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mercoledì 27 luglio 2011

La class action del PD: ormai siamo alla farsa...

Raccontano le cronache che il leader democratico Pierluigi Bersani questa volta se la sia presa presa davvero a male.
Sollecitato da più parti a prendere posizione sulla scottante questione morale all'interno del suo partito (la più autorevole è stata la lettera aperta di Marco Travaglio dalle colonne del Fatto Quotidiano di domenica scorsa), dopo le ultime imbarazzanti vicende che hanno visto per protagonisti, in casi giudiziari diversi,  il consigliere Enac Franco Pronzato, coordinatore dell'area Trasporti dei democratici, il capo della segreteria Filippo Penati (all'epoca dei fatti sindaco di Sesto San Giovanni) e il senatore Alberto Tedesco, risparmiato dall'arresto da una decisione parlamentare a dir poco rocambolesca, dopo giorni di silenzio ha ammesso la mancanza di una diversità genetica del PD.
Lo sospettavamo da tempo! Quanto poi a rivendicare una presunta diversità politica come egli fa in questa occasione, beh, per una volta ci risparmi inutili chiacchiere...
Fatto sta che  trovandosi in una posizione politicamente sempre più scomoda, Bersani ha evocato la famigerata macchina del fango che sarebbe in azione contro il suo partito, minacciando sfracelli se non verrà messa a tacere, ovvero querele e, udite udite, una class action degli iscritti a tutela del buon nome del PD.
La qual cosa più che preoccupare fa sorridere, ricordando la famosa raccolta di dieci milioni di firme per le dimissioni di Berlusconi su cui, per carità di patria, è meglio stendere un velo.
'Ragasssi ma siam passi? Non stiam qui a farci rosolare le chiappe...' gli potrebbe mettere in bocca qualche noto comico.
Purtroppo per Bersani e per tutta la politica di questo Paese, c'è poco da scherzare: da mesi sta soffiando, sempre più impetuoso, un vento d'insofferenza verso la Casta, incapace di mandare un segnale forte di efficienza o almeno di rinnovamento e di pulizia.
Ha ragione Beppe Grillo quando dice che PD e PDL sono le facce di una stessa medaglia, senza più valore, che neppure uno sprovveduto accetterebbe più in pagamento.
Ma questi politici dell'Italia del bipolarismo continuano a fare finta di niente, a non spiegare ai cittadini perché al peggio berlusconiano si debba necessariamente contrapporre sempre il solito male dell'opposizione che, con i suoi scheletri nell'armadio, è da tempo bloccata, incapace di rappresentare una valida alternativa al pericoloso governo di Silvio Berlusconi.
Quando finalmente la magistratura interviene e scopre i rispettivi altarini bipartisan, ecco che tutti i leader politici fanno finta di cadere dalle nuvole, come se fossero vissuti fino a quel momento da un'altra parte, mentre dovrebbero essere perfettamente consapevoli di aver costruito il loro consenso elettorale proprio attraverso il metodo delle cordate, dello scambio di favori, degli appalti non trasparenti, delle clientele, delle burocrazie ipertrofiche, avendo rinunciato in partenza a far prevalere la forza delle proprie idee con gli strumenti della politica, in primis la partecipazione e la condivisione delle scelte con i cittadini.
Sì, caro Bersani, dentro quella parte di sinistra che tu dichiari di rappresentare c'è stata una vera e propria mutazione genetica che ha implementato i geni dell'affarismo in una cultura politica che già nella denuncia di Enrico Berlinguer di trent'anni fa era stata contaminata dal virus della partitocrazia.
E' proprio lì, alla fine degli anni Settanta, che si è spezzato il filo della rappresentanza tra gli eletti e gli elettori.
Ecco perché la Casta dei partiti e dei politici oggi è vera antipolitica, non quella dei movimenti spontanei che si stanno finalmente riappropriando delle questioni collettive, esprimendo un bisogno sincero di partecipazione e di contare realmente nelle scelte pubbliche.
Non c'è più spazio (né tempo!) per l'ipocrisia e le solite liturgie della prima e della seconda repubblica.
La misura è ormai colma. 
La vera class action è contro di voi!

martedì 5 luglio 2011

A favore della TAV, una classe politica da mandare a casa

Gli incidenti della TAV hanno messo in luce ancora una volta che PD e PDL sono le facce di una stessa medaglia.

Di fronte alla legittima protesta delle popolazioni della Val di Susa che, da sempre, sono contrarie allo sventramento delle Alpi per un’ennesima linea ferroviaria ad alta velocità, in un territorio già martoriato da infrastrutture gigantesche di ogni tipo, la sola risposta che sanno formulare i due principali partiti politici è quella di criminalizzare la protesta per poter surrettiziamente ridurre un problema di allocazione di risorse pubbliche a questione di ordine pubblico.

Per raggiungere questo obiettivo stanno facendo a gara tutti: mass media, salvo poche voci fuori dal coro, e i politici del polo unico PD+PDL.

Purtroppo da gente come Maroni, Cota, Matteoli, non ci si poteva attendere di meglio; ma assieme a loro, gareggiano al massimo ribasso i Bersani, i Fassino e i tanti dirigenti della sinistra che fu (ed adesso si capisce perché!).

Se l’opposizione glissa sulla questione economica, finanziaria, ambientale, sociale, che sta dietro a questa infrastruttura monstre e non tenta di abbozzare una qualche spiegazione agli Italiani di un atteggiamento, peggio che pilatesco, di dichiarato sostegno dell’opera, addirittura soffiando sul fuoco delle tensioni per invocare la prova di forza della polizia, è segno proprio che questa classe politica deve andarsene a casa.
Non solo non ha imparato nulla dalle consultazioni elettorali di primavera; ma è del tutto impreparata sul piano tecnico-professionale.


Guardando alla cronaca degli ultimi giorni, è chiaro che nessuno può difendere i presunti black bloc e le loro violenze; ma, a maggior ragione, non è accettabile che le forze dell’ordine sparino lacrimogeni ad altezza d’uomo come ha testimoniato il corrispondente di Al Jazeera.

Né è tollerabile, in una democrazia normale, che non ci sia politico del monolito  PD+PDL disposto ad aprire una discussione franca davanti al Paese per dimostrare nel merito la validità di quest’opera.

Per capire il degrado della nostra classe politica, protesa a difendere solo se stessa, è illuminante l’intervista su Repubblica di domenica scorsa del piddino Piero Fassino, ora sindaco di Torino, che sulla manifestazione dei No Tav ad un certo punto si lascia sfuggire: "A sfilare ci saranno gruppi che dicono no ad altre opere, dal Dal Molin al ponte sullo stretto di Messina. La marcia sta assumendo i connotati in una manifestazione contro qualsiasi infrastruttura moderna, si rischia una regressione culturale".

A questo pasionario della TAV, qualcuno dovrebbe spiegare che l’economia moderna è cambiata e che oggi lo sviluppo economico passa principalmente per l’innovazione tecnologica; molto meno per la costruzione di grandi infrastrutture ferroviarie o autostradali (a meno che non si dimostri, dati alla mano, la loro specifica utilità).

Come volano dello sviluppo funziona molto meglio l’investimento nelle nuove reti telematiche, nelle energie rinnovabili, nell’innovazione tecnologica, nella ricerca, nell’istruzione, nella sanità, nei beni culturali e ambientali.

Ignorare ciò, questo sì, è vera regressione culturale; a cui si abbinano quantità industriali di arroganza.

Tronfio della propria ignoranza, su una cosa l’impareggiabile Piero ha ragione: soffia sul Paese un vento di protesta; ma non contro le opere pubbliche (magari se ne avviassero di veramente necessarie!) ma contro una classe politica incompetente, che vive molto al di sopra dei propri meriti e che, a secco di argomenti, lancia la polizia contro i cittadini.

Così, a certificare il fallimento politico della casta, non basta più il ruolo di supplenza della magistratura, ci vuole pure quello delle forze dell’ordine!

Privi ormai di qualsiasi credibilità (men che meno di autorevolezza!), i nostri parlamentari, figli della legge porcata, ormai rappresentano solo se stessi e i propri privilegi a cui restano attaccati con le unghie e con i denti: per non rinunciare neppure ad un euro dei loro lucrosi emolumenti, si appellano persino ai diritti acquisiti, mentre non muovono un dito contro la macelleria sociale avviata da anni dal ministro del Tesoro Giulio Tremonti.

Ecco perché oggi ci sentiamo tutti cittadini della Val di Susa.