Sono stati giorni difficili.
Giorni in cui la politica si è impadronita di temi delicati come quello dell’etica, del senso ultimo della vita umana, per farne merce di scambio, filo conduttore dell’ennesimo spot elettorale.
Spettacolo avvilente che ancora una volta ha visto in prima fila il presidente del consiglio, tuttavia ben attorniato da un’accolita di personaggi minori che hanno provato pure a rubargli la scena.
Senza riuscirci, però; perché sotto le luci della ribalta il mattatore è restato indiscutibilmente lui.
Ha usato, come grimaldello per scardinare la Costituzione, una questione tanto delicata che le cronache ci hanno sbattuto in faccia ossessivamente in questi giorni senza pudore alcuno: un gran colpo basso; uno scempio atroce per Eugenio Scalfari. Come dargli torto?
Il fatto è che anche coloro che gridano allo scandalo, che invocano il rispetto della carta costituzionale a cui il premier deve necessariamente piegarsi senza minacciare sfracelli, tengono in piedi questo spettacolo indecoroso.
Perché se Berlusconi è quello che è, non si può poi pensare di stringere con lui patti di ferro alla chetichella, come è successo recentemente con la legge elettorale per le prossime Europee, di comune accordo approvata in un ramo del parlamento da Pd e Pdl; per non parlare poi della legge sul federalismo fiscale, vero buco nero della nostra legislazione.
Insomma, se Berlusconi è interlocutore affidabile per il partito democratico tanto da concepire insieme a lui alcune leggi di portata costituzionale (anche se formalmente non costituzionali), non si capisce perché diventi alcuni giorni dopo improvvisamente il golpista che vuole fare a pezzettini la nostra carta fondamentale.
Un po’ di coerenza: ha ragione Beppe Grillo quando afferma che l’uomo di Arcore è sempre coerente a se stesso. Dunque segue una strategia ben precisa sia quando vara il lodo Alfano, sia quando definisce sovietica la nostra Costituzione.
Dice e disdice, finendo sempre per raggiungere i propri obiettivi, non demordendo mai; al contrario, rilanciando con maggiore veemenza quando si imbatte imprevedibilmente in qualche autorevole no.
Ma il partito democratico ed il suo leader Veltroni sembra proprio che questa cosa non l’abbiano ancora capita.
Un giorno ci raccontano la favola dell’imprenditore che ha il pallino della politica con cui si può pacatamente dialogare anche dei massimi sistemi; un altro giorno ce lo rappresentano come il lupo cattivo che banchetta con la Costituzione: pura schizofrenia.
Senza riuscirci, però; perché sotto le luci della ribalta il mattatore è restato indiscutibilmente lui.
Ha usato, come grimaldello per scardinare la Costituzione, una questione tanto delicata che le cronache ci hanno sbattuto in faccia ossessivamente in questi giorni senza pudore alcuno: un gran colpo basso; uno scempio atroce per Eugenio Scalfari. Come dargli torto?
Il fatto è che anche coloro che gridano allo scandalo, che invocano il rispetto della carta costituzionale a cui il premier deve necessariamente piegarsi senza minacciare sfracelli, tengono in piedi questo spettacolo indecoroso.
Perché se Berlusconi è quello che è, non si può poi pensare di stringere con lui patti di ferro alla chetichella, come è successo recentemente con la legge elettorale per le prossime Europee, di comune accordo approvata in un ramo del parlamento da Pd e Pdl; per non parlare poi della legge sul federalismo fiscale, vero buco nero della nostra legislazione.
Insomma, se Berlusconi è interlocutore affidabile per il partito democratico tanto da concepire insieme a lui alcune leggi di portata costituzionale (anche se formalmente non costituzionali), non si capisce perché diventi alcuni giorni dopo improvvisamente il golpista che vuole fare a pezzettini la nostra carta fondamentale.
Un po’ di coerenza: ha ragione Beppe Grillo quando afferma che l’uomo di Arcore è sempre coerente a se stesso. Dunque segue una strategia ben precisa sia quando vara il lodo Alfano, sia quando definisce sovietica la nostra Costituzione.
Dice e disdice, finendo sempre per raggiungere i propri obiettivi, non demordendo mai; al contrario, rilanciando con maggiore veemenza quando si imbatte imprevedibilmente in qualche autorevole no.
Ma il partito democratico ed il suo leader Veltroni sembra proprio che questa cosa non l’abbiano ancora capita.
Un giorno ci raccontano la favola dell’imprenditore che ha il pallino della politica con cui si può pacatamente dialogare anche dei massimi sistemi; un altro giorno ce lo rappresentano come il lupo cattivo che banchetta con la Costituzione: pura schizofrenia.
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