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mercoledì 3 agosto 2016

Urge governo di salvezza nazionale per uscire dall'euro

La crisi bancaria di queste settimane è l'ultimo atto di un processo di deterioramento economico in corso da due decenni e che sta conducendo all'irrilevanza di quella che fino alla fine degli anni 90 era ancora la quarta-quinta potenza industrializzata del mondo. 
Per l'Italia gli anni dell'euro sono stati anni di vera carestia.
Non staremo qui a ripercorrerne le tappe principali anche perché di pubblicazioni in merito adesso ce ne sono tantissime e la primogenitura di questo approccio non può non essere tributato al prof. Alberto Bagnai, illustre economista dell'Università di Pescara, che ha dato vita negli ultimi cinque anni ad un'opera di divulgazione di queste tematiche più unica che rara, in una parola gigantesca per complessità e chiarezza oltreche di immane fatica personale.
Quindi non c'è più neppure da interrogarsi se valga la pena o meno di uscire dalla moneta unica: quello che adesso è interessante capire è quale sia l'uscita migliore, potendo ancora evitare quella d'emergenza e la catastrofe.
Un fatto è certo: l'uscita dall'euro deve avvenire d'improvviso nel corso di un week end. 
Tuttavia va preparata con cura e massima discrezione. Per fare questo ci vuole una classe politica che abbia il pieno controllo dell'esecutivo e che abbia potuto oliare attentamente i meccanismi di trasmissione delle decisioni sulla struttura dirigenziale ed amministrativa nonché aver posto in essere i presupposti tecnici di tale scelta ineluttabile (in primis, la stampa delle nuove monete!). 
Stiamo parlando del famoso piano B, pronto per l'uso, nei mezzi e negli uomini. 
Non c'è più tempo da perdere, nè possiamo aspettare prima che i 5Stelle si affermino a livello nazionale come forza di governo: nella migliore delle ipotesi, dovrebbe passare troppo tempo ancora.
Anche perché, dopo un'eventuale vittoria dei 5Stelle, occorrerebbe una preparazione di almeno 6-12 mesi. 
L'alternativa più realistica e valida è mandare a casa Renzi già ad ottobre e dare vita, pure con il sostegno dei 5Stelle, ad un governo di salvezza nazionale che abbia in omissis un solo vero punto all'odg: il recupero della sovranità monetaria.
Ciò comporta, in queste ore e nelle prossime settimane, di dare vita ad una serie di contatti informali e riservati per verificare la disponibilità delle altre forze politiche, in primis la minoranza del PD, a rendere praticabile questo scenario. 
Se ciò accadesse, bisogna prepararsi ad un sostegno corale ad un esecutivo che dovrà gestire una fase estremamente delicata con l'ingresso di uomini di tutti gli schieramenti accomunati da questa mission. Nel 2018, ripristinata la sovranità monetaria, ci si dividerebbe di nuovo per le nuove elezioni legislative, ognuno con il proprio programma ma condividendo un presupposto irrinunciabile: mai più euro! 
Ecco perché, in queste ore, che si intavolino trattative ufficiose e contatti con tutti (anche quelli apparentemente meno indicati) non deve essere considerato un tradimento o un atto di slealtà nei confronti degli elettori ma un atto di responsabilità nei confronti del Paese che, altrimenti, restando a guida renziana con il placet dei tedeschi, è condannato a breve a consegnarsi alla troika. E ciò vale soprattutto per una forza come i 5Stelle che hanno fatto della trasparenza e dell'innovazione gli elementi chiave della loro presenza politica.
Com'è chiaro già in queste ore, i mercati non prendono più sul serio ciò che dice Renzi in merito alle rassicurazioni sul nostro sistema bancario: questo denota che ormai ha perso quel minimo di credibilità che un premier deve sempre mantenere anche nelle circostanze più avverse.  Indispensabile, di conseguenza, la sua sostituzione in corsa, ne va del futuro del Paese!

giovedì 7 agosto 2014

Crolla il Pil? E' colpa del destino cinico e baro...

“Minime oscillazioni dei grafici” per “governanti insediati un mese fa”?
E’ inutile tentare la difesa d’ufficio di Serra dicendo che vola alto!
La sua odierna Amaca è la risposta ai dati di ieri, cioè alla recessione in atto, volendo far credere che, forse, è decrescita felice… oppure, peggio, “perché così vanno le cose, scema il lavoro, cala la produzione, deperiscono certi mercati (quello della “seconda casa”, per esempio) e forse alcuni dei bisogni che hanno fatto da volano all’economia sono saturi.” … e le stagioni non sono più quelle di una volta!
Serra non è l’ingenuo osservatore che qualcuno vuole far credere, la sua tesi al servizio della Casta, è esplicita: per questa crisi epocale, tutti colpevoli ovvero nessun colpevole.
Insomma tenta malamente di occultare le gravissime responsabilità di una classe dirigente (prevalentemente di centrosinistra, ma non solo!) per averci fatto imbarcare sconsideratamente nell’avventura dell’Euro: senza, in alcuni casi, un minimo di cognizione di causa; in altri, confidando nei “mercati” per lavarsene le mani rispetto agli impegni assunti con il mandato elettorale.
In altri termini, se “ce lo chiede l’Europa”, io politico di sinistra mi posso godere tranquiillamente tutti i privilegi della carica blandendo il mio elettore con il vantaggio di non dover muovere un dito…
Tanto l’alibi è confezionato… e la rendita di posizione...formidabile!
Nel commento di Serra c’è, tuttavia, un convitato di pietra, l’Euro (made in Amato, Ciampi, Prodi…), a cui la sinistra radical chic ha appiccato il Paese con l’inerzia pelosa, se non complice, della destra.
Un gioco da ragazzi sterzare sulla decrescita felice che, pur nella suggestione del tema, nel frangente italiano non c’entra proprio niente..
La critica che porta a Renzi è inconsistente, un semplice espediente dialettico per sviare l’attenzione dai veri responsabili di questa immane tragedia.

martedì 26 febbraio 2013

Un'altra Europa è adesso possibile, anzi urgente

Mentre i media ancora non hanno realizzato la rivoluzione di velluto sancita dalle urne domenica scorsa e continuano a parlare con il linguaggio della seconda repubblica (governissimo sì, governissimo  no,  larghe intese, ecc.), si profila una inedita stagione politica per l'Italia che, al di là dei timori comprensibili quando si volta pagina, può rappresentare un'ottima occasione per far luccicare di nuovo lo stellone italico dopo una infinita seconda repubblica dominata, o meglio sequestrata, con pochissime luci e tantissime ombre, da un lato, dalla imbarazzante e inquietante figura di Silvio Berlusconi, con il suo contorno di nani e ballerine;  dall'altro, dai cosiddetti ex quarantenni (ora più che sessantenni) del vecchio PCI, talmente accecati di presunzione da non essersi mai accorti, nella loro abissale mediocrità e compulsiva avidità,  di aver portato,  a braccetto con il Cavaliere, l'Italia sull'orlo del baratro morale, finanziario ed economico.
A fronte del disastro che lasciano, l'incertezza di queste prime ore, che viene amplificata dalle reazioni schizofreniche dei mercati, non deve spaventare.
Un primo dato rilevante è il seguente: il Partito Unico dell'Euro, quello che vedeva insieme inopinatamente il rigorismo tecnocratico di Mario Monti e delle centrali finanziarie internazionali e l'europeismo velleitario ed incompetente del PD, è stato clamorosamente bocciato dall'elettorato italiano. 
Questo non vuol dire rifiutare a priori la gabbia dorata in cui è stata imprigionata fino all'asfissia l'economia italiana, significa semplicemente rimetterne in discussione il suo cattivo funzionamento e far comprendere a chi guida la locomotiva tedesca che è impensabile che il salatissimo conto del suo sopravvalutato boom (che adesso si sta sgonfiando a vista d'occhio, com'era prevedibile!), possa essere fatto pagare imponendo esogenamente l'arretratezza e la desertificazione delle economie periferiche europee, in primis la più importante, quella italiana.
Qui non si tratta di non essere europeisti: al contrario, proprio per esserlo fino in fondo, occorre rivedere i meccanismi perversi della moneta unica.
Da oggi Angela Merkel sa che non potrà più contare sull'ubbidienza cieca e, fatecelo dire, autodistruttiva del governo Monti né sull'incompetente e becera complicità dei vecchi governi di centrosinistra. 
E poiché è impensabile che, a soli sei mesi dal voto tedesco, la cancelliera tedesca sia disposta ad accettare il varo dei necessari meccanismi di perequazione automatica, propri di uno stato federale, che drenino risorse dalle aree in surplus a quelle in momentanea difficoltà, prepariamoci purtroppo a vivere giornate difficili sui mercati che potrebbero preludere, in mancanza di una classe dirigente europea all'altezza della situazione, al classico rompete le righe. Staremo a vedere.
Ma una cosa è certa: l'Italia non è il baricentro della crisi, ne è soltanto il sensore più sofisticato e acuto.
Gli scossoni che si avvertono sui mercati finanziari hanno come punto focale molto più che Milano, Parigi e Francoforte ed epicentro finale proprio a Berlino.
Francesi e Tedeschi si devono quindi persuadere, nolenti o volenti, che le crisi italiana, spagnola, greca, irlandese, portoghese, è soprattutto francese e tedesca.
Quindi, o se ne esce tutti insieme in modo soddisfacente o nessuno avrà scampo, neppure quella che, per superficialità dei media, la gente considera essere la solidissima  Germania.