Alla vigilia del G8 dell’Aquila, la politica italiana segna forse il minimo storico di credibilità e di decenza. E’ la dimostrazione che non sono le alchimie costituzionali che possono rimettere in piedi una rappresentanza politica che è ormai priva di qualsiasi prestigio e di ascendente sugli elettori: la Seconda Repubblica, quella nata sulle ceneri di Tangentopoli con la riforma elettorale maggioritaria, sprofonda negli inferi del discredito ormai a tutti i livelli.
La leadership berlusconiana è allo sbando: uno stillicidio di scandali e scandaletti ne mina ormai quotidianamente la capacità politica. Non è più il processo Mills, né le mille inchieste della magistratura che hanno visto coinvolti a più riprese Berlusconi e la sua corte: in una condizione di continua difficoltà, asserragliato in difesa contro tutto e tutti, un presidente del consiglio non può durare a lungo, non fosse altro perché non è più in grado di svolgere quel ruolo di iniziativa politica che ne rappresenta la principale prerogativa.
Se il gioco politico è condotto da altri, l’azione di governo è condannata alla paralisi.
Ma se la stella berlusconiana non si è ancora inabissata molto lo si deve proprio alla mancanza di una vera opposizione, con la sola eccezione in parlamento di Di Pietro.
Non basta l’animosità di Franceschini a vivacizzare un Partito democratico del tutto spento. Sfogliando i giornali dopo le amministrative e le europee, noteremo che all’interno di questo partito si litiga furiosamente tra la nomenklatura senza, però, che si sia avviata un benché minima riflessione politica sul disastroso risultato elettorale.
Né le critiche a Berlusconi hanno superato mai il piano personale per investire il suo governo.
Eppure i Fassino, Veltroni, Rutelli, D’Alema ne avrebbero di tempo libero per meditare sui propri errori e giungere alla conclusione che un generale ripensamento di linea politica andrebbe fatto.
La leadership berlusconiana è allo sbando: uno stillicidio di scandali e scandaletti ne mina ormai quotidianamente la capacità politica. Non è più il processo Mills, né le mille inchieste della magistratura che hanno visto coinvolti a più riprese Berlusconi e la sua corte: in una condizione di continua difficoltà, asserragliato in difesa contro tutto e tutti, un presidente del consiglio non può durare a lungo, non fosse altro perché non è più in grado di svolgere quel ruolo di iniziativa politica che ne rappresenta la principale prerogativa.
Se il gioco politico è condotto da altri, l’azione di governo è condannata alla paralisi.
Ma se la stella berlusconiana non si è ancora inabissata molto lo si deve proprio alla mancanza di una vera opposizione, con la sola eccezione in parlamento di Di Pietro.
Non basta l’animosità di Franceschini a vivacizzare un Partito democratico del tutto spento. Sfogliando i giornali dopo le amministrative e le europee, noteremo che all’interno di questo partito si litiga furiosamente tra la nomenklatura senza, però, che si sia avviata un benché minima riflessione politica sul disastroso risultato elettorale.
Né le critiche a Berlusconi hanno superato mai il piano personale per investire il suo governo.
Eppure i Fassino, Veltroni, Rutelli, D’Alema ne avrebbero di tempo libero per meditare sui propri errori e giungere alla conclusione che un generale ripensamento di linea politica andrebbe fatto.
No, sono tutti convinti di stare nel giusto, di essere dei cavalli vincenti, di essere a posto con la propria coscienza, anzi di essere il nuovo che avanza.
Neppure sfiorati dal dubbio di aver rinnegato reiteratamente quegli ideali di giustizia sociale, di lotta ai monopoli, di sviluppo economico sostenibile, di redistribuzione del reddito, di difesa del lavoro, di rafforzamento della res publica.
Al contrario, proprio loro sono stati i fautori delle privatizzazioni ad ogni costo; hanno permesso che un’azienda di rilevanza strategica come la Telecom fosse spolpata impunemente da capitani coraggiosi e bucanieri.
Hanno garantito sin dal 1994 che le tre televisioni berlusconiane non sarebbero state toccate, come dichiarò solennemente in parlamento Luciano Violante. Hanno tifato insieme ai loro avversari politici per le scalate bancarie illecite di due estati fa. Hanno favorito l’esasperata flessibilità del mondo del lavoro… hanno ignorato il conflitto d’interesse, salvo sollevarlo in modo propagandistico nei talk show televisivi… il cahier de doléances sarebbe lunghissimo!
Eppure si ripropongono, imperturbabili, come avversari di Silvio Berlusconi.
Di certo non della sua politica, di cui hanno rappresentato in più occasioni una preziosa stampella.
Tant’è vero che il dibattito precongressuale nel partito democratico si svolge litigando sulle persone, non confrontandosi minimamente sui programmi.
Neppure sfiorati dal dubbio di aver rinnegato reiteratamente quegli ideali di giustizia sociale, di lotta ai monopoli, di sviluppo economico sostenibile, di redistribuzione del reddito, di difesa del lavoro, di rafforzamento della res publica.
Al contrario, proprio loro sono stati i fautori delle privatizzazioni ad ogni costo; hanno permesso che un’azienda di rilevanza strategica come la Telecom fosse spolpata impunemente da capitani coraggiosi e bucanieri.
Hanno garantito sin dal 1994 che le tre televisioni berlusconiane non sarebbero state toccate, come dichiarò solennemente in parlamento Luciano Violante. Hanno tifato insieme ai loro avversari politici per le scalate bancarie illecite di due estati fa. Hanno favorito l’esasperata flessibilità del mondo del lavoro… hanno ignorato il conflitto d’interesse, salvo sollevarlo in modo propagandistico nei talk show televisivi… il cahier de doléances sarebbe lunghissimo!
Eppure si ripropongono, imperturbabili, come avversari di Silvio Berlusconi.
Di certo non della sua politica, di cui hanno rappresentato in più occasioni una preziosa stampella.
Tant’è vero che il dibattito precongressuale nel partito democratico si svolge litigando sulle persone, non confrontandosi minimamente sui programmi.
Quali? Vattelapesca!
Persino l’ipersconfitto Veltroni (non si conosce politico italiano che abbia saputo collezionare più insuccessi in così poco tempo) si sente autorizzato a rilanciare il proprio sottovuoto ideologico caldeggiando la candidatura di Franceschini (nolente o volente, inguaiandolo!).
Siamo tutti stanchi di fingere di appassionarci a questo miserevole spettacolo.
Persino l’ipersconfitto Veltroni (non si conosce politico italiano che abbia saputo collezionare più insuccessi in così poco tempo) si sente autorizzato a rilanciare il proprio sottovuoto ideologico caldeggiando la candidatura di Franceschini (nolente o volente, inguaiandolo!).
Siamo tutti stanchi di fingere di appassionarci a questo miserevole spettacolo.
Ma la casta può restare tranquilla: infatti, con il mese di giugno, l’informazione politica nei palinsesti televisivi è sparita: l’opinione pubblica è stata dai vertici RAI mandata forzatamente in vacanza.
Può succedere di tutto, ma non ne verremmo informati, a parte le poche criptiche segnalazioni del TG3.
Cascasse il governo, per il TG1 di Augusto Minzolini, si tratterebbe solo di gossip.
Cascasse il governo, per il TG1 di Augusto Minzolini, si tratterebbe solo di gossip.