lunedì 24 marzo 2008

Dopo il voto, c'è sempre la Casta

Nel giorno di Pasquetta, è possibile tirare una linea e fare un primo bilancio della campagna elettorale, ormai a tre settimane dal voto.
Alcuni osservatori che vanno per la maggiore l’hanno definita la miglior campagna elettorale della seconda repubblica ma questo dimostra, una volta di più, come il mondo dell’informazione sia agli antipodi del mondo reale.
Sì, perché mai come in quest’occasione la campagna elettorale si trascina, a voler essere generosi, nella più completa indifferenza: pochi comizi, poca gente in piazza, molti nervi scoperti quando qualcuno la mette in politica, anche se sta semplicemente sorseggiando un caffé al tavolino di un bar.
Molti leader, in viaggio per lo Stivale, vengono accolti da sparuti gruppi di curiosi, con qualche luogotenente locale che cerca alla men peggio di organizzare la claque.
Ormai le riunioni politiche si fanno in luoghi chiusi perché in piazza la desolazione che li accompagna sarebbe veramente insopportabile.
E’ la campagna elettorale dove solo i segretari di partito battono il Paese provincia per provincia: i candidati prescelti se ne stanno al calduccio, in attesa che il leader passi dal loro collegio per organizzare su due piedi un incontro pubblico in cui lo affiancheranno silenziosi per poi tornarsene disciplinati dietro le quinte.
Beppe Grillo ha detto che prima del voto pubblicherà i nomi degli eletti delle prossime elezioni: ha perfettamente ragione, dato che tra collegi blindati e candidature decise a tavolino, il prossimo Parlamento ha una fisionomia già ampiamente nota.
Non è difficile pronosticare che sugli scranni parlamentari siederanno gli amici degli amici degli amici e, mentre il giudice Clementina Forleo è lasciato solo a subire una vera tempesta disciplinare per lo zelo dimostrato nell’inchiesta Antonveneta, molti furbetti del quartierino varcheranno i portoni di Montecitorio e Palazzo Madama per infliggerci un sonoro schiaffo immorale.
Ormai la campagna elettorale resta appannaggio degli schermi televisivi dove, tra Berlusconi e Veltroni, siamo alle comiche: l’uno che dice di avere in tasca la cordata di imprenditori che salverà l’Alitalia; l’altro che gli rinfaccia di bluffare, forse memore del pessimo stato in cui gli ultimi capitani coraggiosi hanno lasciato la Telecom.
Entrambi si accusano vicendevolmente di ripetere le stesse cose ma poi, con sfumature diverse, concordano sul voto utile.
Per interrompere le prove tecniche di Veltrusconi, è dovuto intervenire addirittura il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ricordando ai due che non esiste il voto inutile.
Ma è possibile che l’Italia si meriti uno spettacolo così scialbo?
Possibile che la classe politica non sappia alzare il livello del confronto dialettico al di sopra del goffo duello tra i leader di PD e PDL e non sappia vedere nella campagna elettorale un’ultima occasione per entrare in sintonia con il cupo umore del Paese?
Perché non è solo questione di una pessima legge elettorale: quella a cui assistiamo ormai quotidianamente è proprio una grave crisi di identità della Casta, la sua anticipata rinuncia a qualsiasi serio progetto di cambiamento della società italiana.
Insomma, quando non combinano direttamente guai, spesso i nostri politici non hanno la minima idea di come affrontare i problemi del Paese e si limitano a gestire male l'ordinaria amministrazione.
In questo senso il caso Alitalia è molto simile all’emergenza rifiuti a Napoli: entrambe le questioni dimostrano l’impreparazione, l’insipienza, l’ottusità della nostra classe dirigente, al di là della casacca indossata.
Problemi fatti incancrenire per anni senza mai il coraggio, o forse l’orgoglio, di venirne a capo sciogliendone finalmente i fili aggrovigliati: si decide di non decidere per non ostacolare i corposi, illegittimi, interessi di pochi; molto spesso illeciti.
Ma che razza di democrazia è quella che si piega alle pressioni oligarchiche e resta del tutto indifferente ai problemi della generalità dei cittadini?
Siamo stanchi di persone che aspirano solo ai privilegi della politica ma non vogliono sopportarne gli inevitabili, pesanti oneri.
Chi è in corsa per cariche pubbliche deve dimostrare di possedere non solo probità morale ma anche adeguate competenze professionali.
Ma nelle condizioni di disfacimento interiore in cui è da tempo caduta, la Casta non è emendabile.
Un esempio su tutti: appena Veltroni ha provato a sollevare la questione dei mostruosi stipendi di deputati e senatori è stato duramente attaccato proprio dai suoi colleghi parlamentari che, forse accusandolo di uno sgarro, gli hanno subito rinfacciato la lauta pensione di cui già gode.
Segno evidente che solo energie nuove, non compromesse con la vecchia nomenclatura, possono effettivamente recidere quei legami incestuosi che hanno reso irrespirabile l’aria nei palazzi della politica.
Il paradosso è che, contro il comune buon senso e a dispetto delle pungenti, circostanziate critiche di Beppe Grillo e dei suoi tanti sostenitori, il prossimo Parlamento deciso a tavolino dalle segreterie di partito è sul nascere un'istituzione oligarchica, incapace per vizio originale di dare le risposte che una democrazia costituzionale affida al suo massimo organo legislativo.

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