mercoledì 3 dicembre 2008

Aspettando il prossimo chiarimento dentro il Pd

Ennesima figuraccia della politica nostrana.
Un’altra settimana è trascorsa all’insegna di una crisi economica senza precedenti ma la casta si azzuffa ancora una volta sulla televisione.
Questa volta è il turno di Sky, la pay tv del miliardario australiano Rupert Murdoch. Sembra impossibile che l’opposizione capeggiata da Veltroni non trovi nulla di meglio che gridare allo scandalo per l’ennesimo conflitto di interessi in cui è incappato il Cavaliere; a questo punto, verrebbe da dire, suo malgrado.
I fatti sono noti: l’innalzamento dell’Iva sul canone della pay tv dal 10% (aliquota agevolata) all’aliquota ordinaria del 20% è per certi versi un atto dovuto.
Il senso di un’agevolazione del genere è riconducibile ai tempi dell’avvio di una nuova tecnologia digitale su satellite che, a metà degli anni novanta, poteva considerarsi talmente innovativa e pionieristica che meritava sicuramente un occhio di riguardo da parte del fisco per far decollare il settore.
Oggi non è più così: Sky non può più essere considerata un’azienda start up, vantando quasi 5 milioni di abbonati!
Non si capisce perché bisogna pagare l’iva al 20% su un’infinità di prodotti anche di prima necessità e si debba continuare a pagare i canoni della pay tv con l’imposta al 10%.
In un paese normale, un’opposizione con un minimo di sale nella zucca, non si straccerebbe le vesti al limite dell'isteria di fronte ad un provvedimento che, potrà pure essere giudicato inopportuno (tanto più perché varato da un governo diretto da un magnate della televisione), ma non appare particolarmente disdicevole né iniquo; al contrario, oggi veniamo a sapere da un portavoce che era negli auspici della Commissione europea.
Che poi si rinvanghi la solfa del conflitto di interessi, la questione è diventata puro esercizio retorico: c’è la sensazione che venga periodicamente sollevata da Veltroni & c. soltanto per dire qualcosa di sinistra, senza però nessuna convinzione.
Diciamolo chiaramente: qualsiasi provvedimento economico che il governo di centrodestra ha già preso o prenderà in futuro è sempre sotto conflitto di interessi.
In quale settore di attività economica l’impero berlusconiano non è arrivato in forze? Stentiamo a trovarne uno.
Per cui sollevare sterilmente la questione, senza aver mai compiuto in passato alcun passo per una legge che lo risolva in qualche modo, diventa uno spettacolo miserevole e meschino.
Com’è possibile che il sacro furore del conflitto d’interessi non sia stato rivolto quest’estate contro la legge sulle alte cariche? Lì, oltre la palese violazione costituzionale, proprio il conflitto di interessi si stagliava enorme come un grattacielo... Ma Veltroni ebbe a dire che il lodo Alfano non era incostituzionale!
Questa opposizione ha dovuto aspettare la questione Sky per dissotterrare l’ascia del conflitto di interessi. Su altri argomenti, molto più scottanti per le tasche degli Italiani, resta afasica come sempre.
Ad esempio, come mai nessuno ha eccepito nulla sul fatto che il governo ha deciso di congelare al 4% le rate dei mutui prima casa a tasso variabile lasciando quelli a tasso fisso al 6-7 anche 8%? Forse che in tempi di recessione le ragioni di chi ha deciso tempo addietro di cautelarsi con il tasso fisso per evitare successivi rialzi dei tassi di mercato valgono di meno di quelle di chi, optando per il tasso variabile, ha scelto il minor costo immediato (i mutui a tasso variabile scontavano alla stipula un tasso di interesse anche di due punti più basso del corrispondente mutuo a tasso fisso) accollandosi esplicitamente il rischio di futuri aumenti delle rate?
Ma dalla cosiddetta opposizione su questo problema che coinvolge milioni di famiglie non è venuta una sola parola.
Così come sulla cosiddetta social card, che è uno strumento di sostegno ai consumi estremamente modesto sia per importo che per platea di destinatari, dall’opposizione le riserve sono state poche e avanzate senza animosità.
Su un altro versante dell’economia, la Telecom taglia migliaia di posti di lavoro e nessuno eccepisce nulla.
Insomma, stiamo assistendo da troppo tempo al brutto spettacolo di un’opposizione che gioca di rimessa attendendo il governo in difesa per fargli gol in contropiede.
Ma una tattica del genere ha un senso se la squadra che la pratica ha un vantaggio anche solo psicologico sull’avversario, non se sta perdendo alla grande!
Da un’opposizione minimamente decente ci si aspetterebbe un piano dei cento giorni per la crisi economica inquadrato in un progetto politico di più ampio respiro che getti le fondamenta di un ciclo economico virtuoso, basato su incentivi all’innovazione tecnologica a zero impatto ambientale.
Invece ci ritroviamo un Partito democratico che non sa neppure decidere se, a sei mesi dalle Europee, si schiererà al Parlamento europeo con il gruppo socialista o con quello democristiano!!
Capiamo adesso perché l’uomo di Arcore può fare e disfare tutto quello che gli passa per la testa.
Se il futuro dei Democratici passa per l’avvicendamento nel giugno 2009 tra Walter Veltroni e Massimo D’Alema mentre il partito resta fino a quella data ingessato, in attesa dell'ennesimo chiarimento definitivo che non arriva mai, è chiaro che il governo Berlusconi, nonostante tutto, può continuare a dormire sonni tranquilli.

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