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venerdì 4 gennaio 2013

E a Rainews24 va in onda Piepoli, l'opinionista della Casta

A Rainews24 il cosiddetto sondaggista Nicola Piepoli, in studio col direttore Corradino Mineo ieri sera al Punto alle 20, nel presentare i risultati sulle previsioni di voto per le prossime Politiche sulla base di un campione di mille interviste, ha indicato con malcelata soddisfazione il Movimento 5S ad un modesto 11%, spiegando poi che la tendenza sarebbe ad un ulteriore forte calo prevedendo come risultato definitivo, tra sessanta giorni, un dato largamente inferiore, perché, secondo lui, la gente ha iniziato a rinsavire...
Mineo è stato costretto subito a prenderne le distanze mentre costui, lungi dal correggersi, rilanciava con un riferimento provocatorio a Erasmo da Rotterdam e al suo Elogio della Follia.
Quale considerazione e credibilità scientifica possa avere chi  si esprime in questi termini e quale attendibilità possano avere i risultati di una sua ricerca è sotto gli occhi di tutti!
Ma il punto è un altro: ci sarà una qualche autorità chiamata ad intervenire per impedire ad un tale personaggio di continuare a fare danni nell'etere pubblico, per giunta in tempi di par condicio?
E, infine: chi gli ha dato l'incarico di scorrazzare per le reti Rai a spargere veleno parascientifico, naturalmente a carico dei contribuenti?
Perché il soggetto non è nuovo a sparate del genere, come documenta un post di Beppe Grillo del maggio 2011.
E' possibile che le regole le debbano rispettare solo  quel pericoloso sovversivo di Grillo e i cittadini comuni, mentre ai corifei della Casta è lasciato campo libero?
Ecco il link:
http://www.rainews24.rai.it/it/video.php?id=31611

venerdì 2 novembre 2012

Federica chi?

La replica piccata della consigliera del M5S Federica Salsi alle parole di Beppe Grillo che dal suo blog aveva cricato aspramente, con il solito linguaggio colorito, la sua partecipazione di martedì sera nel talk show di Giovanni Floris, non si è fatta attendere.
A corto di argomenti, se l'è presa con una battuta al vetriolo con cui dal suo blog l'ex comico genovese aveva stroncato la sua comparsata in tv: "E' stata una delusione. Ha mostrato di essere vittima della cultura berlusconiana di questi anni. E' stato veramente sgradevole. Un maschilista come altri. Dare una connotazione negativa a una qualità delle donne è roba da medioevo. Veramente degradante".
In precedenza nel post "Il talk show ti uccide, digli di smettere" Grillo aveva scritto:  "E' il punto G, quello che ti dà l'orgasmo nei salotti dei talk show. L'atteso quarto d'ora di celebrità di Andy Warhol. A casa gli amici, i parenti applaudono commossi nel condividere l'emozione di un'effimera celebrità, sorridenti, beati della tua giusta e finalmente raggiunta visibilità".
E poi giù l'affondo: "Seduto in poltroncine a schiera, accomunato ai falsari della verità, agli imbonitori di partito, ai diffamatori di professione, devastato dagli applausi a comando di claque prezzolate. Soggetto, bersaglio consapevole ben pettinato alla bisogna che porge il lato migliore del proprio profilo alla morbosa attenzione di cameraman che ti inquadrano implacabili se annuisci quando enuncia le sue soluzioni un qualunquemente stronzo. Lì, in una gabbia di un circo, come su un trespolo, muto per ore, povera presenza rituale di cui si vuole solo lo scalpo, macellato come un agnello masochista, rispondi per i quattro minuti che ti sono concessi a domande preconfezionate poste da manichini al servizio dei partiti."

Parole dure ma sacrosante, tant'è che più di un commentatore, anche chi non è mai stato tenero con il movimento di Grillo (vedi il direttore di RaiNews24 Corradino Mineo), ha dovuto riconoscere che questa volta il capo carismatico aveva colto nel segno.
Una cosa è certa: Beppe Grillo non le manda a dire, parla apertamente e pubblicamente, il massimo della trasparenza.
La sua critica è alla luce del sole, sei libero di accettarla o di rispondergli per le rime; comunque, i suoi rimproveri impongono preventivamente di farsi un accurato esame di coscienza.
Nel caso in questione, la consigliera Sansi, una perfetta sconosciuta che parla come la ragazza della porta accanto, quella che incroci sul pianerottolo condominiale mentre scendi con il cane a fare una passeggiata e la vedi riporre il sacchetto della spazzatura fuori dalla porta di casa, non ha dato una buona prova di sè: un paio di interventi scialbi, senza proporre alcuna considerazione degna di nota, assolutamente incolore, per non dire banale.
Sull'opportunità di togliere l'IMU ammette di non avere le idee chiare, finendo per giustificare la manovra lacrime e sangue del governo Monti.
Di più, dopo aver dichiarato di rimpiangere la vecchia ICI e recriminato sulla sua abolizione da parte del governo Berlusconi, lancia un involontario assist al sindaco di Roma, lo spiritato Gianni Alemanno, che la interrompe ricordando che l'abolizione della vecchia ICI ha riguardato solo la prima casa: lei, emozionatissima, annuisce.
E' poi la volta di Floris che la aiuta a migliorare il suo pensiero sull'opportunità di una imposta sulla prima casa, per poi chiudere in bellezza (si fa per dire!) confidando che, tra vecchia ICI federale e nuova IMU statale, "nel momento in cui si promuove il federalismo fiscale, m'è saputo un cortocircuito... ma questa è la mia opinione personale!"
Lo spettatore che si fosse seduto in poltrona nella speranza che l'annunciata apparizione televisiva dell'esponente del M5S potesse portare una ventata di novità, di chiarezza e soprattutto di fiducia per il futuro, rompendo gli schemi del solito teatrino mediatico, dopo vari sbadigli, spegne il televisore deluso; persuaso che il Movimento 5 stelle sia ancora una chimera, composto com'è da così tanti personaggi in cerca d'autore.
Parafrasando McLuhan, il mezzo è il messaggio: fagocitato dai meccanismi tipici del talk show, dove prevale chi ha la battuta più pronta e telegenica, il dibattito in studio è al massimo ribasso, con il conduttore che interviene secondo una precisa quanto non dichiarata strategia.
E per i neofiti anti Casta non c'è scampo.
Di questo gli attivisti del movimento devono ormai essere consapevoli ed accettare di buon grado il diktat del loro fondatore senza farne uno psicodramma: non è più tollerabile che ad ogni invito del Floris di turno debba scoppiare un'inutile polemica, sulla quale i media di regime vanno letteralmente a nozze, poiché tutto fa brodo pur di mettere i bastoni tra le ruote ai ragazzi di Grillo.

Particolare dell'home page di Repubblica on line del pomeriggio
D'altra parte, scopriamo l'acqua calda rivelando che i partiti della Casta hanno fissato da sempre regole ferree per scegliere chi mandare nelle varie trasmissioni televisive. 
In fondo è una norma di buon senso: perché non è possibile che vada in tv un signor nessuno, pur bravo che sia, senza l'OK della segreteria politica.
Quindi, non è più tollerabile che per respirare il proprio attimo di celebrità, gli attivisti del Movimento mettano su a turno queste patetiche e suicide sceneggiate: giusto il tempo necessario per consentire alla Casta di riprendere fiato, ricompattandosi contro il tiranno Grillo.
Infine, chi vota o voterà per il Movimento 5 Stelle certamente non lo fa per far uscire dall'anonimato gente come Favia e Salsi... a proposito, chi sono costoro?

sabato 21 luglio 2012

Prove tecniche di dittatura

Per capire in che degrado sia precipitata la libertà di pensiero e di parola in Italia, basta guardare a come giornali, televisioni, Tg, hanno trattato la notizia sensazionale del conflitto di attribuzione che il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha sollevato contro la Procura di Palermo, che sta indagando sulla trattativa tra Stato e mafia nel biennio stragista 1992-1993.
L'attacco diretto che il Presidente della Repubblica ha portato ai pm siciliani non ha precedenti nella storia d'Italia; eppure, con l'eccezione di qualche voce isolata e di un solo giornale, il Fatto Quotidiano, non c'è giornalista della carta stampata o della televisione che, invece di informare e di ricostruire con oggettività la vicenda, non abbia preferito prendere, secondo una regia che sembra quasi studiata a tavolino, la difesa d'ufficio di Giorgio Napolitano.
Il modo con cui la notizia viene gestita dagli organi di informazione è veramente vergognoso: in un'unanimità di consensi, tra centrodestra e centrosinistra, non c'è nessuno che abbia ricostruito la vicenda per quello che è, nessuno che abbia osato semplicemente descrivere il comportamento eccezionale di Re Giorgio, a cui vengono ancora in queste ore tributati gli onori che un tempo si concedevano ai monarchi assoluti, di cui almeno nel mondo occidentale non dovrebbe esserci restata traccia.
Sul piano politico, l'unico che abbia alzato il dito per sottolineare che il re è nudo è Antonio Di Pietro, a cui tutti gli Italiani devono riconoscere, al di là delle simpatie personali o delle proprie convinzioni ideologiche, in questa come in altre recenti occasioni, una prova di onestà intellettuale, lealtà istituzionale e senso civico che, ad esempio, i sepolcri imbiancati del Partito Democratico non si sono neppure sognati di avere.
Tralasciamo poi, per carità di patria, la posizione del Pdl e dell'Udc, partiti in cui ad esempio personaggi come Salvatore Cuffaro,  Raffaele Cosentino,  Marcello Dell'Utri, ecc.,  hanno avuto e spesso ancora hanno un ruolo apicale, che condividono con il Pd la stessa posizione di totale sudditanza alle mosse del Colle, con l'obiettivo neppure sottaciuto di precostituirsi un formidabile e gigantesco precedente. 
Successivamente, capitando con certezza matematica l'occasione buona, potranno comodamente passare all'incasso, vedendosi restituire a vantaggio dei propri uomini un analogo favore: basta sfogliare i giornali di area berlusconiana in questi giorni per farsene un'idea.
Dicevamo prima che il quarto potere ha dato di sè una prova pessima.
Nessun telegiornale ha fatto eccezione, anche la squadra di Rai News 24, di solito così pronta a decodificare i segnali della politica ed a ricostruire con attenzione i fatti di giornata, si è limitata a fare da grancassa alle iniziative del sovrano del Quirinale.
Particolarmente in difficoltà il direttore Corradino Mineo:  solitamente mostra una certa autonomia di giudizio  ma parlando di Napolitano le sue qualità professionali d'incanto vengono obnubilate.
Da sempre trapela dalle sue parole una autentica Venerazione nei confronti dell'attuale Inquilino del Colle: ne parla con ammirazione, con timorosa cautela e con la premurosa circospezione da tributare ad un Dio in terra, i cui comportamenti sono ispirati da un'Intelligenza Superiore e i cui interventi sono sempre opportuni, pertinenti, necessari, decisivi, equilibrati, mirati, una immeritata manna per l'Italia.
La consueta vivacità intellettuale delle sue riflessioni si scioglie, definitivamente e malinconicamente, in un'adesione cieca e totale alle Gesta Sovrane.
C'è da temere che quando finalmente giungerà a compimento il Celeste Mandato, il Mineo si presenterà ai suoi telespettatori in gramaglie e annuncerà la notizia come fece qualche mese fa la conduttrice della televisione nordcoreana per annunciare la dipartita del dittatore Kim Jong II.



Nella classifica della libertà di stampa siamo al 40° posto, subito dopo la Corea del Sud: ancora uno sforzo e quella del Nord sarà alla nostra portata...

PS: chi ci vuole capire qualcosa sul conflitto tra Napolitano e Procura di Palermo è pregato di spegnere la televisione, buttare nella pattumiera i giornali (ad eccezione del Fatto Quotidiano, che guarda caso è l'unico che non riceve un euro di finanziamento pubblico) e di cliccare sul link del FattoQuotidianoTV della registrazione della diretta-streaming da Via D'Amelio del 19 luglio: è  un video di oltre 8 ore dove compaiono interventi autorevoli, anche dei magistrati del pool di Palermo. Da non perdere, dopo 6h e 7' circa, la lezione civile di Marco Travaglio: 60 minuti da antologia.

martedì 1 maggio 2012

I farisei del Palazzo attaccano Grillo: vigilia della caduta dell'Ancien régime?

E' bastata una battuta paradossale di Beppe Grillo in un comizio a Palermo, secondo il suo solito stile ad effetto, in cui ha accostato la mafia, che imponendo il pizzo alle imprese non ha interesse a strangolarle pena la sua stessa sopravvivenza, con la finanza internazionale, che tartassa ciecamente i cittadini fino a stroncarne qualsiasi iniziativa economica, perché la Casta scatenasse un inferno di dichiarazioni contro di lui.
Siamo all'assurdo che uomini politici che guadagnano a sbafo 15.000 euro netti al mese, lasciando che il governo del Paese venga affidato ai banchieri mentre molta gente è alla disperazione, hanno pure la faccia tosta di specularci sopra dando del mafioso a Grillo.
Ma come?
Non è forse Pierluigi Bersani che sta tessendo da mesi la tela di un'alleanza politica del Partito Democratico con  l'UDC di Pierferdinando Casini, quello che ha difeso per anni, in prima persona e a spada tratta, Totò Cuffaro, detto Vasa Vasa, il presidente della Regione Sicilia che il 23 gennaio 2010 la Corte d'Appello di Palermo ha condannato a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato nel processo 'talpe alla Dda', essendo stata riconosciuta l'aggravante di aver favorito Cosa Nostra?
Sentenza confermata l'anno successivo dai giudici di Cassazione che nelle motivazioni   hanno dichiarato provato "l'accordo politico-mafioso tra il capo-mandamento Giuseppe Guttadauro e l'uomo politico Salvatore Cuffaro, e la consapevolezza di quest'ultimo di agevolare l'associazione mafiosa, inserendo nella lista elettorale per le elezioni siciliane del 2001 persone gradite ai boss e rivelando, in più occasioni, a personaggi mafiosi l'esistenza di indagini in corso nei loro confronti."
Non era stato il suo segretario  Pierferdinando Casini, qualche tempo prima in vista delle elezioni politiche del 2008, a definire Cuffaro un "perseguitato politico" annunciando di candidarlo alle consultazioni nazionali, violando dunque la promessa, in campagna elettorale, di non candidatura per chi avesse subito condanne?
E tutto ciò senza neppure prendersi la briga di una tardiva pubblica ammenda di tali dichiarazioni, a condanna definitiva ormai emanata!
Questa gente, fra l'altro responsabile del disastro economico, finanziario ma innanzitutto morale in cui versa il nostro paese, si permette il lusso di dare lezioni di antimafia a Grillo che, per la sua storia, evidentemente sta agli antipodi del mondo in cui è nato e prosperato il fenomeno mafioso e le altre forme di criminalità organizzata. Ma anche per i comportamenti: sua l'iniziativa di una legge di iniziativa popolare contro i condannati in Parlamento o la bellissima idea del Calendario dei santi laici, in cui protagonisti sono proprio alcune vittime illustri della violenza mafiosa.
Non sarebbe, quindi, neanche il caso di doverlo precisare se la Casta non si fosse impadronita di questa uscita sfortunata di Beppe Grillo in modo famelico e volgare, accusandolo di voler intercettare il voto mafioso.
Senza rendersi conto così di dimostrare urbi et orbi di continuare a tenerci molto a quella riserva di voti...
La battuta, estrapolata dall'iperbole di un ragionamento molto più ampio che tentava di mostrare come lo stato possa essere a volte altrettanto spietato delle organizzazioni criminali nel pretendere i tributi, potrà essere considerata infelice, inopportuna.
Ma farne scattare la crocifissione mediatica a furor di Casta non è degno di un paese democratico o presunto tale: ha il sapore amarissimo della purga.
A volte, per l'imprevisto sempre in agguato, con conseguenze involontariamente ridicole.
Ieri sera, ad esempio, nel notiziario delle ore 20 di Rai News24, il pur bravo conduttore Corradino Mineo è sbiancato in volto quando, avendo chiesto alla regia di mandare in onda la battuta grillina per ricevere un commento da parte dell'europarlamentare dell'IDV Sonia Alfano, si è visto  trasmettere un'altra parte del discorso palermitano di Grillo, in cui egli giustamente invocava, ad elezioni politiche concluse, la celebrazione di un processo pubblico che sanzionasse severamente le ruberie dell'ultimo ventennio e si concludesse, da un lato, con la restituzione del maltolto e, dall'altro, con la condanna dei politici responsabili ai lavori socialmente utili.


Giacobinismo ha subito chiosato l'altro giornalista in studio, Oliviero Beha, mentre il direttore Mineo, annuendo, implorava intanto la regia di mandare in onda il pezzo giusto: se no la gente a casa non capisce!
Ecco, questo infortunio televisivo dimostra lo spazio abissale che ormai separa la vecchia politica del trio Alfano-Bersani-Casini dagli umori della gente che questi hanno abbandonato irresponsabilmente al proprio destino dopo aver portato l'Italia al tracollo e averla lasciata alla mercé dei banchieri, della tecnocrazia europea e delle agenzie di rating, attraverso la nomina del commissario liquidatore Mario Monti.
Pochi osservatori, neppure persone di solito attente come Mineo e Beha, si rendono conto che, se soffia forte il vento giacobino, è forse perché la situazione in cui ci troviamo è talmente difficile da essere ormai imminente, più di quanto i media non lascino trapelare, la caduta dell'Ancien régime partitocratico.