La vera notizia di queste elezioni europee è che Pd e Pdl escono entrambi sconfitti.
Per il premier Berlusconi raccogliere un magro 35,3% quando sognava di varcare la soglia del 45% è una autentica figuraccia; tanto più se a ciò si aggiunge l’avanzata della Lega Nord al 10,2% che si conferma un alleato sempre più scomodo.
Sul fronte opposto, la contentezza di Franceschini per aver realizzato il 26,1% è surreale; certo poteva andare anche peggio, ma il disastro del Partito democratico è sotto gli occhi di tutti.
Sul piano personale, la sfida a distanza con il suo predecessore Walter Veltroni è vinta ma resta come magra consolazione.
Gli Italiani hanno bocciato questi due contenitori politici dove c’è tutto ed il contrario di tutto, tant’è vero che alla prova dei fatti Pd e Pdl si rassomigliano incredibilmente, al di là della diversa storia personale dei loro leader.
Quello che conforta è che, oltre lo scontato successo dell’Italia dei Valori e la meno prevedibile affermazione dell’Udc di Pierferdinando Casini, a sinistra del Partito democratico c’è un’area di consensi che sfiora il 7% e che, senza la miopia dei suoi gruppi dirigenti che fanno capo a Niki Vendola e Paolo Ferrero, avrebbe potuto contendere all’Italia dei Valori il ruolo di quarta forza politica italiana.
Segno che su questo terreno il lavoro da fare è ancora molto ma si può guardare al futuro con meno pessimismo.
Lo dimostrano, alle Amministrative, quelle che un tempo erano le regioni rosse, dove il Pd è costretto dal meccanismo elettorale a rinnegare il credo veltroniano di correre da solo: qui il Pd resiste meglio proprio perché propone candidature insieme alle altre forze di sinistra che a loro volta confermano i loro consensi.
Ma alle Europee, dove ognuno corre per sé, il partito di Franceschini è costretto a subire lo smacco del sorpasso da parte del Pdl sia in Umbria che nelle Marche.
E’ la dimostrazione che il Partito democratico nega se stesso quando si incaponisce col tagliare fuori i partiti di sinistra e puntare al bipartitismo: la sua politica nazionale è quindi interamente da riscrivere.
Per il premier Berlusconi raccogliere un magro 35,3% quando sognava di varcare la soglia del 45% è una autentica figuraccia; tanto più se a ciò si aggiunge l’avanzata della Lega Nord al 10,2% che si conferma un alleato sempre più scomodo.
Sul fronte opposto, la contentezza di Franceschini per aver realizzato il 26,1% è surreale; certo poteva andare anche peggio, ma il disastro del Partito democratico è sotto gli occhi di tutti.
Sul piano personale, la sfida a distanza con il suo predecessore Walter Veltroni è vinta ma resta come magra consolazione.
Gli Italiani hanno bocciato questi due contenitori politici dove c’è tutto ed il contrario di tutto, tant’è vero che alla prova dei fatti Pd e Pdl si rassomigliano incredibilmente, al di là della diversa storia personale dei loro leader.
Quello che conforta è che, oltre lo scontato successo dell’Italia dei Valori e la meno prevedibile affermazione dell’Udc di Pierferdinando Casini, a sinistra del Partito democratico c’è un’area di consensi che sfiora il 7% e che, senza la miopia dei suoi gruppi dirigenti che fanno capo a Niki Vendola e Paolo Ferrero, avrebbe potuto contendere all’Italia dei Valori il ruolo di quarta forza politica italiana.
Segno che su questo terreno il lavoro da fare è ancora molto ma si può guardare al futuro con meno pessimismo.
Lo dimostrano, alle Amministrative, quelle che un tempo erano le regioni rosse, dove il Pd è costretto dal meccanismo elettorale a rinnegare il credo veltroniano di correre da solo: qui il Pd resiste meglio proprio perché propone candidature insieme alle altre forze di sinistra che a loro volta confermano i loro consensi.
Ma alle Europee, dove ognuno corre per sé, il partito di Franceschini è costretto a subire lo smacco del sorpasso da parte del Pdl sia in Umbria che nelle Marche.
E’ la dimostrazione che il Partito democratico nega se stesso quando si incaponisce col tagliare fuori i partiti di sinistra e puntare al bipartitismo: la sua politica nazionale è quindi interamente da riscrivere.
Basterà a convincere la sua nomenklatura radical chic a fare le valigie e tornarsene a casa lasciando il partito alla sua autentica anima popolare che, nelle sue differenti inclinazioni, scommette comunque in un percorso condiviso con la sinistra anche per salire a Palazzo Chigi?
PS: Grande soddisfazione per il notevole successo ottenuto da Luigi De Magistris nelle liste dell'Idv!
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