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lunedì 18 marzo 2013

Le sinergie disinformative questa settimana a Prima Pagina

Un qualsiasi cronista dovrebbe saper fare bene il suo mestiere, sempreché questo consista nell'informare i cittadini nel modo più chiaro, completo e rispondente ai fatti che lui intende raccontare.
A maggior ragione se si tratta del vicedirettore di uno dei due quotidiani con maggiore tiratura nazionale. Questa mattina Massimo Giannini per raccontare ai lettori di Prima pagina, la popolare trasmissione del mattino di RadioTre,  le vicissitudini del voto dentro il gruppo parlamentare del M5S per la presidenza del Senato,  legge il resoconto di Fabrizio Roncone intitolato"Sul blog va in diretta la spaccatura. Scoppia il  caso del commento sparito":
"La notizia è questa: da qualche ora, nel Web gira, rimbalza, divampa il forte sospetto che, sul blog di Beppe Grillo, un cospicuo numero di commenti critici rivolti al comico dai militanti del Movimento 5 Stelle sia stato censurato. Tecnicamente, censurato.
Li hanno proprio fatti sparire, certi commenti. Ci sono le prove.
Ma andiamo con ordine, perché la Rete, Web, Internet, è ancora per molti un mondo pieno di ombre, di mistero.
Ricostruiamo allora fatti, circostanze, cronologie.
E partiamo dalle 23.02 di sabato. Da quando Grillo pubblica sul suo blog, e in automatico anche su Twitter e su Facebook, il commento a quanto è accaduto poche ore prima al Senato, dove una dozzina di suoi parlamentari ha votato a favore di Pietro Grasso, consentendone l'elezione a presidente.
L'ordine di Grillo e Casaleggio, fatto pervenire al capogruppo Vito Crimi, era stato esplicito: «Votate scheda bianca». Crimi però non riesce a convincere i suoi, che decidono secondo coscienza. Un atto sorprendente, inatteso, con dentro un mucchio di cose: ribellione, libertà dipensiero, autonomia di voto, appoggio esplicito al Pd.
Grillo si prende giusto il tempo di riordinare le idee, poi va giù durissimo. Il succo del suo messaggio è questo: il voto segreto non ha senso, non permette trasparenza, e per questo voglio che ciascun senatore dichiari per chi ha votato; nel codice di «comportamento» del M5S è scritto che le votazioni in aula si decidono a maggioranza, è un obbligo, e chi si è sottratto a quest'obbligo, spero ne tragga le dovute conseguenze, e si dimetta."
Si dà il caso che Beppe Grillo non ha mai pronunciato queste parole "e si dimetta" che gli si vogliono mettere in bocca: chi meglio del suo blog lo documenta
Eppure, disinformazione chiama disinformazione, Giannini, senza battere ciglio, legge il pezzo in cui è stata aggiunta l'espressione.
Ma il vicedirettore di Repubblica sa benissimo che cosa ha scritto Grillo, dato che è sotto gli occhi di tutti!
Si costruisce, quindi, a tavolino un'intera  vicenda sul nulla, tanto per far passare il vertice del M5S come guidato da un gruppo di  pazzi scriteriati.
Scriteriati che, guarda un po', hanno in poco più di cinque anni, malgrado l'Italia sia al 57° posto per la libertà di stampa e la cappa soffocante del duopolio RAI-MEDIASET, pure senza un soldo, scardinato la politica degli ultimi vent'anni, cambiato la storia d'Italia, proposto un modello di democrazia diretta, portato in Parlamento una nuova forza politica con il 25 % dei voti, spalancando l'Europa al movimento, essendo osservati con ammirazione in tutto il mondo... c'è altro da aggiungere?
Forse che Grillo voglia veramente cacciare i suoi senatori che, in crisi di coscienza, hanno ingenuamente votato per Grasso temendo la vittoria dell'impresentabile Schifani? 
Neanche per sogno! Ha semplicemente ribadito un concetto lapalissiano: per un movimento che ha fatto della trasparenza  e dell'onestà il suo tratto distintivo, non è ammissibile che i suoi rappresentanti in parlamento possano trincerarsi dietro il voto segreto per disattendere le indicazioni del gruppo, quando queste siano state concordate a maggioranza e non all'unanimità.
Per cui, essi devono essere consapevoli che qualora agiscano singolarmente in contraddizione con le decisioni del collettivo, si pongono giocoforza al di fuori di esso.
E' una cosa così sconvolgente? 
Repetita iuvant:  se 35-40 deputati del PD, contro le indicazioni del segretario Bersani, avessero votato per Franceschini, adesso che fine avrebbero fatto?? Si sarebbe aperto, sì o no, un caso politico?
Ma allora perché Repubblica e il Corriere scatenano la madre di tutte le battaglie mediatiche contro Grillo, addirittura pubblicando le immagini dei commenti dei troll? Sì, perché, da brave verginelle, la censura dei commenti non è forse, insieme a diffamazione e disinformazione, una delle loro migliori specialità?
Lo ripetiamo ancora una volta: il matematico Pierluigi Odifreddi, blogger di punta di Largo Fochetti, si è visto addirittura sparire un suo post dal blog, senza preavviso, semplicemente perché le sue valutazioni sulla condotta del governo di un paese estero, non piacevano alla direzione del giornale.
E adesso tutti a cadere dalle nuvole perché Grillo, quale garante del Movimento davanti ai cittadini, sottolinea ai parlamentari pentastellati la violazione di un codice deontologico che proprio gli attivisti e i candidati del M5S si sono spontaneamente dati e impegnati a rispettare.
Ma allora perché tanto clamore? 
Semplice: i giornali della Casta vogliono impedire che Grillo possa spezzare quel vergognoso gioco di sponda che PD e PDL, amici-nemici inseparabili, stanno mettendo in atto, attraverso incontri catacombali, per neutralizzare il pericoloso civismo della pattuglia dei giovani del M5S. 
Le parole di Marco Travaglio, nel suo editoriale di oggi su Il Fatto Quotidiano, sono cristalline (ahimè, lo stesso non può dirsi delle dichiarazioni di altri collaboratori di questo giornale):
«Grillo, non essendo presente in Parlamento, deve rassegnarsi: i parlamentari di M5S saranno continuamente chiamati a votare sul tamburo, spesso con pochi secondi per riflettere, quasi sempre col ricatto incombente di dover scegliere il “meno peggio” per sfuggire all’accusa del “tanto peggio tanto meglio”, e neppure se volessero potranno consigliarsi continuamente con lui (che sta a Genova) e col guru Casaleggio (che sta a Milano). 
È la normale dialettica democratica, che però nasconde un grave pericolo per un movimento fragile e inesperto come 5 Stelle: la continua disunione dei gruppi parlamentari che, se non si atterranno alle regole che si sono dati, si condanneranno all’irrilevanza, vanificando lo strepitoso successo elettorale appena ottenuto. La regola non può essere che quella di decidere a maggioranza nei gruppi e poi di attenersi, tutti, scrupolosamente a quel che si è deciso. Anche quando il voto è segreto. Le eventuali eccezioni e deroghe vanno stabilite in anticipo, e solo per le questioni che interrogano le sfere più profonde della coscienza umana. 
Nelle prossime settimane il ricatto del “meno peggio” si ripeterà per la presidenza della Repubblica, per la fiducia al governo, per i presidenti delle commissioni di garanzia. 
Ogni qualvolta si fronteggerà un candidato berlusconiano e uno del centro o del centrosinistra, ci sarà sempre qualcuno che salta su a dire: piuttosto che Berlusconi, meglio D’Alema; piuttosto che Gianni Letta, meglio Enrico; piuttosto che Cicchitto, meglio Casini. Se ciascuno votasse come gli gira, sarebbe la morte del Movimento, che si ridurrebbe a ruota di scorta dei vecchi partiti, tradendo le aspettative dei milioni di elettori che l’hanno votato per spazzarli via o costringerli a rinnovarsi dalle fondamenta. ll che potrà avvenire solo se M5S, pur non rinunciando a fare politica, manterrà la sua alterità e sfuggirà a qualsiasi compromesso al ribasso, senza lasciarsi influenzare dai pressing dei partiti e dai media di regime».
Ai simpatizzanti del M5S bisogna dare solo un consiglio: non fatevi fregare dai mistificatori, dai falsari, da quelli come Massimo Giannini maestri nelle cosiddette sinergie disinformative: costruire teoremi falsi partendo da fatti inesistenti o distorti.
E con la stessa baldanza disinformativa che il Corriere.it stasera può titolare: "Espulsioni, possibile marcia indietro", ma Grillo oggi non fa alcuna marcia indietro: al contrario, ribadisce per filo e per segno il suo pensiero.
Ma anche Repubblica non vuole rimanere indietro nella fiera della vergogna: estrae, da un video mandato in onda da Le Iene  ieri sera, che dura circa 5 minuti, in cui si riportano le imbarazzanti risposte di alcuni onorevoli a semplici domande,  soltanto la domanda rivolta alla deputata padovana Gessica Rostellato, del Movimento 5 Stelle, omettendo le più imbarazzanti risposte dei deputati del PD.
Con tutta franchezza, si può continuare con questo scempio organizzato della verità? 

martedì 19 febbraio 2013

Ma che sta succedendo? Repubblica comincia ad abbassare i toni...

Merita senz'altro una segnalazione in tempo reale la prima parziale apertura di credito che il quotidiano la Repubblica, nell'edizione on line, fa oggi al Movimento 5 Stelle ed al suo leader Beppe Grillo, dopo anni di una sistematica campagna di disinformazione, particolarmente dura negli ultimi mesi, durante i quali l'ex comico è stato accusato, in modo totalmente gratuito e brutale, veramente di tutto. 
Questo blog, nel suo piccolo, più volte ha testimoniato gli attacchi al tempo stesso di una faziosità e di una sconsideratezza senza precedenti, portati avanti prendendo a spunto o spezzoni di frasi di Grillo estrapolate arbitrariamente da una sua uscita pubblica ovvero rilanciando, senza un minimo di vaglio critico e di contestualizzazione, notizie false riprese dalla rete e veri e propri insulti rivoltigli da avversari politici interni o esterni, montandoci sopra polemiche pretestuose e destituite di ogni fondamento. 
Il tutto guarnito con un apparato iconografico  scelto ad hoc per renderlo agli occhi del lettore frettoloso visivamente uno squilibrato e da commenti di contorno intrisi di un'acrimonia talmente ingiustificata e viscerale da sembrare evidentemente sospetta.
Il fondatore Eugenio Scalfari si è in questo distinto mostrando un livello di intemperanza così esacerbato, quasi per fatto personale, attrezzando in fretta e furia il suo giornale da frequentato crocevia della cultura lib-lab a macchina del fango: mutuando le stesse tecniche di comunicazione dei giornali della famiglia Berlusconi.
Un vero abominio mediatico.
Ma allora cos'è successo  perché i toni si siano all'improvviso così smorzati? Guardate la notizia di oggi ripresa dal sito di Repubblica on line:
In taglio centrale, compare per la prima volta in questa campagna elettorale l'onda lunga dello Tsunami Tour

C'è un pure reportage fotografico sulle piazze gremite di folla toccate dallo Tsunami Tour di Beppe Grillo, che, da trionfatore, si appresta a concludere venerdì la maratona elettorale a Roma, proprio a Piazza San Giovanni, traguardo storico delle adunate di sinistra.
Va a finire che i sondaggi, tenuti segreti in queste ore all'opinione pubblica, registrino intenzioni di voto tra gli elettori che spingono ancora più su il M5S, verso un'affermazione elettorale sicuramente senza precedenti  nella storia d'Italia?
E che per questo, dovendo fra soltanto sei giorni, volenti o nolenti, fare i conti in Parlamento con una pattuglia nuova di zecca di 100-200 tra giovani deputati e senatori, un briciolo di saggezza e di opportunismo abbia consigliato Bersani, Scalfari e c. ad abbassare finalmente i toni?
L'Home page di Repubblica alle ore 19,30



giovedì 6 dicembre 2012

E la Corte Costituzionale incoronò Re Giorgio I sovrano assoluto

A margine della sentenza della Consulta che dà piena ragione a Giorgio Napolitano nello scontro da lui ingaggiato con la Procura di Palermo,  Eugenio Scalfari se la prende di nuovo con quella fetta di società civile, costituita da uomini politici, organi d'informazione e soprattutto insigni giuristi che nei mesi scorsi si sono maggiormente spesi affinché da parte del Presidente della Repubblica finalmente derivasse un atto di ravvedimento e di ragionevolezza costituzionale rinunciando alla clamorosa iniziativa intrapresa nel luglio scorso, ovvero sollevare un inaudito conflitto di attribuzione contro i pm palermitani per la nota vicenda delle intercettazioni di sue telefonate con  l'indagato Nicola Mancino, nel pieno di una scottante indagine giudiziaria tesa a mettere in luce le contiguità esistenti tra apparati deviati dello Stato e Cosa nostra, all'origine del biennio stragista 1992-1993.
Notte fonda della nostra storia repubblicana (è sempre il caso di ricordare a chi finge di ignorarlo per intrupparsi in una anacronistica e veramente poco appassionante battaglia ideologica volta a proclamare il potere assoluto del capo dello Stato!), sfociata negli assassini a due mesi di distanza di Giovanni Falcone,  di Paolo Borsellino e delle loro scorte e dei successivi massacri di Roma, Firenze, Milano della primavera-estate del '93.
Una stagione eversiva alla cui definizione storica e giudiziaria a vent'anni di distanza, in un Paese normale, tutte le forze sane dovrebbero contribuire con sincerità, all'unisono e senza risparmio di energie, innanzitutto per dare giustizia alle vittime e costruire finalmente un futuro di trasparenza e legalità per l'intera comunità nazionale.
Men che meno, frapporre, anzi, millantare presunte prerogative costituzionali del primo cittadino la cui asserita tutela viene inevitabilmente ad intralciare il regolare svolgimento dell'attività giudiziaria in uno scenario così fosco.
Il verdetto della Corte Costituzionale dopo cinque mesi, facendo prevalere l'interesse del Presidente della Repubblica a vedere distrutte le sue intercettazioni indirette con Mancino, finisce per mettere il Quirinale al di sopra della legge, attribuendogli una supremazia giuridica che lo Stato di diritto non può evidentemente contemplare.
Bisognerà aspettare le motivazioni di questa sentenza ma già da adesso si può affermare che, per effetto di essa, la stessa Costituzione e l'equilibrio dei poteri ne risultano gravemente deformati, destrutturati, forse irrimediabilmente compromessi.
Quella  pronunciata dalla Consulta è una sentenza che contraddice se stessa, la sua natura e la sua funzione di organo costituzionale, e che ha molto a che fare con una scelta contingente di convenienza politica, come paventava l'estate scorsa il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky proprio dalle colonne di Repubblica.
Eppure il fondatore di questo giornale, rimasto sordo a tutte le numerosissime argomentazioni che da settori importanti e autorevoli dell'opinione pubblica sono state avanzate per consigliare prudenza a Napolitano e tirando dritto su una impervia e pericolosa china, così ha avuto l'ardire di commentare
"Quello compiuto da alcune forze politiche e mediatiche non è dunque un errore commesso in buona fede ma una consapevole quanto irresponsabile posizione faziosa ed eversiva che mira a disgregare lo Stato e le sue istituzioni. Sembra quasi un fascismo di sinistra."
Ecco, le sue sono esattamente le parole che un vecchio fascistone userebbe, preferibilmente dopo una mimetizzazione di lungo corso nel nebulosissimo e non identificato liberalismo di sinistra, per celebrare l'incoronazione, per volontà di Dio, del monarca assoluto Re Giorgio I da parte di una Corte Costituzionale ormai autodegradatasi a tappezzeria quirinalizia.

mercoledì 14 novembre 2012

Vergognosi titoli contro Grillo

Sul suo blog, Beppe Grillo scrive:

"Polizia, chi stai difendendo? Chi è colui che colpisci a terra? Un ragazzo, uno studente, un operaio? E' quello il tuo compito? Ne sei certo? Non ti ho mai visto colpire un politico corrotto, un mafioso, un colluso con la stessa violenza. Ti ho visto invece scortare al supermercato una senatrice o sfrecciare in moto affiancato ad auto blu nel traffico, a protezione di condannati in giacca e cravatta, di cosiddetti onorevoli, dei responsabili dello sfascio sociale che invece di occuparsi dello Stato si trastullano con la nuova legge elettorale per salvarsi il culo e passano le serate nei talk show. Di improbabili leader a cui non affideresti neppure la gestione di un condominio che partecipano a grotteschi confronti televisivi per le primarie. Loro "non tengono" vergogna, tu forse sì. Lo spero. Soldato blu, tu hai il dovere di proteggere i cittadini, non il Potere. Non puoi farlo a qualunque costo, non scagliando il manganello sulla testa di un ragazzino o di un padre di famiglia. Non con fumogeni ad altezza d'uomo. Chi ti paga è colui che protesta, e paga anche coloro che ti ordinano di caricarlo. Paga per tutti, animale da macello che nessuno considera e la cui protesta, ultimo atto di disobbedienza civile, scatena una repressione esagerata. Soldato blu, ci hanno messi uno contro l'altro, non lo capisci? I nostri ragazzi non hanno più alcuna speranza, dovranno emigrare o fare i polli di allevamento in un call center. Tu che hai spesso la loro età e difendi la tua posizione sotto pagata dovresti saperlo. E' una guerra, non ancora dichiarata, tra le giovani generazioni, una in divisa e una in maglietta, mentre i responsabili stanno a guardare sorseggiando il tè, carichi di mega pensioni, prebende, gettoni di presenza, benefit. Soldato blu non ti senti preso per i fondelli a difendere l'indifendibile, a non schierarti con i cittadini? Togliti il casco e abbraccia chi protesta, cammina al suo fianco. E' un italiano, un'italiana come te, è tuo fratello. è tua sorella, qualche volta, come ieri per gli operai del Sulcis, un padre che ha sputato sangue per farti studiare. Sarà un atto rivoluzionario."

Repubblica  e il Corriere della Sera titolano on line così:

Grillo ai poliziotti: "E' guerra. Unitevi ai ragazzi" (la Repubblica.it)
Grillo agli agenti: "E' guerra. Unitevi ai ragazzi" (Corriere della Sera.it)



Sono titoli vergognosi, perché tradiscono in modo lampante la verità. Vogliono far credere al lettore disattento che Grillo stia soffiando sul fuoco e voglia alimentare la guerriglia urbana.
E' l'esatto contrario: sta dicendo ai poliziotti di non manganellare i ragazzi, gli studenti, gli operai, chi ha sacrosante ragioni per protestare.
Perché è la Casta ad aver scatenato una guerra tra le giovani generazioni, mettendo gli uni contro gli altri, mentre assiste impassibile allo scontro sociale, carica com'è di privilegi.
Mettete un fiore nelle vostre fondine, non scagliate il manganello sulla testa di un ragazzo o di un padre di famiglia...
Un inno al pacifismo... alla solidarietà sociale, con parole bellissime.
Un invito a non perdere la calma, per non acuire la tensione.
Ma la disinformazione di regime, finanziata dalle tasche di noi contribuenti, gli mette in bocca ciò che è diametralmente opposto al suo pensiero.
Peggio che ai tempi dell'Unione Sovietica... a giornali unificati!