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giovedì 4 marzo 2010

Disastro Italia: la legge vale solo per i fessi!

Scrivere di politica in queste settimane è veramente dura. Siamo giunti, ancora una volta in pochi mesi, ad un nuovo 8 settembre: l’implosione di una classe dirigente, non degna di definirsi tale.
Quale fiducia possono, infatti, nutrire i cittadini in un partito di governo, il Pdl, che non è stato neppure in grado di presentare una lista elettorale per le prossime Regionali?
Quale considerazione si può avere di un ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che minaccia di ricorrere alla piazza contro un’eventuale bocciatura dei ricorsi per la riammissione della sua lista nel Lazio?
Parole eversive che imporrebbero, come minimo, le sue immediate dimissioni, se un simulacro di Stato di diritto ci fosse ancora.
Parole che suonano ancora più minacciose nel silenzio dei media costretti al bavaglio dell’informazione a causa della chiusura dei talk show di approfondimento politico in nome di una volutamente malintesa legge sulla par condicio.
Il governo peronista di Silvio Berlusconi, in caduta libera di consensi malgrado un’opposizione parlamentare inesistente, ha paura che i cittadini possano semplicemente informarsi e ragionare sugli ultimi scandali che hanno visto coinvolti (facciamo fatica a ricordarli tutti!): la Protezione Civile, il senatore Pdl Nicola Di Girolamo; il gruppo Telecom con la storia del riciclaggio di denaro sporco; il Presidente del Consiglio, con il suo ennesimo impedimento, che diserta l’aula del Tribunale per un Consiglio dei Ministri, inusualmente convocato di lunedì.
Ennesima berlusconata: chiamato a rispondere di un reato di corruzione, il premier non si presenta davanti ai magistrati perché nel frattempo si è autoconvocato a Palazzo Chigi per varare un provvedimento, guardate un po’, anticorruzione.
Siamo alle comiche, come qualche tempo fa ammetteva Gianfranco Fini prendendo le distanze da Silvio Berlusconi. Forse, come meglio direbbe Ennio Flaiano, in Italia la situazione è tragica ma non è seria.
Purtroppo, sta venendo giù giorno per giorno un pezzo della nostra democrazia e della Costituzione, senza che nessuno muova un dito a sua difesa. C’è solo il popolo viola che ha ancora il coraggio di indignarsi ma né i partiti né le istituzioni sembrano comprendere la gravità del momento.
Il presidente della Repubblica si dimostra preoccupato, ma se le cose sono arrivate a questo punto anche sul Colle qualcosa non deve aver funzionato per il verso giusto.
Intanto, nonostante il conclamato errore nella presentazione delle liste da parte degli uomini del Pdl a Roma, statene pur certi, verrà emanato al più presto un qualche provvedimento per sanare ciò che è platealmente insanabile.
Dopo averci martellato per un mese, tutte le sere, sui media con inutili spot che ricordavano le regole per la presentazione delle liste elettorali, veniamo a scoprire che quelle norme erano fatte solo per gli sprovveduti, ma non per il partito di Governo, che verrà ammesso alla competizione elettorale nel Lazio nonostante le abbia presentate fuori tempo massimo.
Una vergogna ma, si sa, la legge vale solo per i fessi!

domenica 8 novembre 2009

E La Russa difese il crocifisso: "Possono morire!..."

La sentenza emessa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo sul divieto di esporre il crocifisso negli edifici pubblici, in particolare nelle aule scolastiche, è sotto vari aspetti ineccepibile.
Non stiamo qui a dimostrare la giustezza ed anche l’opportunità di una decisione che soltanto chi fa del basso populismo può attaccare e che i veri cristiani, viceversa, dovrebbero salutare con gioia.
Perché la corte di Strasburgo ha unicamente vietato l’esposizione dei simboli religiosi nell’esercizio di funzioni pubbliche, evidentemente in edifici non dedicati al culto.
Luoghi pubblici che, fino a prova contraria, devono rappresentare la neutralità dello Stato nei confronti delle diverse confessioni religiose.
Che cosa voglia significare il crocifisso in una aula scolastica o in un tribunale, qualcuno ce lo dovrebbe spiegare.
Ripeteva Cavour: Libera Chiesa in Libero Stato.
Il crocifisso è un simbolo di passione e di amore divino, ma anche di suprema ingiustizia che gli uomini fecero patire al Nazareno e di cui tutti noi dovremmo vergognarci, quale simbolo di un’infamia perpetrata, secondo i credenti, ai danni del Figlio di Dio.
Che i palazzi di Pilato lo espongano con burocratica indifferenza è paradossale, storicamente una bestemmia; mentre nei luoghi di culto, il crocifisso esprime tutto il suo valore salvifico e divino del messaggio cristiano.
D’altra parte, é falsa l’idea che la sua presenza nei luoghi pubblici sia un simbolo della nostra tradizione culturale: infatti la sua permanenza nelle aule scolastiche venne dichiarata, in pieno regime fascista, solo con un paio di regi decreti che né il concordato del 1929 tra Mussolini e il Vaticano, né la sua revisione ai tempi di Bettino Craxi, modificarono.
Stiamo parlando di 80 anni fa, un’inezia rispetto alla storia millenaria del cristianesimo; una ricorrenza storica irrilevante, se pensiamo a quanta acqua è poi passata sotto i ponti.
La Chiesa cattolica ha, in questa occasione, intrapreso l’ennesima battaglia di retroguardia che la vuole impegnata a difendere piuttosto una prerogativa temporale che il simbolo della propria missione spirituale.
Tanto da non farsi problemi nell’accettare l’appoggio dei mercanti del Tempio.
Che contro la sentenza europea si scaglino politici come il ministro della Difesa Ignazio La Russa e il premier Silvio Berlusconi dovrebbe far sorgere più di un dubbio sulla opportunità di questa scelta.
Basta vedere come si agita La Russa, quali parole di odio, quale espressione gli si stampi in faccia, in quale truce maschera deformi i propri connotati, quando, nell’occasione meno indicata, il 4 novembre, festa delle nostre forze armate, usa la ribalta mediatica per silurare i giudici europei trasformando il crocifisso in un’arma, al pari di un elicottero da combattimento, di un carrarmato o di un fucile mitragliatore: "Possono morire!…" furoreggia di fronte allo spaurito conduttore Lamberto Sposini, incapace di contenerne la crisi.
Perché le gerarchie cattoliche non prendono le distanze da simili atteggiamenti?
Ah, a proposito: neosegretario Bersani, se ci sei batti un colpo!