mercoledì 4 luglio 2018

La Xylella, il 4 marzo e... la democrazia

Se vi abbeveraste non soltanto sulla Pravda piddina sapreste che la malattia degli ulivi ha poco a che fare con la xylella un po' come il 3% del rapporto debito/pil è un numero totalmente arbitrario e avulso da qualunque considerazione scientifica. Ci sono zone del territorio pugliese dove è presente il batterio ma sono in perfetto stato di salute e zone dove il batterio non è stato trovato ma dove la moria degli ulivi è massiccia. Correlare la malattia degli ulivi con il batterio è proprio sul piano scientifico un errore: a maggior ragione se l'unica soluzione prospettata è l'eradicazione di alberi plurisecolari che, peraltro, non impedisce comunque la diffusione (non del batterio) ma della malattia.
Se poi bevete a ciò che dicono i piddini, note autorità scientifiche, c'è qualcosa che non va.
Lo spazio che Beppe Grillo sul suo blog ha dedicato ad un intervento della giornalista tedesca Petra Reski, che denuncia l'inconsistenza della correlazione tra batterio della xylella e CodiRo (sindrome del disseccamento rapido dell'olivo), ovvero della malattia che ha colpito i secolari, meravigliosi, ulivi pugliesi, ha fatto sì che il livore che alberga da anni negli animi dei piddini e che trova in Repubblica l'habitat ideale quale principale collettore di fango che viene schizzato sul M5S a quantità industriali ogni santo giorno, abbia trovato un'altra, l'ennesima, occasione di vituperio.
Impossibile replicare al pensiero unico di chi ritiene che, eradicando il batterio (attualmente cosa impossibile, come insegna la lunga esperienza americana), si possa sconfiggere la malattia. Tanto più che ciò passerebbe per l'uso massiccio dei neonicotinoidi (responsabili della moria di api e dunque recentemente messi al bando dall'UE) e per l'eradicazione delle piante malate ma anche di quelle sane ubicate in una vasta fascia territoriale ai margini di quella colpita.
E' questo l'obiettivo del decreto del piddino ex-ministro dell'Agricoltura Martina, varato in febbraio, che per combattere la xylella ha imposto l’uso dell’insetticida Imidacloprid della classe dei neonicotinoidi persino per le coltivazioni biologiche.
I neonicotinoidi sono stati di recente vietati in Europa perché mortali per le api (e secondo l’EFSA, neurotossici per gli esseri umani).  Non a caso un mese più tardi, a Bruxelles, l’Italia ha bocciato l’insetticida tossico assieme ad altri 15 Paesi: oggi è vietato l’uso dei neonicotinoidi nei campi.
Questo è l'antefatto.
Sul forum collegato all'articolo di Repubblica secondo cui la pubblicazione di tale presa di posizione della Reski sul blog avrebbe fatto infuriare tutti (si cita il commissario UE che bolla l'intervento come "fake news") si è scatenato un vero e proprio linciaggio nei confronti di chi, come il sottoscritto, ha cercato in qualche modo di riportare la questione alla pacatezza del dibattito scientifico sottraendola alla polemica politica, benché ancora una volta il PD, quasi per una sorta di richiamo della foresta, si trovi sistematicamente a schierarsi sempre dalla parte di big pharma, ovvero di chi propone la soluzione più antieconomica, socialmente insostenibile e devastante sul piano ambientale.
Ecco il primo commento riportato dal sottoscritto:

"Se vi abbeveraste non soltanto alla Pravda piddina, sapreste che la malattia degli ulivi ha poco a che fare con la xylella un po' come il 3% del rapporto debito/pil è un numero totalmente arbitrario e avulso da qualunque considerazione scientifica. 
Ci sono zone del territorio pugliese dove è presente il batterio ma sono in perfetto stato di salute e zone dove il batterio non è stato trovato ma dove la moria degli ulivi è massiccia. 
Correlare la malattia degli ulivi con il batterio è proprio sul piano scientifico un errore: a maggior ragione se l'unica soluzione prospettata è l'eradicazione di alberi plurisecolari che, peraltro, non ne impedisce comunque la diffusione (della malattia, non del batterio!).
Se poi bevete ciò che dicono i piddini, note autorità scientifiche, c'è qualcosa che non va.
Contro le ciance insulse della Aspesi, il parere dell'ex direttore del CNR vale di più. O no?"

Se vi abbeveraste non soltanto sulla Pravda piddina sapreste che la malattia degli ulivi ha poco a che fare con la xylella un po' come il 3% del rapporto debito/pil è un numero totalmente arbitrario e avulso da qualunque considerazione scientifica. Ci sono zone del territorio pugliese dove è presente il batterio ma sono in perfetto stato di salute e zone dove il batterio non è stato trovato ma dove la moria degli ulivi è massiccia. Correlare la malattia degli ulivi con il batterio è proprio sul piano scientifico un errore: a maggior ragione se l'unica soluzione prospettata è l'eradicazione di alberi plurisecolari che, peraltro, non impedisce comunque la diffusione (non del batterio) ma della malattia.
Se poi bevete a ciò che dicono i piddini, note autorità scientifiche, c'è qualcosa che non va.
Di fronte alla sequela di insulti e alla gogna dei repubblichini ho invano tentato di replicare riportando le osservazioni di Pietro Perrino, ma il moderatore ha messo la censura a questo secondo post:

"Riporto le osservazioni fatte dal genetista Pietro Perrino,  già direttore dell'Istituto di genetica vegetale del CNR di Bari, al Fatto:
"1. non è stato ancora dimostrato, in modo inequivocabile, che la Xylella sia causa della malattia;
2. ci sono piante d'ulivo positive con il batterio (da anni) che non manifestano la malattia;
3. ci sono piante negative, senza batterio, che manifestano la malattia e sono la stragrande maggioranza.
I patogeni sono opportunisti che diventano virulenti quando la pianta, per le criticità (uso di pesticidi, erbicidi, inquinamento, desertificazione del terreno), s'indebolisce in quanto non riesce più a nutrirsi proprio perché viene a trovarsi in un terreno sterile e inquinato. E' dimostrato che il glifosato, potente erbicida, rende sterili i terreni. Mentre tornando a buone pratiche agronomiche i terreni recuperano biodiversità e le piante tornano in salute."
Chiaro???"

Niente da fare. Al di là della questione scientifica, ciò che lascia attoniti è come sia possibile che su una tema squisitamente tecnico (purtroppo con drastiche conseguenze economico-sociali-ambientali seguendo la ricetta dell'establishment tecnocratico-europeista) un quotidiano di rilievo nazionale  debba procedere con tanta superficialità, arroganza, disinformazione, pregiudizio, facendo credere erroneamente che la questione delle origini della malattia degli ulivi pugliesi sia ormai acclarata e risolta. Quando è lampante che, nella migliore delle ipotesi (pure per chi è fautore della guerra chimica e della soluzione finale per la biodiversità degli ulivi pugliesi),  il problema è ancora  controverso se non del tutto aperto.

Eppure questa semplice costatazione espone chi la fa alla gogna mediatica, orchestrata da un grande gruppo editoriale, che lascia che ti insultino senza attenersi a basilari princìpi di correttezza deontologica, senza possibilità per il malcapitato di poter eccepire alcunché, imbavagliando il dibattito con la censura preventiva nel forum e, in prospettiva, di essere persino oscurato in  rete.
Attraverso un fantomatico comitato europeo a cui la Commissione Europea affida il ruolo di bollinare ciò che è bufala e ciò che non lo è o la preannunciata tutela del copyright che, fingendo di tutelare gli autori e gli editori, di fatto impedisce la libertà di  opinione.
I rischi per la democrazia e per le fondamentali libertà costituzionali sono enormi.
Se il semplice sottolineare, asserendo banalmente solo la verità dei fatti, che allo stato attuale non ci sono certezze scientifiche di una corripondenza biunivoca tra batterio della xylella e disseccamento degli ulivi, ti condanna al pubblico ludibrio ed allo stigma del bufalaro, mette i brividi  pensare cosa potrà succedere con l'istituzione di un ministero della Verità europeo!

Il fascismo è già purtroppo in mezzo a noi e spesso veste i panni del conformismo e del partito-stato, interfaccia politica della tecnocrazia e della finanza internazionale, che ha occupato per decenni molti gangli del sistema istituzionale: quello stesso partito-stato, in buona parte espresso dal PD, che, uscito a marzo storicamente ridicolizzato dalle urne, ancora si arroga la pretesa di conferire agli altri la patente di democraticità e di certificare, chissà come, l'attendibilità delle fonti d'informazione.

lunedì 2 luglio 2018

A proposito della vittoria della 4x400 ai Giochi del Mediterraneo

Non credo che queste atlete incarnino il simbolo dell'italianità. Sono bravissime italiane ma farne una questione di colore della pelle è assurdo anche in termini positivi.
La questione immigrazione è molto ma molto più complessa perché riguarda l'esodo di intere popolazioni da un territorio all'altro e nulla ha a che fare con il razzismo ma con la condivisione di tradizioni, abitudini, usi, lingue, costumi. In altri termini se il popolo svedese si trasferisse improvvisamente in Italia i problemi sarebbero esattamente gli stessi.
Metterla in termini di discriminazione razziale impedisce una discussione serena che ancora non è stata avviata ma che deve partire da due presupposti imprescindibili:
1. non è in discussione il salvataggio di vite umane in mare ma la gestione dei flussi a terra;
2. si deve stabilire quale sia la massima capacità ricettiva, in termini di accoglienza,  del Paese.
Chiariti e concordati questi punti, si può iniziare a discutere di tutto il resto. 
Già questa sarebbe di per sè una prova di maturità per noi tutti.

martedì 26 giugno 2018

CALENDARIO PIDDINO

L'intervento di Carlo Calenda ieri sera a Otto e mezzo su La7 è quanto mai esplicativo del dramma esistenziale che sta vivendo un intero ceto politico. Costoro hanno vissuto per decenni di una lucrosissima rendita di posizione che gli derivava dall'aver occupato e coperto ideologicamente lo spazio politico di rappresentanza dei ceti popolari, della piccola borghesia impiegatizia, mercantile ed artigiana.
Autoproclamandosi figli della Resistenza e monopolizzandone l'offerta culturale, sono riusciti a controllare per decenni il consenso elettorale, impedendo che forze autenticamente popolari venissero fuori, anche stringendo accordi con parti del blocco conservatore afferenti alla media e grande borghesia industriale e finanziaria.
La certezza di tale posizione privilegiata passava, infatti, per l'occupazione manu militari della carta stampata ed un controllo ferreo dell'informazione radio-televisiva, non a caso affidata ad un oligopolio collusivo tra pubblico e privato.
Tutto ciò è venuto meno con l'avvento della rete che ha costruito nuovi circuiti alternativi di comunicazione sociale, policentrici, e che ha permesso la nascita di una nuova forza politica, il M5S, e la riconfigurazione su scala nazionale di un partito come la Lega, con una forte impronta territoriale, paradossalmente sollecitata proprio dalla vecchia nomenklatura ad espandersi fuori dai confini tradizionali per fronteggiare la 'minaccia' pentastellata.
Ma per l'eterogenesi dei fini, le due forze chiamate dal vecchio establishment a fronteggiarsi per annullarsi reciprocamente, hanno finito per sottrarsi ad un destino già scritto, inventandosi dopo faticosa elaborazione un inedito contratto di governo.
Insomma, è successo quello che nessuno poteva solo semplicemente immaginare fino a qualche settimana fa: da una contrapposizione detrattiva, M5s e Lega hano dato vita ad una inaspettata formulazione additiva.
Adesso la vecchia nomenklatura che fa capo al PD e a FI, dal centro della scena si vede improvvisamente sospinta ai margini dai marosi dell'indignazione di massa, spezzati gli ormeggi che ne garantivano a tempo indeterminato la permanenza in un porto politico sicuro, crocevia dei grandi affari e centro di definizione delle scelte strategiche nello scacchiere internazionale.
Ecco che Calenda, da pariolino doc e piddino dell'ultima ora, si chiede: che cosa dobbiamo fare per riconquistare il paradiso terrestre, quando ci facevamo gli affari nostri dietro una raffazzonata ma efficace copertura ideologica?
Non a caso, Calenda non ne fa una questione di contenuti (che per riflesso di nomenklatura non possono che restare gli stessi ed inconfessabili) ma di contenitori e di nuovi testimonial: cosa dobbiamo inventarci, a livello di aggregazione politica e di personaggi da lanciare nella mischia, per tornare, in quanto oligarchia, al centro della scena? Il cosiddetto 'fronte repubblicano'?
Ieri sera dalla Gruber l'unica cosa che non gli interessava chiedersi (e che, ad onor del vero, nessuno dei convenuti gli chiedeva, a parte Marco Damilano) è 'per fare cosa'.
O meglio, quello era scontato: costruire una narrazione che, con la scusa di difendere gli interessi delle masse, riporti sotto mentite spoglie la vecchia classe dirigente, l'élite, nella stanza dei bottoni.
E che le masse tornino ad essere ciò che gli oligarchi pretendono che siano da sempre: informi e acefale, ovvero soggette a tutela.
La loro, evidentemente.

venerdì 1 giugno 2018

Grazie a due eroi dei nostri tempi, Beppe e Gianroberto, con il governo Conte, nasce la III Repubblica.

Con il giuramento del Prof. Giuseppe Conte e dei suoi ministri al Quirinale e la nascita dell'inedito governo giallo-verde M5S-Lega, si può dire che nasca la III Repubblica. 
Un ringraziamento particolare va tributato a GianRoberto Casaleggio e a Beppe Grillo, che hanno reso possibile ciò che fino a ieri sembrava solo un sogno: la cacciata della vecchia partitocrazia, incompetente e parassitaria, antidemocratica e corrotta, dal Palazzo.
Qualcuno eccepisce che la Lega sia parte della partitocrazia.
No, la Lega non è ancora partitocrazia. 
E' partitocrazia chi governa da tempo immemore avendo mutato tutto delle proprie sembianze per non mutare nulla della propria identità: ovvero il partito Stato, quello che riunisce la dirigenza dei grandi partiti di massa degli anni 60, rimasti tali fino alla caduta del muro.
Costoro si sono riciclati nelle nuove formazioni politiche ed in infinte sigle: il PCI, PSI, diventati PDS, DS e poi PD con i suoi cespugli; la DC diventata PP, poi  UDC, UDEUR, CDC, Margherita, tutti confluiti nel PD, Scelta Civica, FI, ALA, ecc.
Ecco quel blocco sociale, che ha dissanguato le casse pubbliche e soffocato la democrazia italiana, usando strumentalmente l'appartenenza ideologica per perpetuare se stesso al vertice delle Istituzioni, oggi è stato messo nelle condizioni di non nuocere. 
Ci hanno rubato il passato, distruggendo le basi del contratto sociale, tradendo sistematicamente le istanze popolari che avrebbero dovuto rappresentare, ma non potranno fare altrettanto per il futuro. 
E di questo va innanzitutto reso onore e merito a Beppe Grillo. 
Che può ritenersi a tutti gli effetti il padre della III Repubblica.
Eterna riconoscenza a questo eroe dei nostri tempi.

sabato 24 marzo 2018

La purga di Massimo Gramellini


Vergognosa trasmissione stasera su RaiTre di Massimo Gramellini che ironizza sulla elezione di Fico e Casellati alla presidenza di Camera e Senato, cercando di mettere in luce il fatto che il voto elettorale sarebbe stato tradito dalla nomina della più berlusconiana di tutti al Senato, insinuando che il M5S abbia rinnegato la sua idiosincrasia nei confronti di Berlusconi.
Poi fa vedere che l'unica cosa che avrebbe fatto la giunta Raggi oggi a Roma è di occultare il murales che rappresenta un surreale bacio tra Di Maio e Salvini, fotografato dai quotidiani della partitocrazia.
Questo non è servizio pubblico è pubblica gogna organizzata da giornalisti di area piddina.
Ah, dimenticavo: chi è l'ospite chiamato a commentare le nomine di oggi? Ma naturalmente, una persona veramente super partes, il direttore di Repubblica Mario Calabresi, quello della fake news sulla chat whatsapp tagliata tra Di Maio e Raggi, di cui non ha mai chiesto scusa.
Bisognerà il prima possibile mettere mano alla Rai, oggi occupata manu militari dal PD.

Il cammello è passato per la cruna dell'ago: il cittadino Roberto Fico presidente della Camera!!!

Roberto Fico presidente della Camera: bellissima notizia. Grandissima soddisfazione: oggi si festeggia!
Uno vale uno: uno di noi, senza appartenere alla nomenklatura, senza natali illustri, un figlio del popolo, è diventato terza carica dello Stato.
Senza il M5S tutto questo sarebbe stato impossibile.
Dopo 70 anni il cammello è passato per la cruna dell'ago.
Evviva!!!

martedì 20 marzo 2018

Uscire dall'Euro? La cosa più facile del mondo...


 Su Byoblu, l'intervento dell'economista Marco Saba:


Al di là del merito della proposta, che comunque sembra molto valida, l'intervento di Marco Saba riesce con poche battute finalmente a smontare la tesi principale degli euristi secondo la quale, a questo punto, a prescindere dal giudizio che si possa dare sulla decisione di aderire alla moneta europea a suo tempo presa dalla nostra classe dirigente, ormai sarebbe materialmente impossibile o tecnicamente improponibile (perché troppo difficoltoso) tornare indietro.
Se ne trae invece il fermo convincimento che i grandi media, accampando difficoltà tecniche (che o non esistono o comunque sono facilmente superabili!), stanno al gioco di chi, piuttosto, difende l'euro sulla base di motivazioni squisitamente politiche, ma che non ha il coraggio di ammettere.
In altri termini: chi ci dice che è impossibile uscirne lo fa soltanto perché politicamente non riesce a trovare ragioni sufficienti a sostegno della moneta unica e si rifugia truffaldinamente nel tecnicismo per eludere le vere ragioni, inconfessabilmente politiche, della propria sudditanza al feticcio dell'euro. A questo punto sussistono tutti i dubbi per ritenere che l'asservimento dell'economia italiana ai diktat europei non sia stato un mezzo ma il fine ultimo dell'adesione all'euro: una cessione della sovranità nazionale fatta surrettiziamente in palese violazione della carta costituzionale, senza mai interpellare i cittadini.
Sorge un sospetto, atroce: va a finire che c'è del dolo, non semplicemente colpa, nell'aver voluto rinunciare alla sovranità monetaria? E che possa pendere sul capo di qualcuno l'accusa di collaborazionismo?