Ieri sera, nel corso dell'ultima puntata di Report, sorprendentemente è arrivato proprio da Milena Gabanelli, già candidata al Colle per il M5S nelle Presidenziali dello scorso aprile, un attacco spropositato allo stesso movimento con il pretesto di chiedere una rendicontazione dei proventi del blog di Beppe Grillo e di esigere la messa on line di tutte le fatture della trascorsa campagna elettorale, la prima a livello nazionale tenuta dalla nuova forza politica.
L'intervento della Gabanelli, oltre ad essere ingeneroso (ma questo lo lasciamo alla sua coscienza) verso il movimento che, attraverso una consultazione on line, l'aveva designata un mese fa, non ad un consiglio di quartiere ma alla Presidenza della Repubblica, con buone chance iniziali di successo (se non altro per essere ipso facto espressione di un gruppo parlamentare che conta 163 tra deputati e senatori), si rivela intempestivo e giornalisticamente velleitario.
Perché voler fare le pulci in tasca ad un movimento che ha appena rinunciato a 42 milioni di legittimi rimborsi elettorali, esigendo la pubblicazione on line di tutte le fatture pagate per la campagna elettorale, suona quantomai stravagante. Lei stessa ammette che non c'è nessun obbligo di legge a riguardo ma tant'è: ne fa una questione di trasparenza che, spinta alle estreme conseguenze, diventa inevitabilmente una gratuita caccia alle streghe contro Grillo e i suoi ragazzi.
Siamo fuori dal mondo.
Di fronte alle fantomatiche fondazioni private orbitanti attorno alla Casta, i famigerati think tank, dove affluiscono generosissime donazioni da parte di entità fisiche e giuridiche non sempre identificabili che potrebbero pure prefigurare, come la puntata di ieri di Report adombra, una sorta di via telematica alla corruzione in politica di faccendieri e lobbisti (senza il rischio di farsi cogliere in flagrante con le mazzette nella ventiquattrore), l'accostamento tra queste inquietanti vicende e l'attività del Movimento 5 Stelle non solo è arbitrario e fuorviante, ma decisamente azzardato e imbarazzante per una giornalista del calibro della Gabanelli.
Nell'Italia delle mille cricche, dello scandalo milionario dei tesorieri della Lega e del PD (ve li ricordate Belsito e Lusi?, sono passati solo pochi mesi!), della Protezione Civile per i lavori del G8, della gestione allegra dei finanziamenti nei consigli regionali in mezza Italia, dello scandalo Penati (braccio destro di Pierluigi Bersani), del maxibuco di bilancio del Monte dei Paschi di Siena, del recente arresto per concussione del presidente PD della provincia di Taranto per una storia annosa di irregolare smaltimento dei rifiuti dell'Ilva, dove va a parare lo sguardo acuminato della Gabanelli?
Contro l'unica forza politica che ha fatto della trasparenza un vessillo e che rappresenta degnamente e lealmente l'indignazione dei cittadini contro il malcostume partitocratico e lo sperpero vergognoso di questi decenni del denaro pubblico.
Firmando, dulcis in fundo, una pesante caduta di stile: quando rinfaccia al M5S l'immobilismo politico per l'esistenza dei tre milioni di disoccupati a fronte delle sofistiche dispute tra i suoi parlamentari sugli scontrini fiscali.
Senza rendersi neppure conto della contraddizione in cui proprio la Gabanelli si viene a trovare, avendo appena intimato ai vertici del M5S, in prima serata Rai, di documentare, fino all'ultima fattura, le spese sostenute nell'ultima campagna elettorale, il famoso Tsunami Tour.
Ma Grillo, dopo aver rendicontato le spese in circa 550.000 euro e i contributi volontari (pari complessivamente a 568.832 euro), non ieri ma due mesi fa, aveva già deciso di devolvere la parte restante alle popolazioni terremotate dell'Emilia-Romagna!
Di fronte alla trave nell'occhio di PD e PDL, attaccarsi all'eventuale pagliuzza in quello del M5S, non è solo una patente incoerenza logica ma l'ostentazione di un ridicolo zelo che, in un momento tragico come l'attuale con una crisi economica che sta degenerando rapidamente in crisi sociale, è veramente fuori tono, sbagliando completamente bersaglio.
In fondo, cosa ci sarebbe di disdicevole se si scoprisse che parte dei proventi pubblicitari del blog di Grillo vengono dirottati al finanziamento dell'attività politica del movimento che rinuncia volontariamente ai soldi pubblici? (Ma lo staff di Grillo seccamente smentisce questa eventualità).
Del resto, prima di lanciare appelli al M5S, la Gabanelli ne dovrebbe aver viste di cotte e di crude dentro la partitocrazia, anche se le sue denunce sono restate spesso inascoltate se non addirittura liquidate con fastidio.
Non vorremmo che dietro questo sacro furore di trasparenza riservato al M5S, che di tutte le forze politiche presenti in Parlamento è ampiamente l'unica che si può presentare alla cittadinanza con le carte in regola, non si nasconda la necessità di saldare un debito di riconoscenza verso i vecchi e malandati partiti, quelli della Casta, che le hanno permesso in questi anni di restare in onda, magari strumentalizzandola ricorrentemente per un loro sottaciuto regolamento di conti.
Perché separare il grano dal loglio, per una giornalista d'inchiesta, ci dispiace doverglielo ricordare, dovrebbe essere un preciso dovere deontologico.
Per non correre il rischio, come in questo caso, che a fare le spese di cotanto zelo, additati alla gogna pubblica, siano proprio quei cittadini che la corruzione hanno in programma di scardinare, ora con maggiori possibilità di successo, stando finalmente in Parlamento.
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