Sono due le novità emerse in questo ultimo scorcio di aprile: lo spread che vola e l'attacco concentrico di tutta la vecchia politica e dei media nei confronti del successo elettorale che si profila per il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo.
Il famigerato spread veleggia spesso insistentemente sopra i 400 punti, sfatando inoppugnabilamente la leggenda metropolitana secondo la quale le cure del governo Monti al capezzale del Belpaese avrebbero almeno stabilizzato le condizioni del grande infermo.
Niente da fare: nonostante la maxi immissione di liquidità della BCE di questo inverno, le manovre lacrime sangue del professore, il livello di tensione sul mercato dei titoli di Stato italiani resta altissimo.
Ed uno dei motivi è proprio la politica fortemente recessiva e impopolare di Mr. Monti che, pur di garantire l'equilibrio dei conti pubblici, non ha esitato un attimo a strangolare la già asfittica economia italiana.
Ciò è avvenuto sia inguaiando il mercato nazionale con un'opera scientifica, questo sì, di demolizione della domanda interna attraverso l'aumento della pressione fiscale, che si attesta ormai sopra al 50% (a dispetto di tutte le rilevazioni ufficiali che comunque la collocano a ridosso di questa soglia).
Sia con il taglio dei trasferimenti agli enti locali, con la riforma previdenziale più severa d'Europa e con l'attacco allo Statuto dei lavoratori in nome di un'esasperata flessibilità in uscita stante una non meno estrema flessibilità in entrata.
Fatto sta che delle tre parole d'ordine rigore, equità, crescita ossessivamente ripetute dai tecnici in questi mesi è rimasta in piedi solo la prima, il rigore, declinato tuttavia esclusivamente sulle spalle di giovani, lavoratori e pensionati.
Effettivamente, una politica economica più ottusa e monocorde di quella approntata da Mario Monti sarebbe stata difficile da concepire anche da chiunque altro si fosse trovato al suo posto a gestire l'emergenza finanziaria.
E così la luna di miele tra gli Italiani e il governo dei banchieri (la premiata ditta Monti-Passera e Fornero) si è malinconicamente conclusa: ormai solo il 51% di loro è ancora disposto a scommettere sulle ricette del preside della Bocconi, con un calo di oltre il 10% nelle ultime settimane.
La ciliegina su questo disastro, ampiamente annunciato sin dall'insediamento dell'esecutivo, l'ha messa proprio il premier Monti che in una recente conferenza stampa ha introdotto un nuovo macabro strumento macroeconomico: lo spread tra i suicidi degli imprenditori in Grecia e in Italia.
Secondo lui, noi italiani siamo messi meglio: in Grecia ci sono stati dallo scoppio della crisi 1725 morti, in Italia la sua squadra si sta dando da fare per non raggiungere quel numero.
Quando si dice dare fiducia al paese gettando le basi per un futuro migliore...
Inoltre, con tutta probabilità e nonostante autorevoli smentite ministeriali, entro l'anno bisognerà varare una nuova manovra finanziaria: con lo spread che non è mai sceso quest'anno sotto i 270 punti (mentre l'anno scorso di questi tempi era stabile a 190) si spenderà per interessi almeno 15 miliardi in più mentre con il calo del Pil (stimato attorno al 2%) mancheranno all'appello altri 15 miliardi di entrate fiscali.
Ancora, con la firma del cosiddetto fiscal compact, il governo si è impegnato a rimborsare il 60% del debito pubblico in 20 anni, che fa altri 50 miliardi l'anno.
Totale salasso per il 2012: 15+15+50 cioè altri 80 miliardi sonanti da rastrellare entro l'autunno.
Con un inasprimento della cura Monti di tale portata, questa volta probabilmente orientata su tagli alla spesa pubblica, lo scenario che si prefigura per i prossimi mesi fa venire i brividi.
Sappiamo però già adesso con certezza che l'aver modificato qualche giorno fa a tempo di record, ancora una volta primi in Europa, la Costituzione con il vincolo del pareggio di bilancio, comporta perdere anche quello che resta della sovranità nazionale, ovvero la politica fiscale, affidata come quella monetaria dopo l'ingresso nell'Euro, totalmente alla BCE e, di conseguenza, agli umori e voleri della speculazione internazionale.
Un autentico colpo di stato messo in atto dalle istituzioni europee e dalle banche internazionali, con la complicità del governo dei tecnici, fatto passare sotto silenzio grazie alla disattenzione generale prodotta intanto dal ciclone mediatico sui diamanti e i lingotti della Lega Nord: ennesimo episodio di malapolitica che tuttavia non è assolutamente paragonabile per importanza e gravità a questo enorme strappo costituzionale.
Certamente non per attenuare le pesanti responsabilità leghiste, ieri sera a Ballarò il presidente di RCS Paolo Mieli si chiedeva retoricamente quali partiti siano oggi pronti a documentare il modo con cui hanno effettivamente speso in questi anni il finanziamento pubblico.
Quanti altri altarini potrebbero venir fuori??
Ma in questo quadro già assai fosco, si distinguono degli inguaribili ottimisti come la senatrice del PDL
Ombretta Colli che non più tardi di lunedì sera, nella trasmissione
L'Infedele condotta da Gad Lerner su La7, per difendere il governatore della Lombardia, il ciellino Roberto Formigoni, dai mille sospetti per le inchieste che vedono coinvolti i suoi più stretti collaboratori e per le vacanze
coatte di cui è stato protagonista quest'estate sullo yacht del faccendiere Daccò, se ne è uscita leggiadramente con questa strepitosa battuta: "
Alzi la mano chi non è mai stato in barca a fare una vacanza!"
Ha proprio ragione: in fondo si tratta solo di poche decine di milioni di Italiani!
Non è un autogol come si è affrettato a riprenderla Lerner, piuttosto è l'ennesimo calcio di rigore che la vecchia politica batte sistematicamente contro quelli che ritiene essere i suoi veri avversari: cioè gli elettori.
Infatti coloro che spediscono periodicamente, grazie al loro voto, i politici dentro il Palazzo soggiaciono da sempre ad una vecchia regola, ferrea ma crudele e paradossale: corteggiati allo spasimo in campagna elettorale vengono ignorati, peggio, sbeffeggiati a voti ormai accalappiati.
Solo che questa volta il gioco si è svolto sotto le luci di un talk show, in modo incautamente scoperto, non al tavolo riservato del ristorante nei pressi di Montecitorio, né al buio di un tunnel tra Palazzo Chigi e Palazzo Madama o durante le segrete colazioni di lavoro dell'ABC del sottovuoto politico, o meglio della Contropolitica alias il formidabile trio Alfano, Bersani, Casini.
I quali, insieme alle loro sgangherate truppe, si stanno occupando in queste settimane concretamente solo di una cosa: demonizzare il movimento di Beppe Grillo che tutti i sondaggi indicano come futura terza forza politica alle prossime elezioni, con un consenso in forte crescita che già si aggira attorno all'8%, nonostante l'ostracismo che l'intero panorama mediatico gli riserva da sempre.
Infatti quando giornali e televisioni ne parlano è soltanto per mettere in atto una sistematica opera di delegittimazione e farlo passare di volta in volta per un delinquente, un terrorista, un imbonitore, un pericoloso sovversivo, un fascista, un demagogo.
Il massimo complimento è quando gli danno del populista, che in fondo è una parola meno brutta di quanto l'allegra brigata voglia far credere.
La paura di dover rispondere un domani delle proprie azioni, magari perdendo di colpo gli agi di una vita dorata e vissuta al limite della provocazione sociale, li sta rendendo paranoici fino al punto di abbandonare qualsiasi cautela.
Così lo
scaltro Massimo D'Alema, che ad onor del vero non ne ha mai azzeccata una,
finisce per accostare il nome di Grillo a quello di Bossi e pure di Berlusconi e la sua formazione politica al berlusconismo.
Ma è un fatto che il
Minimo Massimo del PD continui a mantenere con Berlusconi un rapporto schizofrenico: dalle
stelle dei tempi della Bicamerale per disegnare con lui la nuova costituzione o dell'inciucio sulle reti televisive (
Violante docet), alle
stalle delle accuse di affarismo, di impresentabilità politica dell'uomo di Arcore, a seconda che quest'ultimo gli abbia dato nel frattempo più o meno spago.
Ed ancora una volta, nell'attacco a Beppe Grillo, D'Alema e Berlusconi finiscono per ritrovarsi sulla stessa barca, o meglio sullo stesso veliero...
Tuttavia, insultare Beppe Grillo senza mai rispondergli a tono, con l'esclusivo obiettivo di nascondere le proprie gravissime inadempienze e gli altrettanto indecenti privilegi, le tante malversazioni su cui la Casta ha prosperato, tentando maldestramente di equiparare le circostanziate denunce del leader genovese a quelle, pensate un po', del Gabibbo(!), significa ancora una volta non aver capito nulla di quello che sta succedendo nel Paese.
Ormai la Casta non ha più il polso della situazione e colpevolmente si rinchiude in un mondo virtuale sperando così, con la complicità di giornali ed emittenti dell'oligopolio televisivo, di esorcizzare le proprie paure allontanando lo spettro del redde rationem.
Ma ancora una volta ha sbagliato i conti ed il precipitare della situazione economica, a cui concorrono proprio le politiche recessive del governo che sostiene, forse accelererà i tempi di un giudizio pubblico da tanti invocato.
E farà poca differenza se a votare si andrà ad ottobre o pochi mesi più in là, nella primavera del 2013.
Quello che conta davvero è inchiodare gli autori di tale disastro morale prima ancora che finanziario ed economico alle proprie gravissime responsabilità, costringendoli a tornare finalmente alla vita dei comuni mortali e condannandoli a restituire almeno una parte delle ricchezze pubbliche depredate nell'ultimo ventennio, a partire da Tangentopoli.
Oggi, nella ricorrenza del 25 aprile, è questo l'auspicio migliore che andrebbe rivolto agli Italiani, un impegno comune di lotta democratica ma senza quartiere alla contropolitica.
Altro che prendersela di nuovo, come ha fatto intendere oggi nel suo discorso commemorativo il presidente Giorgio Napolitano, con la presunta antipolitica di Grillo e dei tanti Italiani che non ne possono più di pagare il conto di decenni di ruberie e di cattiva amministrazione!