La vogliamo dire tutta? Matteo Renzi è al capolinea!
Ma
chi glielo va a dire? La pattuglia dei piddini che con il porcellum ha
trovato finalmente il sospirato posto al sole?
Bersani che ad ogni pié
sospinto dichiara che sì lui critica ma è sempre disposto a votare la
fiducia?
Le scompaginate truppe berlusconiane che non sanno più a quale
leader votarsi?
I media che lo hanno montato fino a farlo impazzire come
la maionese?
Questo guitto da reality show ha fra l’altro consegnato
le sorti del Paese nelle mani della Merkel e di Obama e, spergiurando
che va tutto a gonfie vele, distrugge pezzo a pezzo, giorno dopo
giorno, ciò che resta dell’economia del Paese e del suo fitto ed articolato tessuto di piccole e medie imprese: in questo è veramente un rottamatore, come ha voluto presentarsi sin dagli esordi sulla ribalta politica nazionale.
Se lui continua imperterrito a parlare a vanvera, in platea si comincia a sbadigliare rumorosamente, mentre il Paese affonda sotto i colpi di quella che si è rivelata una vera e propria arma di distruzione di massa: l’Euro.
Al di là dei finti numeri, guarniti ad arte da Palazzo Chigi,
bastano le immagini: ormai in ogni strada di tutte le città italiane
sono più le saracinesche abbassate delle vetrine illuminate. Un’autentica desolazione. In giro, per la prima volta dagli anni ’50, si vede tanta miseria e disperazione.
Cosa bisogna ancora aspettare per spedirlo a casa? E' il momento giusto. Anche perché la stagione gli
consentirebbe subito di riciclarsi e di raccattare un posto
di animatore in un villaggio turistico. Ma... fate presto!
"Ho molto apprezzato la trasparenza
del presidente Obama quando ci ha comunicato quello che era
avvenuto".
Dobbiamo
immaginare che Matteo Renzi non sa di non stare su "Scherzi a parte"
quando se ne esce con una frase come questa in conferenza stampa dopo il
vertice Ue a Bruxelles a proposito dell'uccisione
di Giovanni Lo Porto in un blitz Usa contro Al Qaida in
Pakistan.
Si dà il caso che il bombardamento è avvenuto tre mesi fa e solo ora la
Casa Bianca ne ha dato notizia: neppure Fantozzi si sarebbe genuflesso
ad Obama in forma così pelosa e ridicola, gettando ulteriore discredito
sull'immagine del nostro Paese che, viceversa, avrebbe dovuto mostrare,
per bocca dei suoi vertici istituzionali, perlomeno stupore e
indignazione protestando vibratamente con l'ambasciatore USA a Roma.
Ma
tant'è! Forse abbiamo un giullare a Palazzo Chigi che pur di rimanere a corte è
disposto a tutto, persino a rinnegare il buon senso e il giuramento di
fedeltà alla patria.
Perchè meravigliarsi ad ogni piè sospinto dell'ennesimo scherzo pirotecnico dell'anchorman
televisivo Matteo Renzi?
Ormai da tempo sappiamo che il suo è un governo virtuale, che governa
diffondendo suggestioni tramite la televisione: vi ricordate il cronoprogramma dei primi cento giorni? Sappiamo bene come è andata a finire (anche se i media hanno finto di non accorgersene).
Di concreto, c'è il
nulla o meglio, la difesa dei soliti noti.
Basti guardare
all'ultimo parto di casa PD: il ddl anticorruzione, che a chiacchiere fa
fuochi d'artificio contro il malaffare della classe dirigente (vedi
ripristino del falso in bilancio), ma di fatto sdogana i misfatti dei
colletti bianchi, comportando la depenalizzazione di tutti i reati fino a
5 anni di pena qualora siano ritenuti di 'particolare tenuità' e la
condotta non sia 'abituale'.
Conclusione: tutti i reati dei burocrati e dei politici colti in flagrante con il sorcio in bocca vengono di fatto cancellati!
Non perché viene meno il reato ma perché se ne impedisce la punibilità. La sottigliezza renziana è tutta qui: nel suo ennesimo gioco di parole!
Lo stesso reato appena reintrodotto del falso in bilancio rientra in
questa nuova disciplina, per di più beneficiando della retroattività,
come è previsto dalla legge penale. Traduzione: anche chi è già stato
condannato in via definitiva per tali reati, la cui condanna non abbia
esaurito tutti gli effetti, potrà beneficiare, udite udite, della norma
"anticorruzione" potendo chiedere, a seconda delle situazioni,
l'archiviazione, il proscioglimento o la revoca degli effetti della
condanna "per tenuità del fatto".
Un formidabile colpo di spugna che
rimette in gara i vari De Luca, i Berlusconi e i loro pari, per giunta
travestito da norma anticorruzione!!! I grandi peccatori della
pubblica amministrazione che diventano all'improvviso candidi come
angioletti grazie al furore 'giustizialista' del Matteo fiorentino. Ecco che panni veste in concreto, lontano dagli occhi delle telecamere, il nostro "Rottamatore"!
Ma è normale che la CPL di Modena acquisti 2000 bottiglie di vino dall'azienda vinicola della signora D'Alema? E che la stessa coop rossa faccia ripetuti bonifici alla fondazione Italianieuropei del consorte Massimo per 60'000 euro?
Uno degli arrestati dell'ultimo scandalo di mafiapolitica, intercettato, dichiara:
“investire negli Italiani Europei” in quanto “D’Alema mette le mani
nella merda come ha già fatto con noi ci ha dato delle cose”. Ed ancora: “È molto più utile investire negli Italianieuropei dove D’Alema
sta per diventarecommissario
europeo capito … D’Alema mette le mani nella merda come ha già fatto
con noi ci ha dato delle cose”.
Nella cooperativa rossa i magistrati trovano “tre dispositivi di bonifici effettuati dalla Cpl in favore
della Fondazione Italiani Europei, ciascuno per euro 20 mila, un
ulteriore bonifico dell’8 luglio 2014 per 4.800 euro per l’acquisto di
500 libri di D’Alema dal titolo: Non solo euro”.
Per capirci, la CPL è quella coop rossa i cui dirigenti, secondo i magistrati napoletani, avrebbero fatto un "sistematico ricorso a un modello
organizzativo ispirato alla corruzione che li ha portati ad accordarsi
non solo con i Sindaci, gli amministratori locali ed i pubblici
funzionari, ma anche con esponenti della criminalità organizzata
casertana e con gli amministratori legati a tali ambienti criminali".
Ma per D'Alema è tutto regolare. Anzi replica infuriato “La
diffusione di notizie e intercettazioni che non hanno alcuna attinenza
con le vicende giudiziarie di cui si occupa la procura di Napoli è
scandalosa e offensiva”.
Parafrasando D'Alema quando parlava con disprezzo di Beppe Grillo, ci siamo sottoposti per anni al sacrificio di vederlo in TV a parlare a ruota libera in modo supponente e caustico di chiunque non si accorgesse della sua smisurata intelligenza o non gli concedesse la licenza di smentire nei fatti sistematicamente tutto quello che andava blaterando sulle piazze di mezza Italia agli ingenui compagni.
E' giunto il tempo che qualcuno lo spedisca finalmente ai giardinetti a lanciare pezzetti di pane raffermo ai piccioni.
Che Bersani non sia esattamente un cuor di leone, l'emblema del
cambiamento o di una auspicabile svolta nella politica italiana, meno
che meno il protagonista di un possibile riscatto dei cittadini onesti,
lo abbiamo ribadito più volte. Troppo contiguo ai potentati economici
(non a caso, a suo tempo ricevette un cospicuo "regalo" per la sua
campagna elettorale dai proprietari inquinatori dell'Ilva di Taranto),
troppo ambiguo nel suo modo di fare politica, troppo subalterno alle
ragioni della grande industria, troppo debole nella difesa dei diritti
di lavoratori e pensionati, totalmente assuefatto alle nefandezze della
Casta che si è sempre ben guardato dal denunciare.
Per giunta, del
tutto prono ai diktat europei, a suo tempo impostò la campagna
elettorale del PD sull'agenda Monti. Sappiamo tutti com'è andata a
finire: lui alle corde, dopo l'ennesima beffa alle Politiche del 2013 e
Mario Monti passato alla storia come il commissario liquidatore
dell'economia italiana e di cui si sono perse le tracce...
Una fine veramente ingloriosa per il preside della Bocconi, abbandonato persino dai suoi stessi compagni di partito.
Abbiamo più volte sottolineato che chi spera in una sterzata della
politica renziana sotto la spinta di Bersani e di quella che dovrebbe
essere l'anima di sinistra del PD, è un povero illuso: lo dimostra che
l'opposizione che egli ha fatto a Renzi, alla sua indegna riforma
costituzionale, al Jobs Act, è stata solo fumo negli occhi.
All'ultimo, Pierluigi Bersani ha finito per votare tutte, ma proprio
tutte, le pessime riforme renziane, nessuna esclusa, con la scusa,
risibile, di non voler spaccare il partito.
Un comportamento che
considerare contraddittorio è un eufemismo. Ultima perla bersaniana è
stata quella di intervenire, all'indomani delle dimissioni di Maurizio
Lupi da ministro, a gamba tesa sulle intercettazioni chiedendo a gran
voce una legge che le limiti.
Intervento più intempestivo, meno
opportuno non si poteva concepire, in un momento in cui gli scandali
sugli appalti pubblici scoppiano quotidianamente e la classe politica
viene per l'ennesima volta investita dal ciclone della corruzione.
In un contesto anche moralmente così degradato, quale sarebbe dovuta
essere la reazione di Bersani? Magari infierire contro il
ministro dei lavori pubblici per l'ennesima figuraccia delle nostre istituzioni e benedire il
cielo che l'immancabile scandalo della vita pubblica italiana sia venuto
alla luce proprio grazie all'impegno della magistratura?
Macché!
L'esatto contrario: mostrarsi adirato ed invocare una legge bavaglio
perché, come dice lui, "Con questo sistema si impallina chiunque".
Difficile credere a chi, proprio come lui, sostiene che non sia
questione di poltrona: la sensazione ormai diffusa e consolidata proprio
tra l'elettorato di riferimento, è che il nocciolo della questione sia
una maledetta questione di potere e di privilegi ad esso connessi.
Così Bersani resta a galla e non concepisce neppure lontanamente che è arrivato il momento di farsi da parte.
Insomma se Renzi è quello che è, una maschera televisiva al servizio
della tecnocrazia europea, incapace culturalmente prima che
politicamente, di imprimere una svolta all'Italia che, se avvenisse
davvero, travolgerebbe in primis proprio lui e il suo indecoroso cerchio
magico, Bersani rappresenta il nulla, ovvero la difesa dei privilegi della vecchia nomenklatura che non si rassegna a cedere il passo.
E' per
questo che Bersani in fondo rappresenta la migliore polizza assicurativa
per il governo Renzi, la cui durata è destinata a prolungarsi a tempo
indeterminato per assurdo proprio in virtù dei suoi demeriti e continui
fallimenti.
Più Renzi racconta frottole, più disattende tutte ma
proprio tutte le promesse fatte, più ci prende in giro con slogan da
quattro soldi, più rischia di rimanere a Palazzo Chigi sine die.
Naturalmente, finché la gente non si sveglia...
Ma si sveglierà mai? Con una opposizione alla Bersani, una politica
portata avanti dai vecchi compagni di merende, uno schieramento
mediatico che h 24 dispensa torpore e disinformazione, abbiamo più di un
motivo per dubitarne!
Il
Partito Democratico è da tempo un ibrido che non ha più nulla a che
vedere con gli ideali e i valori della sinistra. Almeno da quando ha
perso, alla luce del sole, anche nel nome, qualsiasi riferimento alla
sinistra. E' diventato il classico refugium peccatorum per i politici
della prima e seconda repubblica: nella migliore delle ipotesi, una
poderosa macchina del potere che dispensa incarichi, prebende,
raccomandazioni nell'apparato pubblico mentre asseconda gli istinti
famelici di amici imprenditori, lobbisti di ogni risma e provenienza,
faccendieri: una mafia capitale fatta sistema.
Di riferimenti
ideologici alla base popolare non ha più alcun serio collegamento: in
questi anni ha permesso alla tecnocrazia europea di sfasciare lo stato
sociale avallando le scelte disastrose di Mario Monti e di chi, da Letta
a Renzi, ne ha ricalcato le orme, senza neppure cercare di combattere
con un minimo di rigore la corruzione, l'asfissiante burocrazia, i conflitti di interessi, la
povertà sempre più dilagante.
La peggiore colpa è quella, tutta
ideologica, di rinchiudersi nella gabbia dell'Euro, lasciando che lo
smantellamento del tessuto economico venisse eterodiretto da Berlino e
Parigi con una sorta di pilota automatico: i dirigenti del PD sono stati
così i garanti del progressivo impoverimento del Paese, costruendo le
proprie carriere proprio sull'impegno a lasciare che le regole europee
ne strangolassero il vitale apparato produttivo. Non solo hanno tradito
la propria storia, l'appartenenza ideologica ad una tradizione culturale
laburista ma, quello che è peggio, hanno tradito il Paese, in tutte le
sue componenti con la sola eccezione dei potentati economici e
finanziari.
Matteo Renzi, in ciò, rappresenta l'apoteosi simbolica
di questa mutazione genetica, del grande inganno perpetrato ai danni
delle classi lavoratrici. Ma anche in Sel, personaggi come Vendola, sono
privi della minima credibilità necessaria per poter dare avvio ad un
nuovo corso, come la vicenda ILVA e le conversazioni con Archinà
dimostrano in modo inequivocabile.
Landini in questo ha un compito enorme ed una responsabilità pesantissima da addossarsi: non deve e non può sbagliare!
Ma deve iniziare con il piede giusto: evitando di ripetere l'errore
storico di Tsipras, di tentare di allentare il rigore europeo dentro la
camicia di forza dell'Euro: cosa teoricamente e praticamente
impossibile!
Studi, si prenda la necessaria pausa di riflessione:
grazie al prezioso lavoro divulgativo del prof. Alberto Bagnai, chiunque
è oggi in grado di comprendere a pieno il raffinato ma perverso
meccanismo dell'Euro, progettato dalla Germania proprio per favorire il
grande capitale a danno delle classi lavoratrici in tutta Europa,
praticando un gigantesco dumping sociale che ha finito, come sovrappiù,
per mettere fuori gioco le economie mediterranee, in primis la temibile
concorrente Italia. Se ne capaciti e poi formuli una piattaforma
politica coerente, apra il necessario dialogo con il M5S, ci consenta al
più presto di votare per mandare a casa i responsabili politici di
questo massacro sociale che non ha paragoni in 150 anni di storia
unitaria!
Bersani e Vendola sono il problema, non la soluzione!
"Ho
molto rispetto per Bersani tuttavia quella casa, il Pd, è
antropologicamente, geneticamente, un organismo modificato ed è una casa
antropologicamente...
Venerdì sera da Lilli Gruber, a Otto e mezzo, su La7, era presente
Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera per il M5S ed il notista
politico del Corriere della Sera, Massimo Franco.
Nella parte conclusiva dell'intervista all'esponente del Movimento di
Beppe Grillo, condotta in tandem, tentando invano di
confezionargli addosso i caratteristici sandwich dialettici secondo un
copione ben studiato, Franco introduce la questione del referendum per
l'uscita dell'Italia dall'euro rivolgendosi a Di Maio con le seguenti,
testuali, parole: "Voi che dite di difendere gli imprenditori,
l'economia del Paese, quando poi volete proporre il referendum
sull'euro, per l'abolizione dell'euro, l'uscita dall'euro, se vi
rendete conto [ndr: e qui scandisce con tono grave e lento, quasi
ieratico, ogni singola parola] della distruzione di ricchezza dei
risparmi italiani che un'iniziativa del genere comporterebbe. Cioè, è
una cosa nella quale mi pare ci sia non so se più demagogia o
irresponsabilità ma certamente questa storia dell'euro è veramente
preoccupante per una forza che Lei vuol far diventare una forza di
governo." Alla pronta e circostanziata replica di Di Maio che
definisce la moneta europea "uno dei principali cappi al collo", Franco tenta più volte di
interromperlo ma Di Maio, non perdendo la calma e,
soprattutto, il filo del suo ragionamento, prosegue: "Noi stiamo
raccogliendo le firme, ed invito tutti i cittadini che ci ascoltano ad
andare a firmare, non per uscire dall'euro direttamente ma per chiedere
ai cittadini con un referendum consultivo se vogliono rimanere nell'euro
oppure no. Io voterò per l'uscita dall'euro e dal mio punto di vista
abbiamo fatto una campagna di sensibilizzazione..."
"Male!" lo
rimprovera duramente Franco che gli toglie la parola profetizzando con
tono drastico ed una sicurezza improbabile sciagure bibliche: "una
disoccupazione che schizza in alto, un'inflazione a due cifre, la
distruzione del risparmio... e pagherebbero soprattutto le persone più
povere!" "Assolutamente no!" - replica Di Maio - "Questa è una
campagna di terrore che volete fare sull'euro!". La Gruber che in
precedenza aveva bollato come "Tesi assai ardita" la presa di posizione
del deputato 5Stelle lo bacchetta stizzita e liquida seccamente il
confronto: "No, no,no qui non facciamo campagne di terrore!"
Questa è la mera cronaca dei fatti. Adesso alcuni interrogativi che sorgono spontanei:
1) Il giornalista Massimo Franco sta lì per fare delle domande, attendendo
serenamente le risposte dell'intervistato, oppure, come appare in questo
caso, neppure vuole ascoltarle fino a provare ad impedire a Di Maio
di concludere il suo breve ragionamento? Non è che il il suo compito sia piuttosto quello di rifilare al telespettatore surrettiziamente le sue, di risposte?
2) Sulla base di quali titoli accademici, di quali studi, di quali
titoli professionali, di quali specifiche competenze, egli può
generalizzare in forma così categorica e perentoria, le sue
personalissime e fallaci opinioni sulla questione, come un sacerdote che
disvela ai fedeli un dogma della fede?
3) Mentre è in corso, come
sappiamo, da parte del Movimento 5Stelle la raccolta di firme per dare l'ultima parola agli Italiani, è deontologicamente
corretto seminare in diretta televisiva il panico sul tema?
4) Com'è
possibile che su una questione tutto sommato "tecnica" (moneta
nazionale o moneta europea?) e quindi politicamente neutra si scateni da
parte del PUDE (felice espressione coniata dal Prof. Alberto Bagnai per
identificare coloro che da una cattedra universitaria o da una sedia di
redazione, o, più comodamente, da uno scranno parlamentare, hanno
aderito anima e corpo al Partito Unico Dell'Euro) una vera e propria
guerra di religione contro gli "infedeli"?
5) Poiché stiamo
attraversando il più lungo e tribolato periodo della storia economica
dell'Italia unita, con dati su finanza pubblica, disoccupazione e
recessione, veramente drammatici nella loro unicità, nonostante la
sbandierata rete di sicurezza della moneta unica millantata dal PUDE,
come si fa semplicemente a dire in televisione che la condizione
generale delle famiglie italiane possa anche minimamente peggiorare
qualora gli Italiani rinuciassero all'Euro?
6) Qual è il motivo di tanta animosità dei "sacerdoti dell'euro"?
7) Ma il giornalista di turno mette al corrente il pubblico che ci sono
ben nove (9!) paesi dell'Unione Europea a non aver aderito all'euro, pur
facendone parte a pieno titolo, tra cui Regno Unito, Danimarca,
Svezia?
8) Con quale coraggio oggi si difende la scelta dell'euro di fronte a dati economici e sociali così catastrofici?
9) Perché non favorire negli Italiani, grazie ad un'informazione
completa, chiara e pluralista, una riflessione approfondita sul tema per
dare a ciascuno la possibilità di formarsi una propria opinione e
seguire con maggiore attenzione e capacità di discernimento almeno una parte dell'impressionante mole di dati economici che
quotidianamente ci piovono addosso e, quindi, permettere a tutti di
valutare gli eventi in corso con maggiore cognizione di causa?
10)
Vista la crisi d'identità in cui versa l'Unione Europea, soprattutto a
causa della moneta unica, data la difficoltà per i popoli europei di
scoprirsi comunità solidarizzando profitti e perdite di tale ambizioso
progetto politico, probabilmente troppo avveniristico rispetto alle
diverse sensibilità ed egoismi nazionali ancora perduranti, non sarebbe
il caso di prendersi la doverosa pausa di riflessione, consentendo
almeno di aprire subito un'ampia discussione a livello continentale per
ritrovare le ragioni profonde ed il senso di un'appartenenza comune che non
deve escludere nessuno, in primis la Grecia, culla della civiltà
occidentale, come invece si sta vociferando in questi giorni insistentemente?