domenica 19 agosto 2012

Scalfari furioso contro Zagrebelsky

Eugenio Scalfari, nel suo ultimo editoriale, arriva a prendersela addirittura con l'insigne costituzionalista Gustavo Zagrebelsky, colpevole di aver invitato, con un intervento chiarissimo e oggettivamente ineccepibile su Repubblica di venerdì, il Capo dello Stato a fare un passo indietro nella guerra dichiarata alla Procura di Palermo, in seguito all'inaudito e senza precedenti conflitto di attribuzione sollevato contro i Pm che indagano sulla trattativa Stato-mafia, da cui derivarono le stragi del 1992-93 con l'uccisione del giudice Paolo Borsellino e della sua scorta ma forse anche la precedente ecatombe di Capaci, con il chilometro di autostrada fatto saltare al passaggio del corteo di auto in cui viaggiavano Giovanni Falcone, sua moglie e gli agenti di scorta.
E' vero che con l'età, specie se veneranda, si perdono i freni inibitori ma Scalfari ha l'ardire di  impartire insulse lezioni di diritto costituzionale non solo ad un ex presidente della Consulta ma soprattutto ad un indiscusso valentissimo giurista, lui che si è laureato in giurisprudenza nel 1946, avendo avuto al massimo dimestichezza con lo Statuto Albertino piuttosto che con la Costituzione Repubblicana (del 1948). 
Ma è forse proprio la sua vetusta e obsoleta preparazione universitaria, accanto ad una percezione di sè tanto smisurata da sembrare caricaturale, che lo induce erroneamente a riconoscere a Giorgio Napolitano i poteri di un monarca assoluto, da ancien régime.
Il tutto condito da argomentazioni speciose in cui evoca per l'ennesima volta un clima eversivo che congiurerebbe contro il Quirinale a cui lo stesso Zagrebelsky non solo colpevolmente non si sottrarrebbe ma di cui finirebbe per essere direttamente responsabile; senza dimenticare quelle forze politiche e quei giornali (leggi: Il Fatto Quotidiano) e l'uso che fanno delle sue dichiarazioni.
Scalfari giunge a tanto: ad additare presunti nemici del Presidente inserendoli in una sua fantomatica lista di proscrizione.
Siamo veramente messi male!
E poi, prendendo spunto da una recente missiva del Colle, riesce a confondere, ipocritamente, il predicare bene con il razzolare male.
Purtroppo per lui, quello che contano sono i comportamenti.
Ed è inutile che Napolitano faccia la bella figura di esortare i pm palermitani a fare piena luce sulle inchieste in corso se poi, per occultare le telefonate con Mancino che lui stesso deve evidentemente ritenere disdicevoli, arriva a compiere un atto di inaudità gravità, cui consegue la delegittimazione ipso facto di quegli stessi organi inquirenti.
Siamo tutti stanchi di quei continui vuoti e polverosi moniti cui, nella migliore tradizione italiana, non segue alcun comportamento coerente, beninteso non solo da parte sua. 
Ma ciò che di più riprovevole tenta di fare Scalfari è di negare l'esistenza della trattativa Stato-mafia, fingendo che non ci sia mai stata, nonostante parlino, molto più della ricostruzione degli storici, l'evidenza incontrovertibile di importanti sentenze giudiziarie definitive.
Per Scalfari, ma sembrano le parole di Marcello Dell'Utri, non c'è verità da conoscere: "Qual è dunque il reato che si cerca, la verità che si vuole conoscere? Deve essere un'altra e non questa". Oppure, prosegue, attribuendone l'analisi ad Antonio Ingroia "una trattativa svoltasi in una fase in cui la mafia era ridotta al lumicino e per tenerla in vita si invocava l'aiuto dello Stato".
Qui lo scantonamento di Scalfari diventa pericoloso: ma quando mai la mafia è stata ridotta al lumicino?
Il fatto che i capimafia da dentro il carcere spingessero per l'abolizione del 41 bis non vuole assolutamente dire che il loro potere si fosse indebolito né che indebolita fosse l'organizzazione criminale che continuavano a comandare.
E' tuttavia evidente che in una struttura tanto accentrata e gerarchizzata come Cosa nostra, che  dipende in tutto e per tutto dai boss, sia pure internati nelle patrie galere, la possibilità di questi di comunicare più facilmente con l'esterno andava al più presto ristabilita, anche al prezzo di alzare il livello della sfida criminale contro lo Stato e di scatenare un volume di fuoco senza precedenti, persino contro vittime innocenti.
Possibile che Scalfari prenda un abbaglio simile con tanta sciocca sicumera?
Ed anche il riferimento che fa a Giovanni Falcone non solo è di pessimo gusto ma è per certi versi inquietante. 
Cosa sta tentando di dirci? Forse che sia meglio per i magistrati palermitani rilasciare poche interviste, non addentrarsi nella "zona grigia" del coinvolgimento della politica, per poi comunque saltare in aria  su una bomba?
Dov'è finito lo Scalfari degli anni del giornalismo d'inchiesta ora che, in preda al cupio dissolvi, sta dilapidando miseramente un patrimonio di credibilità per difendere, non si sa bene come e perché, l'uomo Napolitano ma non certo l'istituzione che egli rappresenta?

La verità è che è ancora oggi in atto una lotta senza esclusione di colpi di una parte dello Stato, quella che trattò con i mafiosi ed essa stessa è stata infiltrata o è organica alla mafia, contro la parte sana che pretende finalmente verità e giustizia.
Ciò sta avvenendo nel corso di un passaggio politico epocale in cui il vecchio assetto della Seconda repubblica è collassato su se stesso in conseguenza della grave crisi finanziaria ed economica e dell'improvviso emergere di forze e movimenti nuovi che non ne possono più di una dittatura strisciante in cui ha finito per degradare il finto bipolarismo italiano.
Se il famigerato ABC, simbolo supremo di nullità ideologica e parassitismo politico, l'impresentabile trio Alfano-Bersani-Casini, non fosse stato costretto a venire allo scoperto,  appoggiando insieme e appassionatamente il governo di Mario Monti, ponendo fine a quello stucchevole teatrino quotidiano che li vedeva finti avversari con le loro penose schermaglie di rito da dare in pasto ad un elettorato ingenuo, stanco e disattento che la sera cerca in televisione solo intrattenimento a livello di "Scherzi a parte", molto probabilmente sarebbe stato possibile evitare lo scontro aperto con la magistratura ed arrivare ad una qualche forma di normalizzazione, contando sul frastuono della disinformazione di regime.
Ma l'accelerazione impressa alle indagini degli eroici pm siciliani, anche  grazie alle rivelazioni di Spatuzza e di Massimo Ciancimino, in aggiunta alla grave crisi politico-istituzionale con il discredito generale dei vecchi partiti e ai nuovi irridenti movimenti della società civile, in primis quello capeggiato da Beppe Grillo, fa temere per chi è rimasto o addirittura è andato al potere proprio a seguito di quella sanguinosa stagione, che una drammatica e definitiva resa dei conti presto ci sarà.
Ecco perché lo scontro è trasversale ai vecchi schieramenti; ecco perché l'anomalia Silvio Berlusconi ha finito per troppo tempo per camuffare una parte della verità, cioè il vero titanico scontro tra lo Stato democratico e un irriducibile Controstato politico-mafioso, i cui esponenti vestono evidentemente diverse maglie, non solo quella del Pdl.

1 commento:

Anonimo ha detto...

ottimo articolo da sottoscrivere pienamente e possibilmente divulgarlo sul web