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martedì 20 settembre 2011

La tenaglia Pd-Pdl contro il meteorologo Luca Mercalli di 'Che tempo che fa'

Per capire lo stato tragico in cui versa il nostro Paese, stretto in una morsa mortale dagli oligarchi del Pd e del  Pdl, basta rivedere l'inizio della trasmissione inaugurale della nuova stagione televisiva del programma 'Che tempo che fa' di Fabio Fazio, andata in onda domenica sera.
Sono bastate le semplici parole pronunciate dal meteorologo Luca Mercalli, indignato per l'arresto, protrattosi da più di dieci giorni, di due attiviste del movimento No Tav semplicemente perché trovate in possesso di mascherine (di quelle che si trovano normalmente in commercio per evitare di respirare i vapori della vernice), per far scattare inesorabile l'offensiva dei berlusconiani di destra e di sinistra, ancora una volta tutti insieme appassionatamente.
Inaspettatamente, si fa per dire, i più infuriati sono proprio quelli del Pd con argomentazioni alla Gasparri, a riprova ancora una volta che, come non si stanca mai di ripetere Beppe Grillo, Pd e Pdl sono le facce di una stessa medaglia: quella della partitocrazia, che sta divorando il nostro Paese, politicamente, moralmente ma anche economicamente, intaccandone persino la sua stessa identità, culturale e ambientale. 
Sentite che cosa dichiara, Giorgio Merlo, deputato del Pd e vicepresidente della Commissione di Vigilanza Rai:
"Anche per Fazio dovrebbe valere il principio che la propaganda aperta deve essere più contenuta, almeno quando si toccano temi delicati. Siamo contenti della permanenza in Rai di Fazio, ma ci chiediamo se la propaganda contro la Tav sia un modello di giornalismo da servizio pubblico" .
Mentre il suo collega di partito Stefano Esposito urla: "Ora Fazio dovrebbe invitare gli agenti feriti o gli operai del cantiere minacciati. Non è possibile che Mercalli faccia l'avvocato dei No-Tav con i soldi dei contribuenti."
Ci domandiamo che idea hanno di servizio pubblico costoro, improvvisati portavoce di un partito, il Pd, che di democratico nei loro intendimenti, chissà deve mantenere a malapena il nome.
Forse quello rappresentato dalla Rai attuale, dove mentre Augusto Minzolini e Giuliano Ferrara fanno il bello e cattivo tempo sulla Rete Uno, avendo licenza di dire tutto quello che gli passa per la mente da autentici pasdaran di Silvio Berlusconi, vengono soppresse le poche voci ancora fuori del coro, si cancella in silenzio la bellissima e popolarissima trasmissione della brava Emanuela Falcetti su RadioUno 'Italia Istruzioni per l'uso', si rende a Milena Gabanelli ed alla sua troupe di 'Report' la vita sempre più difficile, si condannano all'ostracismo Marco Travaglio e Michele Santoro (per non parlare del cordone sanitario alzato da vent'anni nei confronti di Beppe Grillo!), si liquida senza tante spiegazioni la satira di Serena Dandini.
Ma facciamo ripetere a Mercalli ciò che di scandaloso avrebbe detto nel salotto di Fazio:
"Ho detto che da cittadino sono indignato dal fatto che due donne, incensurate, siano in carcere per porto abusivo di maschere antigas. Ma poi quali maschere: sono filtri da verniciatore che si vendono nelle ferramenta. Una cosa non tollerabile in un paese civile. Sarebbe forse il caso di uscire da questo squallido teatrino delle ragioni di ordine pubblico, delle botte e dei lacrimogeni per tornare a parlare del merito."
Parole che solo il pregiudizio può interpretare come una difesa anti Tav ma si rivelano di assoluto buon senso e che chiunque sottoscriverebbe, a meno che nella Rai, come è purtroppo ormai da ritenere, il comune buon senso sia stato messo al bando e trasformato in un che di eversivo.
Il piddino Stefano Esposito, uno dei tanti carneadi  mandati in Parlamento grazie alla legge elettorale di Calderoli, non dovrebbe ignorare che la trasmissione di Fabio Fazio è uno dei fiori all'occhiello della Rai, grazie alla cui raccolta pubblicitaria l'azienda di viale Mazzini riesce a rimpinguare le proprie esauste casse: molto meglio, cioè, che se fosse a costo zero!
Dire che Mercalli fa l'avvocato dei No Tav a spese del contribuente non solo è una menzogna, peggio, è un'idiozia!
Cercare poi, anche semplicemente sul piano del paradosso retorico, di mettere i poliziotti contro gli abitanti della Val di Susa, quasi che la polizia debba coprire le responsabilità amministrative di una classe politica e di governo  al tracollo e che rifugge le occasioni di confronto pubblico a sostegno della bontà di quel progetto, è un'operazione scellerata. 
Ma finché si ritroverà inopinatamente al proprio fianco questa nutrita pattuglia di berluschini nel Pd, Berlusconi, a dispetto dell'esecrazione e del discredito globale, avrà facile gioco a restare a Palazzo Chigi, incurante dello spread BTP- Bund, da giorni sull'orlo dell'abisso.

martedì 18 novembre 2008

E non se ne vogliono andare...

Sono mesi che lo ripetiamo. Ma dopo l’ennesima settimana di bufera, il destino del Partito democratico sembra segnato insieme alla sua leadership, in perenne difficoltà anche su questioni apparentemente di ordinaria amministrazione, quale può essere la nomina del presidente di una commissione parlamentare.
Stretto tra l’incudine del governo di centrodestra ed il martello dell’Italia dei Valori, Walter Veltroni sembra l’unico vero vaso di coccio in mezzo a tanti vasi di ferro.
Purtroppo i vasi di ferro stanno anche dentro il suo partito, per cui quella da lui ingaggiata è una lotta impari: l’assalto alla sua leadership è frutto di una strategia convergente della maggioranza berlusconiana, disposta persino a contendere all’avversario scampoli di potere che per prassi costituzionale andrebbero lasciati all’opposizione giusto per ribadire la propria soverchiante superiorità, e di settori influenti del suo stesso partito, che agendo dietro le quinte ed in tutta calma, stanno preparandogli da settimane il benservito.
E’ in atto una specie di tiro al piccione in cui si cimentano indistintamente un po’ tutti. E’ in questo clima torbido che si possono concepire le teppistiche parole rivolte a Walter Veltroni dal capogruppo del Pdl, Maurizio Gasparri, e che confermano una volta di più lo scadimento della nostra vita politica.
Non si capisce a cosa ancora si debba assistere prima che la casta si renda finalmente conto di quale abisso la separi ormai dalla società civile e quanto discredito si porti dietro.
La querelle sulla nomina del presidente della commissione di vigilanza Rai, Riccardo Villari, non solo è emblematica di tale involuzione ma ne rappresenta in modo paradossale un limite quasi invalicabile.
Un senatore del Pd viene eletto con i voti della maggioranza di governo, tanto per fare un dispetto a Veltroni e per sottolineare l’assoluta indisponibilità alla candidatura dell’esponente dell’Italia dei Valori, Leoluca Orlando. Nome sul quale Veltroni, suo malgrado, non è disposto a cedere, pena l’essere travolto dal martello pneumatico Antonio di Pietro.
L’epilogo è noto: in questo braccio di ferro il leader del Pd ha finito nuovamente per soccombere, maramaldeggiato finanche dal suo senatore che, da bravo ex democristiano, non solo non è intenzionato a dimettersi, come gli è stato poco pacatamente intimato, ma adesso vuole pure ritagliarsi il ruolo di uomo-cerniera, lasciando intendere che, sospinto sulla ribalta chissà come, non rinuncerà tanto facilmente al suo momento di celebrità.
L’ennesima Caporetto per Walter Veltroni che si trova così nella scomodissima posizione di dover spiegare ai propri sostenitori, al di là di tutte le liturgie e i giochi della politica, come sia possibile che Villari abbia le carte in regola per diventare addirittura senatore del partito democratico (visto che il suo nome è passato certamente al vaglio di Veltroni prima di essere inserito nella lista bloccata per le politiche della primavera scorsa) ma non abbastanza da insediarsi alla presidenza di una commissione parlamentare.
In ogni caso, il gran rifiuto di Villari, dimostra inequivocabilmente che dentro il Pd ognuno va ormai per conto suo e che il segretario ha completamente perso il controllo della situazione.
Insomma, il centrodestra, trovando una insperata sponda proprio all’interno dei democratici, è riuscito a piazzare l’ennesima botta vincente mettendo un’altra volta fuori gioco il suo avversario che, a questo punto, non sa veramente contro chi combattere, sempre più in minoranza anche tra i suoi.
Ma se Sparta piange, Atene non ride: se qualcuno tira in ballo i dalemiani come ideatori dell'ennesimo sgambetto a Veltroni, gli va ricordato che in questo gioco al massacro nessuno ci guadagna all’interno del Pd, neppure l’odiato amico Massimo D’Alema.
Certo non è bello vedere il suo braccio destro, Nicola Latorre, fare l'occulto suggeritore, in un dibattito televisivo sull’argomento, di Italo Bocchino del Pdl mentre questo interloquisce con un esponente dell’Italia dei Valori, come ha svelato incredibilmente la trasmissione di Antonio Ricci Striscia la Notizia.
Sembrano proprio tornati i tempi della doppia scalata illecita Bnl-Unipol e Antonveneta-Bpi, quando i due poli a chiacchiere se ne davano di santa ragione ma nei fatti erano sorprendentemente concilianti.
Una insopportabile cappa di inciucio che ancor oggi non si riesce a diradare e che continua a celare la prima vera emergenza nazionale: l'irrisolta questione morale.
E’ evidente che la soluzione alla crisi dei Democratici non passa per l’avvicendamento al vertice tra Veltroni e D’Alema: entrambi appartengono ad una stagione politica ormai irrimediabilmente chiusa e rivelatasi fallimentare per la sinistra italiana.
Fanno finta di non capirlo ma è chiaro che il loro vuoto antagonismo sta diventando un problema per il Paese.
E’ l’Italia che ci rimette: con una sinistra fuori dal Parlamento, un’opposizione tenuta in piedi dal solo volenteroso Di Pietro, un pessimo governo messo nelle condizioni di fare tutto quello che vuole (tranne quello che di questi tempi sarebbe necessario per ridare fiato all’economia), gli Italiani rischiano di passarsela sempre peggio.
Finiranno per rimpiangere Prodi… se già non hanno cominciato!