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lunedì 3 dicembre 2007

A cosa veramente serve l'indulto

Leggiamo dalle cronache di oggi che Donatella Zingone, moglie del senatore dei liberaldemocratici ed ex presidente del Consiglio Lamberto Dini, è stata condannata dal Tribunale di Roma a due anni e quattro mesi di reclusione per bancarotta fraudolenta mediante falso in bilancio a conclusione del processo istruito per il fallimento per 40 miliardi delle vecchie lire della società Sidema, avvenuto nel 2002.
La medesima pena è stata inflitta a Italo Mari, amministratore delegato della società fallita; ma per entrambi la condanna è stata condonata grazie alla legge sull'indulto del nostro Ministro della Giustizia Clemente Mastella.
Donatella Zingone ha dichiarato che tutto trae origine da una macchinazione politica ordita ai suoi danni e, adesso, i suoi legali fanno sapere che ricorreranno contro la sentenza.
Fatto sta che il provvidenziale indulto le toglie, così come è successo ad altri italiani di serie A, qualcosa di più di una semplice preoccupazione.
Che la legge sull'indulto non avrebbe svuotato definitivamente le carceri italiane lo sapevano tutti: molti dei beneficiati hanno di nuovo varcato la soglia dei penitenziari essendosi macchiati, una volta in libertà, di nuovi reati. Alcuni di particolare allarme sociale, come la vicenda dei custodi di una villa trucidati nel trevigiano da una banda di balordi ci ricorda.
Ma che avrebbe funzionato come un colpo di spugna per i reati dei colletti bianchi i media hanno cercato di nasconderlo in tutti i modi: non a caso l'indulto è stato associato più ai crimini degli extracomunitari che non ai peccati giudiziari del potere economico e finanziario; ma è proprio lì che tale legge si è dimostrata più efficace, anche se i media orchestrando il frastuono della cronaca nera, vi hanno fatto scendere sopra una coltre di nebbia impenetrabile.
Del resto, è noto che i guru della nostra comunicazione, dietro compensi di milioni di euro, curino l'immagine di importantissime aziende nazionali: è la dimostrazione che tra potere economico e mass media esistono corpose convergenze parallele.
E se la politica con una legge impopolare votata trasversalmente in Parlamento trae silenziosamente d'impaccio alcuni vip, ci pensano giornali e televisioni a volgere altrove lo sguardo dell'opinione pubblica: ad esempio sui problemi della microcriminalità, da sempre in cima alle preoccupazioni degli italiani ed agli ascolti dell'Auditel.
Per leggere la notizia, il link è:

venerdì 16 novembre 2007

La politica del pendolo

Che la politica non abbia minimamente compreso il grande risentimento che cova nella società civile è ogni giorno di più un desolante dato di fatto.
Il dibattito sulla Finanziaria è la goccia che, forse, non farà traboccare il vaso ma allontana ancora di più il Palazzo dalla vita dei cittadini.
Impossibile capirci qualcosa.
Nemmeno gli addetti ai lavori riescono più a decifrare cosa stia veramente accadendo tra Montecitorio, Palazzo Madama e Palazzo Chigi; soprattutto quale sia, tra veti incrociati, minacce, tatticismi vari, l’effettiva posta in gioco.
Una cosa però è certa: l’elettroencefalogramma della politica italiana è da mesi piatto.
Non fa differenza tra governo e opposizione.
Per il governo, si attende soltanto che qualcuno stacchi la spina. Dopo lo scivolone sulla giustizia, nessuno ha più il coraggio di alzare il livello della discussione e chi punta i piedi lo fa solo per guadagnarsi un po’ di visibilità da spendere in vista di futuri riassetti.
Il dibattito assume in molte circostanze toni surreali: c’è chi come Dini e Mastella sono contrari a fissare un tetto agli stipendi dei manager pubblici scomodando addirittura la Costituzione per avversare un’eventuale norma a riguardo.
Fare le barricate per difendere i manager pubblici lasciando decollare il loro stipendio annuo sopra i 500.000 euro non è propriamente la battaglia politica che si attendono gli elettori di centrosinistra: ma è quello che oggi passa il convento!
Nell’altro schieramento, tutti contro tutti: se Berlusconi sogna la spallata, Fini e Casini ingranano la retromarcia sperando con la riforma elettorale di sbarazzarsi del Cavaliere.
Fino a ieri sera Dini ancora non sapeva se questa Finanziaria gli fosse piaciuta o no: fortuna che nel 1995 fu a capo di un governo tecnico!
Dopo tanti anni di vita parlamentare, l’ex direttore generale di Bankitalia, ha acquisito il virtuosismo di un politico consumato; ma non sa ancora se varcare il Rubicone alleandosi con Berlusconi o restare dissidente con l’elmetto nell’Unione.
In questo paesaggio da Deserto dei tartari, una sola cosa è chiara: la vera politica si fa al centro.
Si è sempre pensato che il bipolarismo italiano non funzionasse bene a causa delle ali estreme dei due schieramenti politici che costringevano la componente maggioritaria (Forza Italia da un lato, il neo Partito Democratico dall’altro) ad avventurarsi su questioni politiche del tutto minoritarie, rimanendo per mesi in una condizione di stallo, senza decidere alla fine né le piccole né le grandi cose.
Ma è più che altro un luogo comune, alimentato dai media che inducono i cittadini a commettere un grossolano errore di prospettiva.
Sì, perché gli accadimenti politici di questi anni dimostrano, al contrario, che il bipolarismo italiano presenta le crepe più grosse e perde pezzi proprio al centro, su quella incerta linea di confine tra i due poli che i tanti eredi della balena bianca provano continuamente ad oltrepassare saltando, a seconda delle convenienze del momento, da uno schieramento all’altro.
E’ la politica del pendolo, certamente la più gettonata in questo cupo autunno.
Non bastavano l’Udeur e i Mastelliani, adesso ci si mettono anche i Diniani, i seguaci di Follini, magari lo stesso Di Pietro, la nuova DC di Rotondi, l’Unione democratica di Bordon e Manzione, qualche Udc deluso…
La frantumazione dei partiti viene eletta a strumento cardine della lotta politica: troppe volte non per affermare il proprio modello di società; molto più prosaicamente, soltanto per guadagnarsi un posto in qualche prima fila che conta.
Sarebbe interessante conoscere da vicino, ad esempio, i diniani: cosa pensano, quali sono i loro ideali, quali i loro elettori, perché sempre così indecisi sulla propria collocazione politica, quale grande causa potrebbe finalmente smuoverli dal torpore..
Nel frattempo, Lamberto Dini, distinguendo tra l'etica dei princìpi e quella della responsabilità, si decide a votare sì alla Finanziaria ma preannuncia il no al Governo.
Niente di cui meravigliarsi: la legge del pendolo ha colpito ancora!