venerdì 7 settembre 2018

Una fake news dall'Ansa calda calda...

Borsa Milano in rosso (-4%) con Atlantia

 

Ecco una fake news. L'Ansa titola alle ore 18,51 "Borsa Milano in rosso (-4%) con Atlantia", ma la Borsa di Milano scende appena dello 0,39%.
A leggere il contenuto si capisce che Milano, in una giornata molto contrastata per tutti i listini, non è poi stata la peggiore in Europa e che lo spread è addirittura migliorato, sceso a 249 punti.
Purtroppo, vari aggregatori di notizie la rilanciano in rete senza fare una doverosa minima verifica e così stasera non si può fare a meno di parlare del profondo rosso della Borsa di Milano.
E' accettabile tutto ciò?

mercoledì 5 settembre 2018

No, Travaglio, neppure stavolta il PD ha ragione!

Questa volta non siamo d'accordo con Travaglio.
Il ministro Toninelli, che ha denunciato 'pressioni interne ed esterne' subìte contro la revoca delle concessioni ad Autostrade, non necessariamente deve rendere pubblici autori e contenuti di tali pressioni. Al contrario: è nella sua responsabilità e discrezionalità di ministro decidere liberamente che rilevanza darne. E' ovvio, che se queste si fossero estrinsecate in minacce (sia pure velate), dovrebbe rivolgersi di corsa alla magistratura.
La polemica finisce qui.
Ovviamente non si tratta, come dice Travaglio, di  'lanciare il sasso e nascondere la mano e il caso che finisce a tarallucci e vino, senza colpevoli né innocenti.' Ci si chiede, anzi, come Travaglio possa scivolare logicamente sulla classica buccia di banana lanciata a bella posta dal PD.
Il ministro Toninelli ha, per trasparenza, denunciato in Parlamento il clima pesante in cui è costretto a lavorare dopo il crollo del ponte, che la dice lunga sulla situazione politicamente disastrosa in cui le Istituzioni sono state trovate dal governo gialloverde, venticinque anni dopo l'inchiesta di mani Pulite. Che, al di là dei risvolti giudiziari, avrebbe dovuto restituire un messaggio chiaro all'opinione pubblica: la res publica è dei cittadini, e va tenuta fuori dagli appetiti e dalle contese di clan e cordate politico-imprenditoriali; mentre le Istituzioni devono essere collocate in una posizione di rispetto, lontane da queste dinamiche clientelari, in una condizione di assoluta terzietà e di serenità nell'azione di indirizzo politico.
Dalle parole del Ministro, ci rendiamo conto, ancora una volta, che non è così: purtroppo! Quanto al fatto che il ministro, tra le sue prerogative, abbia quella di scegliersi la propria squadra e rimuovere coloro che agiscono nel suo dicastero in dissonanza dalle sue linee guida, la cosa è pacifica e non vale la pena di scomodare monsieur de La Palisse.
Ed è sorprendentemente ingenuo da parte dello 'scafato' Travaglio ritenere che tali pressioni si siano necessariamente tradotte in fattispecie di reato o in comportamenti apertamente illeciti: il problema, evidentemente, è molto più sottile e coinvolge spesso aspetti culturali piuttosto che burocratico-amministrativi.
Ha fatto benissimo Toninelli a lanciare l'altolà ed a sottolineare che simili comportamenti non verranno più tollerati. Senza la necessità di ricorrere ad un giudice.
L'idea sottintesa da Travaglio che la magistratura possa essere il deus ex machina della decadenza italiana è semplicemente ridicola.
E il caso Finocchiaro, di queste ore, lo conferma in modo eclatante.

mercoledì 15 agosto 2018

Il ponte Morandi: l'11 settembre del sogno europeo

Adesso che il ponte Morandi è venuto giù portandosi dietro la vita di decine di vittime innocenti, alle famiglie delle quali va tutta la nostra vicinanza, è partito un vergognoso scaricabarile da parte del mainstream che tende a minimizzare le responsabilità politiche per quanto accaduto sostenendo che, eventualmente, la responsabilità della cattiva manutenzione ricade sulla società Austrade per l'Italia del gruppo Benetton. 
Ma costoro hanno volutamente la memoria corta: perché la società Autostrade era di proprietà statale, dell'Iri, ed è stata prima quotata in Borsa nel 1987 per poi essere privatizzata nel 1999 dal governo D'Alema, con il regalo dell'allungamento della durata delle concessioni autostradali da 30 a 50 anni (governo Berlusconi). 
Risultato: scarsa manutenzione e utili spropositati per il gruppo (ora con gli spagnoli di Abertis si chiama Atlantia). In 6 anni la famiglia Benetton ha quadruplicato l'investimento iniziale. 
La responsabilità di quanto accaduto ieri è di un'intera classe politica, di centrodestra e di centrosinistra, che hanno cavalcato a partire dagli anni '80-'90 il mito delle privatizzazioni selvagge, sostenendo che per salvaguardare gli equilibri di bilancio pubblico imposti dall'UE (parametri di Maastricht), si dovesse fare cassa. 
Così è avvenuta, con il plauso generale di PD e FI, la più colossale svendita ai privati dei principali servizi e delle infrastrutture pubbliche italiane, che il Paese aveva messo su con decenni di sudore e sacrifici, a partire dal secondo dopoguerra. 
Chi non ricorda i famigerati "capitani coraggiosi" partiti all'assalto della Telecom? 
Ancora oggi costoro, nonostante la clamorosa sconfitta del 4 marzo, insistono nel perorare una dissennata politica delle privatizzazioni, facendo credere che la gestione privatistica sia più efficiente e migliore qualitativamente per il Paese. 
Il degrado attuale dei servizi telefonici, elettrici, ferroviari, autostradali, di tutte le infrastrutture che fanno quotidianamente il Paese reale, sta a lì a smentirli, in modo clamoroso e definitivo. 
Pagheranno mai costoro per il tradimento ordito ai danni dei cittadini e che ha trovato ieri solo l'ennesima, tragica, manifestazione? Ieri si è consumato, nell'incredulità sgomenta di un'opinione pubblica disinformata (richiamando le parole del videoblogger Claudio Messora), l'11 settembre del 'sogno europeo'.

domenica 12 agosto 2018

L'insostenibile leggerezza del non essere: la fine malinconica del PD



Quando, qualche giorno fa, in Parlamento si è visto sventolare dai banchi dell’opposizione il foglio di carta a4 con su scritto "-80'000 #bybyelavoro" all’approvazione del decreto dignità, si è avuta la misura della distanza che separa il PD dalla vita degli Italiani: costoro non rappresentano più nessuno se non se stessi, tanto da non poter scendere in strada a giustificare il loro gesto se non sotto una selva di fischi. Così abissale è il solco che li divide dalle vite dei cittadini normali che sembrano finti in quello sventolìo, in quell’agitarsi all’apparenza in difesa di interessi, quelli dei lavoratori, che hanno contribuito a affossare, sistematicamente, per anni.
Rivediamola quella scena: spiega molto più di mille editorali che cosa significhi per una forza, tradizionalmente di ‘sinistra’, il PD, aver abbracciato a corpo morto la causa della grande finanza internazionale, in barba ad ogni principio di lealtà e di coerenza e di adesione ad una tradizione culturale prima ancora che sociale.
Quando si perde la memoria e il senso della propria funzione storica, si smarrisce la propria identità, si diventa come marionette che seguono un copione scritto da altri e mai compreso fino in fondo, si ride quando per coerenza si dovrebbe essere tristi e inquieti, ci si acconcia a gitanti della domenica, scadendo nel farsesco e nell’isteria nel momento in cui si dovrebbe manifestare con austerità tutto il proprio sdegno e dissenso, ci si atteggia a figuranti incontenibili del solito talkshow televisivo mentre si scopre nuda la propria cattiva coscienza.

mercoledì 1 agosto 2018

I dolori del piddino


Cos'abbia voluto  esprimere Gennaro Genna nel suo intervento odierno su l'Espresso non è chiaro: la sua pare un'allucinazione  suscitata dallo smacco subito il 4 marzo.
Un viaggio psicanalitico  dentro lo shock di quella notte, da cui evidentemente non si è più ripreso.
L'odierno  dramma dei piddini: vivono in una dimensione che non è più la loro,  rifiutano il mondo attorno, covano un risentimento nei confronti del  prossimo, colpevole di aver infranto i loro sogni nutriti fin dalla più tenera età: la cosa pubblica che è tale solo perché la gestiscono loro,  la democrazia che è tale se il popolo vota per loro, altrimenti  l’Italia si trasfigura in "territorio melodioso di odii sotterranei, che  esplodono in ascessi giganteschi e subitanei"
Riecheggiano bolse le pagine di Musil nella Vienna che si risveglia senza qualità alla caduta dell'impero asburgico.
Ha da passà 'a nuttata: ma stavolta la notte piddina rischia di non passare.

domenica 8 luglio 2018

Tutta colpa della xylella? La 'dimostrazione scientifica' millantata da Repubblica non c'è mai stata

Oggi appare un bel pezzo sul Fatto di Laura Margottini. Provo a sintetizzarlo.
E' assodato che la xylella sia la causa della malattia? NO!
Esiste un'unica pubblicazione del dicembre scorso relativa ad un esperimento fatto solo su una quarantina di piante con risultati tutt'altro che conclusivi.
Mentre il rapporto dell'Efsa a cui fa riferimento Repubblica non è stato sottoposto a peer review (ovvero difetta del primo requisito necessario di scientificità).
Non parliamo poi di ciò che scrive l'Accademia dei Lincei nel 2016 (secondo riferimento del quotidiano di L.go Fochetti), in mancanza a quei tempi anche semplicemente di una (!) pubblicazione scientifica che lo sostenesse.
Secondo il monitoraggio della Regione Puglia, oggi, su 350'000 ulivi della zona interessata, la xylella è riscontrata solo nell'1,8% dei casi: un po' pochino per dichiarare urbi et orbi il nesso batterio-malattia.
In California, ad esempio, nel 2014, per un fenomeno analogo, gli scienziati controllarono su quanti esemplari sintomatici fosse presente il batterio. E conclusero che con una percentuale del 18% (dieci volte il dato pugliese!) non si poteva affermare che la xylella fosse la causa della malattia degli ulivi.
Fin qui il pezzo della Margottini.
Ma adesso urgono diverse riflessioni.
I poveri di spirito che hanno ingiuriato del tutto gratuitamente Beppe Grillo dovrebbero adesso cospargersi il capo di cenere e invocare col capo chino la sua pietà e misericordia per tanta serva cattiveria ed ignoranza.
Ma si capisce come ci sia soprattutto da interrogarsi su come sia potuta succedere una cosa simile: bersagliare Grillo semplicemente perché, pubblicando sul suo blog un pezzo di una nota giornalista tedesca, ha dato spazio ai mille dubbi che il problema della malattia degli ulivi pugliesi ha messo in luce. 
Primo fra tutti il fatto che fosse sufficiente che il mainstream abbracciasse pregiudizialmente una tesi perché si scatenasse la canea e tanti teppisti si fiondassero contro Grillo, reo solo di aver invitato la gente a tenere gli occhi aperti. 
Ma sorge pure un'altra più drammatica questione: come mai i media hanno dato per certa una spiegazione della malattia degli ulivi che è ancora tutt'altra che validata scientificamente? 
Come mai hanno condiviso da subito, senza un minimo di analisi critica, la soluzione più costosa e devastante per le ricadute ambientali che comporta l'uso massivo di pesticidi, di recente messi al bando della UE per la loro pericolosità, e l'eradicazione di centinaia di migliaia di piante con conseguente perdita irrimediabile di un patrimonio unico di biodiversità, cultura, paesaggio, tradizioni agronomiche, prodotti agroalimentari tipici, rapporti sociali, come quello rappresentato dalla penisola salentina?
Tutto questo è di una gravità per la nostra tenuta democratica che definire estrema ed inquietante appare probabilmente ancora troppo limitativo.



giovedì 5 luglio 2018

Come ti sbugiardo il grande esperto...

L'altra sera è andata In Onda su La7 la figuraccia epocale di Carlo Cottarelli con Claudio Borghi che lo sbugiarda in diretta televisiva smentendogli i dati sul prezzo del petrolio del 2001. 
Cottarelli dice che "in quel periodo" (poi preciserà "nel 1999") il petrolio è passato da 10 a 60 dollari al barile: Borghi prontamente gli fa notare, consultando lo smartphone, che nel 2000 il prezzo del barile è stato 27, nel 2001 23 e nel 2002 22  (giusto per amor di precisione, consultando le Statistiche dell'energia del MISE, per quell'anno risulta 24, differenza comunque insignificante e che può dipendere dalla diversa fonte consultata). 
Nel 1999, aggiungiamo noi, fu 16. 
Insomma, il grande esperto incensato dai media nazionali uniti, l'uomo del FMI, il professor Carlo Cottarelli, si è completamente inventato i dati, fabbricando uno stratosferico 60. 
Ma senza l'abilità di Claudio Borghi l'avrebbe fatta franca, inquinando il dibattito con dati falsi.