerà per le parole di apprezzamento che il presidente ha rivolto all'incessante e salvifica opera svolta dal precedente governo Berlusconi, legittimandone il ruolo di padre della Patria.
Bersani in persona magnificherà l'appello del Colle all'equità sociale e il ristoratore "bagno di realtà" che tutto il Pd farà volentieri dopo la sbornia berlusconiana (per la seconda volta in due giorni, dopo la conferenza stampa del premier) nelle sue luminose parole che da cotanta sommità si irradiano sopra il paese.
E nonostante gli aumenti di benzina, luce, gas, autostrade e il crescendo bocconiano di tasse e balzelli di ogni fatta, padani e peninsulari potranno finalmente sedersi a tavola tirando uniti un sospiro di sollievo.
Buon 2012!
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