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giovedì 13 dicembre 2007

Com'è difficile tagliare gli stipendi d'oro!

E’ quasi uno sberleffo quello che la Camera dei Deputati rivolge agli italiani dopo l’abolizione del tetto agli stipendi dei manager pubblici.
Chissà come ma il provvedimento aveva superato le perigliose acque del Senato (ricordate l’impuntatura contraria di Clemente Mastella?) e rischiava davvero di ripristinare un minimo di decoro nei rapporti tra governanti e cittadini.
Non che in questo modo si risanassero le finanze pubbliche ma almeno si dava la sensazione che in tempi difficili come quelli odierni il Palazzo potesse recuperare un minimo di sobrietà e tentasse di stare in sintonia con le difficoltà economiche della gente comune.
La saggezza popolare recitava più o meno così: se ci chiedono continuamente di stringere la cinghia, almeno che facciano anche loro un piccolo sacrificio come gesto di solidarietà!
Niente da fare: alla Camera il tetto è crollato.
La ferale notizia ci viene comunicata da Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella sulle pagine del Corriere della Sera [1], cioè da due dei più acuti osservatori dei vizi della nostra politica, autori del best seller “La casta”.
Il fatidico articolo 144 della Finanziaria che aveva imposto un tetto di 275.000 euro l’anno ai manager di Stato è venuto giù attaccato da una pattuglia di voraci termiti, ovvero dai membri della Commissione Bilancio, nonostante le proteste indignate di alcuni dei presenti.
Speriamo che il Governo ci metta una pezza, rimediando all’ennesimo strappo nel rapporto di fiducia con i cittadini.
Fatto sta che in Parlamento esiste una maggioranza trasversale di irriducibili che di fare sacrifici, sia pure simbolicamente, non vuole proprio sentir parlare.
Neanche per la ragion di Stato.