Con la sentenza pronunciata a Roma dalla Corte di Cassazione, ieri sera, che ha sancito la condanna definitiva di Silvio Berlusconi a quattro anni di reclusione per frode fiscale con l'interdizione dai pubblici uffici (da quantificare in separata sede con rinvio ad una sezione diversa della Corte d'Appello di Milano), si chiudono vent'anni di storia della Seconda Repubblica con un verdetto che non ammette repliche.
Berlusconi è stato dichiarato definitivamente colpevole di un grave reato, aver frodato il fisco.
Adesso politicamente andranno tratte le dovute conseguenze, tenuto conto che fino ad oggi la vita istituzionale del Paese è stata dominata da un dominus che, con un potere se possibile ancora più invasivo proprio negli ultimi dieci anni, è stato dichiarato un delinquente, cioè un soggetto che commette un atto anti-sociale ritenuto reato dalla legge penale.
Al di là delle determinazioni che assumerà Berlusconi in seguito all'esecutività di una pena che già molti sui media si sono già presi la briga di tentare invano di annacquare ("sì, è stato condannato ma l'interdizione dai pubblici uffici richiederà un nuovo giudizio per cui fino ad allora Berlusconi è ancora un cittadino libero con i normali diritti di chiunque altro...") ma che scatta sin da subito per cui egli resta già adesso a disposizione della giustizia, spetta alla politica prendere atto di quanto accaduto per adottare le determinazioni del caso.
In particolare il Partito Democratico non può più accettare, per non perdere definitivamente la faccia di fronte non solo alla sua base elettorale ma alla comunità internazionale, la tutela di un tal personaggio sul governo che esso stesso appoggia.
Ormai non è più in gioco la credibilità della sua classe dirigente, l'impresentabile nomenklatura del Pd, ma quella del Paese di fronte al suo popolo ed agli osservatori internazionali.
Sul punto non è più possibile glissare neppure per una malintesa ragion di Stato perché il discredito internazionale che ogni tentativo sia pure di stendere un velo pietoso sulla vicenda provocherebbe ipso facto è ragion di Stato.
E' la Storia che chiede adesso ad una classe politica delegittimata di fare per una volta i conti con se stessa: fughe dalla realtà nè per il partito di Berlusconi ma soprattutto per il Pd non sono più possibili.
E' in gioco la tenuta dello Stato di diritto e della nostra democrazia.
L'ex tesoriere dei Ds Ugo Sposetti qualche giorno fa sosteneva che la condanna di Berlusconi avrebbe comportato inevitabilmente la fine del Pd.
Sarebbe l'auspicabile catarsi di questa vicenda, il lieto fine di vent'anni malvissuti.