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venerdì 24 aprile 2015

Forse qualcuno non ha capito che non sta su "Scherzi a parte"...

"Ho molto apprezzato la trasparenza del presidente Obama quando ci ha comunicato quello che era avvenuto".
Dobbiamo immaginare che Matteo Renzi non sa di non stare su "Scherzi a parte" quando se ne esce con una frase come questa in conferenza stampa dopo il vertice Ue a Bruxelles a proposito dell'uccisione di Giovanni Lo Porto in un blitz Usa contro Al Qaida in Pakistan.
Si dà il caso che il bombardamento è avvenuto tre mesi fa e solo ora la Casa Bianca ne ha dato notizia: neppure Fantozzi si sarebbe genuflesso ad Obama in forma così pelosa e ridicola, gettando ulteriore discredito sull'immagine del nostro Paese che, viceversa, avrebbe dovuto mostrare, per bocca dei suoi vertici istituzionali, perlomeno stupore e indignazione protestando vibratamente con l'ambasciatore USA a Roma. 
Ma tant'è!
Forse abbiamo un giullare a Palazzo Chigi che pur di rimanere a corte è disposto a tutto, persino a rinnegare il buon senso e il giuramento di fedeltà alla patria.

venerdì 22 agosto 2014

Dalla crociata del PD contro Di Battista al ripensamento di Vauro: quando la sinistra è in affanno

Sul Fatto Quotidiano del 19 agosto, Vauro Senesi prende le difese di Alessandro Di Battista, il deputato pentastellato che, in un articolato e lungo intervento sul blog di Beppe Grillo, esamina la complessa e pericolosa situazione mediorientale: un'analisi approfondita e pacata che mette in evidenza le gravi responsabilità dell'Occidente, con particolare riferimento all'Iraq dove oggi imperversa la guerriglia dell'ISIS, l'autoproclamato Stato Islamico, dopo la criminale guerra scatenata nel 2003 dagli USA contro Saddam Hussein, sulla base del finto pretesto di cercare le armi di distruzione di massa. 
Quelle stesse armi, fornitegli in abbondanza a suo tempo proprio dagli Stati Uniti, che il dittatore iracheno non possedeva più avendole utilizzate quindici anni prima principalmente nel conflitto contro l'Iran e, per la parte residua, contro le popolazioni curde. 
Ma, va sottolineato, in quelle due occasioni, nessuno in Occidente si era stracciato le vesti per l'utilizzo di armi chimiche. 
La vicenda aveva fatto clamore solo dopo che gli Stati Uniti, vista l'ingratitudine di Saddam dimostrata con l'invasione del Kuwait, avevano deciso che colui che era stato fino ad allora una loro creatura, era divenuto all'improvviso troppo ingombrante e pericoloso: insomma, il loro nuovo nemico!
E, per la politica estera a stelle e strisce, si è continuato per decenni ad andare avanti così: i fidi alleati che diventano all'improvviso nemici per poi tornare ad essere amici, in un frenetico e azzardato rimescolamento di carte.
Una condotta schizofrenica che non poco ha contribuito a generare il caos odierno: nemmeno un anno fa Barack Obama voleva attaccare la Siria, sempre con la scusa delle armi chimiche, dando manforte proprio ai ribelli di Al Quaeda (un altro nemico  a seconda delle stagioni) e ai jihadisti che, adesso, sono diventati di colpo il nuovo nemico da eliminare.
La mancanza di visione strategica e di totale fallimento della politica estera americana (anche al di là della gravissime responsabilità americane sulla ennesima crisi di Gaza, con oltre duemila morti uccisi dai bombardamenti israeliani) è sotto gli occhi di tutti.
Il ragionamento di Di Battista sottolinea proprio la necessità di evitare facili etichettature delle forze in campo, visto che vengono contraddette in primis proprio dagli etichettatori, gli USA, a cui l'Italia di Renzi oggi si accoda senza un minimo di autonomia e, quel che è peggio, di discernimento: per non parlare di interesse nazionale!
Quindi c'è la necessità, proprio per provare ad impedire l'estensione del conflitto a macchia d'olio, di iniziare a rinnovare le stesse categorie semantiche della politica estera. A partire dal significato da attribuire al termine terrorista
Due gli argomenti chiave proposti da Alessandro Di Battista:
[...]"A questo punto mi domando quanto un miliziano dell'ISIS capace di decapitare con una violenza inaudita un prigioniero sia così diverso dal Segretario di Stato Colin Powell colui che, mentendo e sapendo di mentire, mostrò una provetta di antrace fornitagli da chissà chi per giustificare l'imminente attacco all'Iraq. Una guerra che ha fatto un numero di morti tra i civili migliaia di volte superiore a quelli provocati dallo Stato Islamico in queste settimane. La sconfitta del sunnita Saddam Hussein scatenò la popolazione sciita che covava da anni desideri di vendetta. Attentati alle reciproche moschee uccisero migliaia di persone. Da quel giorno in Iraq c'è l'inferno ma i responsabili fanno shopping sulla Fifth Avenue e vacanze alle Cayman."
[...]"Dovremmo smetterla di considerare il terrorista un soggetto disumano con il quale nemmeno intavolare una discussione. Questo è un punto complesso ma decisivo. Nell'era dei droni e del totale squilibrio degli armamenti il terrorismo, purtroppo, è la sola arma violenta rimasta a chi si ribella. E' triste ma è una realtà. Se a bombardare il mio villaggio è un aereo telecomandato a distanza io ho una sola strada per difendermi a parte le tecniche nonviolente che sono le migliori: caricarmi di esplosivo e farmi saltare in aria in una metropolitana. Non sto né giustificando né approvando, lungi da me. Sto provando a capire. Per la sua natura di soggetto che risponde ad un'azione violenta subita il terrorista non lo sconfiggi mandando più droni, ma elevandolo ad interlocutore. Compito difficile ma necessario, altrimenti non si farà altro che far crescere il fenomeno."
Su queste ultime parole, come i lettori sapranno, si è scatenato l'inferno: hanno preso subito la palla al balzo i farisei del PD (in primis la modesta Debora Serracchiani) che, dovendo coprire mediaticamente il dono di armi che il governo Renzi stava progettando per i curdi, hanno  preso di mira Di Battista, estrapolando le parole che più facevano comodo, descrivendolo come amico dei terroristi, ignorando deliberatamente il ragionamento sottostante. 
Ma la vera ciliegina sulla torta l'ha posta il giornalista Francesco Merlo con un commento su Repubblica così ignobile ed intimidatorio, una sorta di schedatura velenosa, che richiederebbe assolutamente una risposta del deputato pentastellato per vie legali. Si potrebbe chiosare: se questo è un giornalista...
Nemmeno gli ultras in curva, durante il derby, sanno fare di peggio: siamo arrivati al linciaggio bell'e buono, senza che nessuno dentro la cosidetta sinistra parlamentare abbia da subito avuto la dignità di tentare un ragionamento. 
Maestro di cerimonie di questo scempio mediatico è stato addirittura il premier Matteo Renzi che ha rilanciato un vergognoso (o demenziale) tweet del presidente PD Matteo Orfini: "E i grillini rifiutano il confronto sulla riforma della giustizia...coi terroristi bisogna interloquire, ma guai a farlo col governo...".
Ormai la politica nel PD segue la logica del branco e viene fatta necessariamente soltanto con gli slogans: il ragionamento, la riflessione, sono rigorosamente vietati.
Ma intanto nella società civile qualcuno ha avuto il coraggio di leggere, finalmente, le parole di Di Battista, scoprendo che non contenevano nulla di sconvolgente e che, con diverse sfumature a seconda della personalità, la sua analisi poteva essere un buon punto di partenza per approcciare da Italiani il problema mediorientale.
Così l'intervento di Vauro cerca di rimettere a sinistra le cose un po' in ordine, smarcandosi radicalmente dai toni da crociata usati dal vertice piddino contro i 5Stelle. 
La cosa ha sicuramente meravigliato, conoscendo i giudizi tutt'altro che generosi,  che il disegnatore satirico ha rivolto da sempre contro il M5S.
Che Vauro cominci a pentirsi di avere fino a ieri astiosamente attaccato a testa bassa il M5S? 
Però, non se la può cavare così facilmente! Di tutto quell’odio viscerale sono in molti da tempo a chiedergli lumi.
Perché in una famigerata vignetta, proprio alla vigilia delle amministrative vinte quest'anno dal M5S a Livorno, Vauro si rappresenta nell’atto di evirarsi piuttosto che votare il M5S. 
Un attacco satirico evidentemente distruttivo, che non lascia vie di mezzo: una scomunica politica senza se e senza ma.
In una fase storica in cui è in atto un colpo di stato strisciante (che data almeno da tre anni, dal defenestramento di Berlusconi deciso da Napolitano, mesi prima dell’attacco speculativo contro l’Italia), tambureggiare in modo così esiziale l’unica forza politica che ha dato voce ai cittadini, nell'ambito di un panorama mediatico monopolizzato dalla sistematica disinformazione e dal quotidiano bombardamento di giornali, tv, rai, contro di essa, è un comportamento veramente vile e miope.
Poi si può dire tutto quello che si vuole sui limiti del M5S, sui problemi di democrazia interna, ecc. ma è chiaro che senza Grillo il miracolo di un movimento di cittadini che ha messo alle corde la Casta non solo non ci sarebbe stato ma non sarebbe stato neppure immaginabile.
Problemi di democrazia interna? Forse.
Sì, che, di enormi, non ce ne sono stati da sempre dentro il PD, caratterizzato da un modello di finto assemblearismo che ha assicurato ad libitum libertà di azione e di deragliamento politico alla nomenklatura, le cui scelte sono state subite dalla base senza alcun autentico spazio di confronto.
Basta aver bazzicato per qualche tempo le sezioni per rendersene conto: tant’è che ormai sono sparite e le poche rimaste sono semideserte, frequentate da pochi galoppini. 
Non è un caso che il fenomeno Renzi è un’invenzione di matrice quasi esclusivamente mediatica!
Ma, si sa, la trave nel proprio occhio non risalta quanto la pagliuzza in quello altrui.
Se il M5S non avesse avuto una guida politica solida, ferma e coerente, al limite della durezza, con una comunicazione tanto brusca quanto alla luce del sole, oggi, nella migliore delle ipotesi, sarebbe la quintessenza della nullità o dell'irrilevanza politica, tipo il partito di Vendola, SEL. 
Per la somma soddisfazione dei maggiorenti del PD che potrebbero continuare a fregare gli Italiani, infischiandosene pacatamente della loro reazione!
Ecco perché da Vauro si attendono, se arriveranno, spiegazioni più convincenti: che il suo atteggiamento demolitorio contro il Movimento  sia riconducibile esclusivamente al suo sacro furore contro il presunto insufficiente tasso di democrazia interna, lascia davvero molto, ma molto perplessi. 

lunedì 10 novembre 2008

Dalle stelle alle stalle: da Obama alla politica italiana

La settimana scorsa ha segnato probabilmente uno spartiacque tra due mondi: quello che si chiude senza rimpianti sotto la firma del peggior presidente degli Usa, George Bush, con una scomoda eredità di guerre, devastazioni, crack finanziari, caos delle relazioni internazionali per l’introduzione surrettizia del principio della guerra preventiva, globalizzazione selvaggia, emergenza ambiente e povertà, perdita di libertà individuali sacrificate per una sempre più fantomatica guerra al terrorismo.
E quello che si apre con l’immagine vincente di un giovane presidente, Barack Obama, pieno di energie e di speranze, capace di trascinare con la parola le folle di mezzo mondo alla scoperta di una nuova frontiera che non è più quella esclusiva degli yankees ma di un’umanità multicolore, multiculturale, che parla lingue diverse ma che attende unita di salvare se stessa insieme al pianeta.
Non sappiamo se, sia pure in una minima parte, le promesse e le suggestioni evocate da questo protagonista della postmodernità declinata in tutte le sue accezioni, non ultima il linguaggio di Internet, riuscirà nell’immane compito che si è dato; ma una cosa è certa sin da ora: con il suo ingresso alla Casa Bianca, come è stato detto con un felice slogan, tutto ritorna possibile non solo per gli Stati Uniti ma per il mondo intero.
Il fatto stesso che, in uno dei primi atti della sua nuova vita pubblica, egli si sia recato a parlare con gli insegnanti delle proprie figlie è il segnale di un cambiamento, nei simboli già cominciato: un Democratico, più vicino a Robert Kennedy che a Bill Clinton, ci sembra di poter anticipare.
Staremo a vedere.

Come a questo punto risulti difficile abbassare lo sguardo sulla politica di casa nostra è di tutta evidenza.
La nostra politica è ormai scaduta a commedia dell’arte: i leader sono poco più che maschere che si muovono sulla base di un canovaccio che rispecchia le loro connaturate caratteristiche.
L’impenitente buffone che sa solo essere se stesso e di sicuro non un uomo di stato, incarnando magnificamente tutti i peggiori vizi dell’Italiano medio pur essendo tutto tranne che un Italiano medio; l’oppositore radical chic, che festeggia la vittoria altrui per non pensare alle proprie sconfitte e non sa esattamente cosa fare per trarsi d’impaccio: è mite non per disposizione d’animo ma per ignavia e quando l’avversario compie una gaffe è pronto ad infierire redarguendolo, nemmeno fosse il suo tutore. "Chieda scusa", è stato suo il tormentone della settimana!
A completare il quadro di una democrazia tragicomica, un codazzo di personaggi minori, ciascuno con la sua porticina, che nulla aggiunge e nulla toglie ad uno spettacolo veramente improbabile per gli altri Paesi europei: magari ci fossero i Pulcinella, gli Arlecchino di una volta… qua siamo caduti molto più in basso.
Il Parlamento, ripetiamo da tempo, è stato spogliato di ogni sua attribuzione. Come ha ammesso nella trasmissione di domenica scorsa In Mezz’ora di Lucia Annunziata il deputato del Pdl Paolo Guzzanti, si viene convocati per le votazioni con un sms, i vicecapigruppo urlano ai parlamentari quale pulsante premere in aula (verde, bianco o rosso) e poi tutti a fare pipì fino al prossimo messaggino.
I ministri del governo Berlusconi quater, questa volta palesemente proni alle sue esigenze, senza nemmeno una testa calda, aspettano un suo cenno per darsi da fare: di riforme liberali, neanche a parlarne… troppo stress, troppi interessi da valutare, troppe istanze da comporre, troppe delegazioni da incontrare, molto meglio tirare a campare avendo in agenda le sole necessità personali del condottiero.
Poco attivismo, se non per tagliare il bilancio; già l’affare Alitalia - Cai si sta rivelando una gran brutta gatta da pelare… non parliamo poi di quello che ha combinato la Gelmini che si è fatta sorprendere dagli studenti con le forbici in mano non riuscendo a convincere delle sue buone intenzioni a scuola neppure gli addetti alle merende!
D’altra parte, chi meglio degli Italiani sa cosa significhi tirare a campare? E poi, con questa opposizione in stato catatonico, di cosa vogliamo avere paura?
Walter Veltroni non sogna più di diventare l’Obama italiano… gli basta ogni tanto alzare la voce, sempre pacatamente però, per afferrare un attimo di celebrità ai danni dell’improvvisatore Silvio Berlusconi.
E’ trascorsa un’altra settimana ma dal suo entourage, non un’idea, uno straccio di idea, è venuta fuori per contrastare sul piano mediatico il Cavaliere.
Gli Italiani stringono la cinghia, l’economia affonda ma nessuno che pensi ad una cura ricostituente che almeno restituisca il sorriso all’Italiano medio che gli occhi allegri non li ha più, per usare le parole di Paolo Conte, visto che sempre più deve rinunciare alla gita.
Mirabile il suggerimento che a proposito dà il grande amico del Cavaliere, Marcello Dell’Utri: per vivere tutti felici e contenti, basterebbe che le conduttrici dei Tg leggano le notizie della crisi economica con il sorriso sulle labbra.
Insomma, niente paura! Se la crisi si aggravasse, un rimedio sicuro è stato trovato: un esercito di letterine nei Tg delle 20,00…