Repubblica, il quotidiano di Eugenio Scalfari diretto da Ezio Mauro, ha da sempre tifato per la soluzione 'tecnica' al default del governo Berlusconi, prima ancora che questo subisse i contraccolpi internazionali della crisi di credibilità personale del suo leader e di quella finanziaria venuta da oltreoceano.
Così ben prima che si insediasse un nuovo governo le sue firme più note avevano caldeggiato la soluzione Monti, mostrando una sintonia sorprendente con le scelte che successivamente avrebbe fatto il Colle, in qualche modo anticipandole.
Così, al varo del governo del preside della Bocconi ne ha entusiasticamente decantato la competenza e la sobrietà, finendo non di rado per scadere in toni propagandistici al limite del farsesco: Monti che va alle Scuderie del Quirinale per una mostra con la moglie e, udite udite, paga il biglietto.
Che pronuncia uscendo dall'albergo battute esilaranti tipo 'Visto che bella giornata?'; che indossa un loden blu, compassato come il suo proprietario e altre simili amenità.
Che pronuncia uscendo dall'albergo battute esilaranti tipo 'Visto che bella giornata?'; che indossa un loden blu, compassato come il suo proprietario e altre simili amenità.
Per non parlare di come la manovra lacrime e sangue di dicembre si sia trasfigurata a piazza Indipendenza come passo decisivo per restare in Europa, prova di maturità che gli Italiani hanno affrontato con dedizione e superato a pieni voti.
Non parliamo poi delle liberalizzazioni strombazzate come fossero la rivoluzione copernicana mentre già nelle prime intenzioni del governo sono state derubricate a necessaria imbellettatura di una manovra economica altrimenti classista, di stampo chiaramente neoconservatore.
E adesso che l'obiettivo principale del governo dei bocconiani è stato finalmente svelato, ovvero togliere qualunque tutela sociale ai lavoratori dipendenti per fare del mercato del lavoro un gigantesco far west da dare in pasto alle multinazionali, il tentativo è quello di spalleggiare il governo dei tecnici cercando di spostare l'attenzione da un'altra parte, meglio se nel frattempo si riesce pure a scatenare nella gente gli istinti peggiori.
E internet si presta alla grande a questo scopo: cosa c'è di meglio, infatti, che proporre sondaggi senza alcun valore statistico, funzionali però a inculcare il verbo montiano?
Così il quesito per gli internauti non è se si sia d'accordo o meno con le modifiche all'articolo 18 decise dal governo, come a qualsiasi persona di buon senso, non ai giornalisti di Repubblica, verrebbe in mente di chiedere.
No, la domanda del sondaggio farlocco che campeggia sull'apertura dell'edizione on line è la seguente:
"La riforma dell'articolo 18 non si applicherà ai dipendenti pubblici, un bacino di tre milioni e 400mila lavoratori. L'ufficialità è arrivata ieri, dopo una giornata di polemiche. Voi che ne pensate?"
E queste sono le possibili risposte:
" - Sono d'accordo: se il datore di lavoro è lo Stato, al lavoratore deve essere garantita un'altra via d'uscita
- Penso che sia giusto testare le nuove norme, per poi estenderle ai dipendenti pubblici
- Sono contrario: non si possono fare differenze tra lavoratori, le norme andrebbero estese a tutti"Il quesito è così stonato e off line che, al più, può suscitare ilarità se non mirasse scopertamente a scatenare una gigantesca guerra fra poveri con i dipendenti pubblici usati, ancora un volta dai tempi del ministro Brunetta, da parafulmine.
Il classico diversivo per alzare intanto un polverone mediatico a salvaguardia dei tecnici (ormai si fa per dire), sviando da tutt'altra parte l'inevitabile risentimento popolare.
W Monti! Dalli al dipendente! Abbasso gli statali!
Sono queste le parole d'ordine su cui sembra attestarsi, con poche voci dissonanti, la linea editoriale del quotidiano mentre la riforma dei tecnici disegna un mercato di lavoro da stato di polizia.
Come sia possibile che ci si sia ridotti a questo, finendo per sposare le peggiori abitudini dei quotidiani di casa Berlusconi, è materia su cui nel centrosinistra qualcuno prima o poi dovrà pure interrogarsi.
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