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domenica 11 novembre 2018

Zingaretti, le scuse, Sala e... la vergogna!

Nicola Zingaretti, candidato piddino alla segreteria, dopo l'assoluzione con formula piena della sindaca di Roma Virginia Raggi, invita i pentastellati a chiedere scusa per le accuse lanciate subito dopo ai giornalisti sulla condotta da loro tenuta per due anni e mezzo nell'informare i cittadini sul processo che ieri ha trovato il suo più scontato e auspicato epilogo.
Chiedere scusa di cosa? 
Di aver detto la verità: cioè, che in questi 30 mesi il mainstream ha cercato di infangare la sindaca con illazioni di ogni tipo, ovviamente rilanciando il peggio che veniva fuori dai social, cercando di comprometterne l'immagine pubblica e privata in modo che il M5S, di fronte a tanto accanimento, fosse costretto a scaricarla, a prescindere dalla sua condotta di Sindaco.
Un massacrante e ossessivo tiro al bersaglio a cui hanno partecipato in primis proprio le donne del PD che pure non perdono occasione, anche la più pretestuosa e forzata, per rimarcare l'intolleranza di genere, quasi a farne il motivo fondante della loro presenza in politica. 
Eppure quando si è trattato di infamare la Raggi non si sono tirate indietro spalleggiando il peggiore maschilismo, dimenticando che  così gettavano alle ortiche il loro millantato impegno militante.
Nel frattempo Zingaretti, evidentemente in preda all'amnesia, non prende le distanze, questa volta doverose, dalla infelice sortita di Beppe Sala, sindaco di Milano, che a proposito della proposta avanzata dal vicepremier Luigi Di Maio di restringere le aperture domenicali di negozi e centri commerciali, ha così commentato in un'assise pubblica ieri mattina alla Bicocca: "Se la vogliono fare in provincia di Avellino la facciano, ma a Milano è contro il senso comune. Pensassero alle grandi questioni politiche, non a rompere le palle a noi che abbiamo un modello che funziona e 9 milioni di turisti".
Ma forse a Zingaretti sono sfuggite (così vogliamo credere!) le parole sopra le righe, in salsa razzista, del sindaco di Milano!

Questi farisei meritano solo la nostra più sdegnata esecrazione.

venerdì 9 novembre 2018

Ecco perché domani la Sindaca di Roma ne uscirà a testa alta

Domani la sentenza stabilirà, ne siamo sicuri,  che Virginia Raggi è assolta perché il fatto non sussiste. 
La procura, che nel finale avrebbe dovuto sguainare un poker d'assi per ribaltare l'esito di un processo che è risultato in ogni fase dibattimentale sfavorevole all'accusa, se ne è uscita oggi con una testimonianza davvero debole: la deposizione di Romana Raineri, a suo tempo nominata dalla Raggi come capo di gabinetto.
Al tempo si seppe che pretendesse un emolumento assai più elevato di quello che invece le spettava, secondo il pronunciamento dell'Anac a cui la Raggi stessa si era rivolta per attendere lumi in materia. 
Ammesso e non concesso che in Campidoglio comandasse Raffaele Marra, non si capisce perché proprio la Sindaca si fosse rivolta a Raffaele Cantone, per stabilire l'inquadramento della Raineri. 
Le cronache del periodo registrano numerose esternazioni di quest'ultima alla stampa con cui si difendeva dalle accuse del PD sul suo stipendio, ritenuto troppo alto, sostenendo che 193'000 euro lordi fossero appena 21'000 euro in più rispetto allo stipendio che percepiva a Milano, ovvero un'aggiunta di soli 10'000 euro netti con cui copriva le spese di trasferimento e di soggiorno a Roma. 
Ma a seguito del parere richiesto proprio dalla Raggi a Cantone, il 31/08/2016, venne fuori che l'inquadramento e la retribuzione del capo di gabinetto doveva essere più basso, cioè in base all'art. 90 del TU degli Enti locali con cui la magistrata era stata inquadrata (ruolo degli uffici e del personale) e non, per la retribuzione, in base all'art. 110 (ruolo dirigenziale): ovvero non 193'000 euro ma 130'000! 
Quindi ben inferiore a quanto percepiva da magistrato a Milano! 
Non a caso 24 ore dopo, la Raineri si dimise. 
Ecco spiegato il motivo perché ce l'ha tanto con la Raggi! 
Conclusione: la Sindaca ne uscirà a testa alta.
A meno che qualcuno, dalla politica, non voglia ritornare in partita per via giudiziaria, dal momento che non c'è alcuna prova documentale o testimoniale contro la Sindaca.
Se ciò avvenisse, saltando le evidenze processuali, trascinando la lotta politica sin dentro le aule di Giustizia, sarebbe prima che scandaloso addirittura eversivo.
Speriamo che prevalga, con lo stato di diritto, il buonsenso.