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domenica 17 marzo 2013

Bersani per salvare se stesso sacrifica il PD

La giornata di ieri ha visto in Parlamento il proseguimento del più bieco tatticismo del partito democratico, già esibito nella giornata di inaugurazione della legislatura, nonostante a conti fatti siano stati eletti due illustri personalità, fra l'altro estranee al mondo della politica, che sicuramente, dai loro alti scranni, potranno fare nient'altro che bene.
Pierluigi Bersani, alla spasmodica ricerca di un ticket da Napolitano che gli consenta di avere l'incarico pieno in vista delle consultazioni per la formazione del nuovo governo, ha così sacrificato sull'altare delle proprie ambizioni il tandem Franceschini-Finocchiaro, per convergere a notte fonda sui nomi che poi sarebbero risultati eletti.
Una decisione talmente verticistica che ieri mattina, di fronte alla lapide che ricorda le vittime della strage di Via Fani nella ricorrenza del 35° anniversario, alcuni dirigenti del PD ancora non ne erano ben a conoscenza.
Tanto per rispondere alla leggenda metropolitana, abilmente rilanciata dai media, secondo cui mentre nel M5S tutto verrebbe deciso esclusivamente dal duo Grillo - Casaleggio, nel PD si respirerebbe ben altra aria di libertà e tutto si svolgerebbe alla luce del sole: anzi,  soltanto a seguito di una discussione assembleare e, per di più, all'unaninimità.
Ma a scomporre questo quadretto idilliaco, ci sono all'interno del PD i molti mugugni in corso e l'ira di quanti (non pochi!), sono stati presi in contropiede dall'iniziativa del segretario.
Il voto a Laura Boldrini e Piero Grasso di fatto stravolge l'identità politica del partito democratico che, nonostante i numeri esagerati ottenuti con la legge elettorale porcata (con il 25% dei voti il PD capeggia una coalizione a cui è andato un mostruoso premio di maggioranza del 55% dei seggi!), ha dovuto ripiegare su figure del tutto estranee al suo entourage per le massime cariche delle aule parlamentari.
Come se lo stesso segretario implicitamente riconoscesse che la tessera PD di fronte alla pubblica opinione vada tenuta nascosta.
In breve, Bersani ha sparigliato il gioco, con un duplice effetto: ha assestato un colpo formidabile all'immagine del PD, perorando presso il Colle la propria personalissima causa, ed ha creato scompiglio nelle fila del Movimento 5 Stelle. 
Un colpo di scena con cui sacrifica l'apparato del partito per sostenere la sua candidatura a premier: un doppio salto mortale, foriero di sviluppi tutt'altro che prevedibili. 
Nella partita delle presidenze delle camere, dire quindi che abbia vinto il PD è una bugia pietosa: ha vinto Bersani che paradossalmente al suo interno è diventato più debole e in evidente deficit di credibilità.
Quanto al M5S, è probabile che almeno una decina di senatori abbia votato contro le indicazioni di maggioranza. 
Qui si apre un caso politico: si possono disattendere le decisioni di gruppo per votare a ranghi sparsi? 
Evidentemente no, soprattutto se questo avviene alla prima occasione che conta: i senatori che hanno disobbedito agli ordini di scuderia, come dice Grillo, per quell'obbligo di trasparenza nei confronti dei propri sostenitori, lo dovrebbero dichiarare pubblicamente, assumendosene tutte le responsabilità. 
Il che non significa vederli espulsi dal gruppo ma ammonirli ufficialmente.
Uno vale uno, non significa che ognuno fa quello che gli pare, con buona pace dei media tendenziosi che puntano a far cadere il M5S nel caos. 
Del resto, la disciplina di gruppo è un valore in sé, come avviene per tutte le forze parlamentari: che cosa sarebbe successo ieri se 35-40 deputati del PD, contro le indicazioni del segretario, avessero votato per Franceschini??
Per quanto riguarda poi gli elettori del M5S che già dopo due giorni di apertura del Parlamento dichiarano pubblicamente di essersi pentiti del voto dato solo venti giorni fa, è chiaro che, nella migliore delle ipotesi, sono semplicemente voti a perdere e la velocità del loro pentimento tradisce la loro totale inaffidabilità e mutevolezza d'opinione. 
Guai a inseguire umoralmente queste persone, ne va dell'identità del movimento che rischia altrimenti di trasformarsi nella stampella sinistra del partito democratico, perdendo la sua carica di innovazione e, in pochi mesi, il suo straordinario appeal politico.
E' vero, nel ballottaggio tra Schifani e Grasso, a mente sgombera dal tatticismo partitico, sembrerebbe assurdo non optare per Grasso ma nell'ipotesi che avesse prevalso Schifani, la responsabilità sarebbe ricaduta in toto sul PD che, con la sua mossa tatticamente spregiudicata, ha intenzionalmente voluto mettere il M5S in un angolo. 
Possibile che il M5S, prima forza politica alla camera (un sondaggio del 15/3 lo dà al 30% delle intenzioni di voto, 5 punti sopra il PD!), non avesse diritto ad una presidenza e che il PD non potesse fare un gesto distensivo in questa direzione?
Lascia perplessi anche la mossa del PDL che, da forza di minoranza, ripresentando  Renato Schifani ha obiettivamente proposto una candidatura debolissima, quasi sospetta. 
Una sorta di inconfessabile mossa a tenaglia tra PD e PDL ai danni del M5S (non a caso Berlusconi ha attaccato ieri non il PD ma Grillo, trattenendo la delusione e limitandosi a far dichiarare che il PD aveva così fatto incetta di cariche istituzionali), prova tecnica di un inciucio prossimo venturo.
Ecco perché i senatori del M5S che hanno votato Grasso, al di là della persona, hanno commesso un madornale errore politico. 
Per questa volta passi: perché è compito anche di Beppe Grillo spiegare per bene a dei neofiti, al di là delle regole interne, come funziona la politica e in cosa si traduce l'esasperato tatticismo dei suoi principali esponenti.
Errare è umano... ma la prossima volta perseverare sarebbe diabolico.

venerdì 15 marzo 2013

PD e PDL se ne infischiano dell'Italia e votano scheda bianca!


Che PD e PDL abbiano dato avvio alla nuova legislatura votando ripetutamente scheda bianca per i presidenti di Camera e Senato fotografa, meglio di tante parole, come i vecchi partiti della Casta non solo non si rendano conto della gravità della situazione ma, quel che è peggio, non abbiano in nessuna considerazione l'opinione dei cittadini, nonostante il segnale emerso dalle urne solo venti giorni fa sia stato inequivocabile. 
Ancora una volta il meglio della giornata politica è venuto proprio dal M5S che pure i media in queste settimane hanno avuto la 'premura' di lavorare come un'armata brancaleone, pattuglia disordinata di dilettanti allo sbaraglio che non conoscono le regole del gioco, di estrema rozzezza ed impreparazione.
Eppure, come d'incanto, anche in questo delicato frangente hanno mostrato senso di responsabilità ed attaccamento istituzionale, una compattezza ed un'unità d'intenti veramente inusuali per i ritmi paludati del teatrino parlamentare, designando e votando i propri candidati, senza accordi sottobanco con nessuno. 
Di più, con il massimo rispetto per la democrazia, i loro capigruppo hanno dichiarato che tutte le riunioni con i rappresentanti degli altri partiti avverranno sempre in diretta streaming, ovvero alla luce del sole. 
Così che tutti i citadini, non solo i loro elettori, siano messi al corrente degli accadimenti in tempo reale e possano giudicarli direttamente, senza nessuna intermediazione mediatica: predicare bene, quindi, per razzolare meglio!
Quelli che invece hanno sgovernato il Paese per vent'anni e che hanno ancora la presunzione di continuare a governarlo nei secoli dei secoli, ovvero lo smacchiatore di giaguari e aspirante premier Pierluigi Bersani e il suo omologo Silvio Berlusconi, momentaneamente al riparo dalla magistratura nella suite del San Raffaele, giocano ad un irresponsabile e vergognoso risiko votando e facendo votare scheda bianca, dimostrando che loro la politica, come se non fosse successo niente, la continuano a fare come sempre, ovvero sottobanco, dietro le quinte, tentando di stringere all'ombra del Palazzo accordi scellerati e patti inconfessabili. 
Tant'è che non hanno ancora, dopo un giorno di inutili di votazioni, neppure la più pallida idea di quale possa essere il loro candidato per le due presidenze!!!
Una personalissima partita a poker, da incalliti e spregiudicati giocatori,  fatta alle spalle di un'Italia agonizzante che li fissa con lo sguardo attonito e rabbioso.
Tuttavia per i media è sempre Beppe Grillo l'irresponsabile....
Con tutta sincerità, si può onestamente scendere a patti con personaggi del genere che, quando sono a favore di telecamera, professano sconfinata lealtà istituzionale ma dietro le quinte giocano d'azzardo sulla pelle del Paese?
E Bersani ha pure il coraggio di sbottare: «c'è crisi e perdiamo tempo!»



sabato 9 marzo 2013

La petizione-civetta di Repubblica: un'OPA ostile contro Grillo

Che il gruppo L'Espresso-Repubblica si sia trasformato in una formidabile macchina del fango puntata contro Beppe Grillo e il suo movimento è ormai cosa nota: non c'è giorno in cui non compaia un pezzo di carattere diffamatorio e di odio viscerale nei confronti del leader o degli attivisti del M5S. 
Non staremo qui a ripercorrere la lunga sequela di ingiurie nei suoi confronti, molte delle quali troveranno soddisfazione evidentemente soltanto in Tribunale. O i mille tentativi, ancora in corso in queste ore, per sbatterlo fuori dal movimento di cui è primo fondatore, capo carismatico, garante, portavoce, anima.
L'obiettivo dichiarato è infatti, per dirla alla Bersani, quello di fare scouting cioè di fare campagna acquisti tra i  neoeletti del movimento per permettere ai trombati del PD, dal suo segretario a Veltroni, a D'Alema, a Fassino, alla Finocchiaro, alla Bindi e compagnia perdente, di dettare ancora le regole del gioco e di piazzare i propri uomini nelle istituzioni e nei gangli vitali della pubblica amministrazione, proprio come se il 24-25 febbraio non ci fossero mai stati.
E' evidente, che con questo po' po' di pedigree, il gruppo editoriale di Carlo De Benedetti, tessera n. 1 del PD e residenza fiscale in Svizzera (W l'Italia...), sia il pulpito meno indicato per analizzare le dinamiche dell'unica forza politica uscita vittoriosa dalle ultime consultazioni con un risultato, qualcuno fa finta di non ricordarlo, assolutamente straordinario. Né tanto meno per dispensare suggerimenti e moniti sulla linea politica che il M5S dovrà tenere di qui alle prossime settimane. 
Ci mancherebbe altro che proprio coloro che contro Grillo hanno abbracciato su scala industriale il metodo Boffo, ovvero l'intimidazione e la delegittimazione come pratica di informazione quotidiana, possano farsi paladini di una qualche battaglia civile. Meno che meno di una petizione indirizzata agli attivisti e ai parlamentari del M5S per costringerli ad appoggiare nei prossimi giorni un governo a guida PD. 
Eppure Repubblica, in una fase di passaggio istituzionale così difficile e senza precedenti, dà fuoco alle polveri di una lampante e gravissima scorrettezza costituzionale, interferendo pesantemente con la fisiologica dialettica in corso tra le forze politiche prima ancora che si apra il Parlamento, per lanciare una petizione trappola, una vera e propria OPA ostile contro il movimento di Grillo.
Parecchi cittadini, non conoscendo la posta in gioco e i veri obiettivi di Scalfari & c., potrebbero ingenuamente abboccare, apponendo la propria firma su un'iniziativa apparentemente meritoria. 
Trattasi, però, di una gigantesca operazione di manipolazione del consenso che, carpendo la buona fede di quanti, legittimamente, pretendono di avere a breve finalmente un governo che affronti le grandi emergenze del paese, punta alla più spudorata delle operazioni gattopardesche: dichiarare di voler cambiare tutto per non cambiare nulla, così che quegli stessi politici che i cittadini, non solo Grillo, hanno cacciato dalla porta possano comodamente rientrare dalla finestra, magari proprio  grazie al montacarichi messo gentilmente e gratuitamente a disposizione dal gruppo L'Espresso-Repubblica.
Che nel frattempo, prosegue senza soste, la guerra contro il Movimento 5 Stelle, cercando di demolirne mediaticamente non solo i nuovi quadri dirigenti ma la stessa onorabilità del suo leader. 
L'inchiesta farlocca sugli investimenti dell'autista di Grillo in Costarica è quanto di più squallido e vergognoso, nella sua insulsa e totale inconsistenza, sia potuto uscire dalla penna di un giornalista e fatto deragliare  inopinatamente in edicola, senza neanche prendersi la briga di cercare più di tanto dei riscontri. 
Eppure il settimanale di via Colombo vi  dedica a tambur battente la copertina.
Forse s'illudono che Grillo possa essere combattuto con gli stessi mezzi usati in questi anni con Berlusconi, ovvero con una sistematica denigrazione non della sua politica (che in fondo hanno sempre largamente condiviso, tanto da appoggiare con entusiasmo il governo Monti),  ma accendendo i fari sul suo corposo curriculum giudiziario. 
Questa volta, però, sfortunatamente per loro, con il leader genovese  cascano male e il tanto strombazzato scoop rischia di rivelarsi un pericoloso boomerang.
Staremo a vedere.
Per cogliere all'istante il frutto avvelenato di questa torbida operazione di Palazzo, basta comunque osservare che la petizione non è rivolta al gruppo dirigente del PD, vero sconfitto di queste elezioni, a cui il buon senso prima ancora che l'analisi dettagliata del voto avrebbe già dovuto suggerire le immediate e irrevocabili dimissioni collettive per giungere al più presto ad un  Congresso straordinario che sancisca il totale rinnovamento della sua Direzione nazionale, a cominciare dal segretario Bersani. 
Eppure sarebbe stato auspicabile che qualcuno, vicino al patetico  smacchiatore di giaguari, gli consigliasse prudenza e di astenersi dall'intimare ultimatum allegando una risibile lista di 8 punti, che tanto rassomiglia ad un pessimo abbozzo di sceneggiatura per una futura commedia degli equivoci.
Né l'iniziativa di Largo Fochetti è rivolta  genericamente ai rappresentanti di tutte le forze politiche perché diano, in questo difficile momento, prova di moderazione e di responsabilità, iniziando ad anteporre gli interessi del Paese ai propri. No! 
La petizione-civetta è rivolta espressamente ed unicamente al Movimento 5 Stelle ed ospitata sulle pagine proprio di quel giornale che in questi anni si è contraddistinto, nel panorama editoriale italiano già così plumbeo e dilaniato da lotte intestine, per la virulenza degli attacchi contro Grillo e i suoi ragazzi, con lo scopo dichiarato di tentare in qualche maniera di  fargli  terra bruciata.
Ci dispiace che personalità come Salvatore Settis, Roberta De Monticelli, Barbara Spinelli, pure nella sicura generosità del gesto e del sincero interesse per il bene comune, animati come immaginiamo dalle migliori intenzioni, prestino la loro firma ad un'operazione così profondamente di parte e antidemocratica.
Perché lasciare che questa petizione sia usata come una clava  da un gruppo di oligarchi contro quella che è diventata la prima forza politica italiana, significa non solo non aver compreso intimamente il significato del voto popolare ma di tentare prepotentemente di deviarne, se non proprio di sovvertirne, l'esito.