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lunedì 5 settembre 2011

Nonostante lo sciopero, il Ferruccio furioso vuole uscire in edicola

Il Ferruccio furioso parte lancia in resta contro Susanna Camusso, perché a causa dello sciopero generale della CGIL, udite udite, domani Il Corriere della Sera non sarà regolarmente in edicola.
De Bortoli, perso ancora una volta il suo solito aplomb (in verità osservato soprattutto quando si  accomoda nei salotti buoni), lo ritiene un effetto sgradevole, quasi stesse parlando di un accostamento di colori in un capo di vestiario avvistato a Milano Moda o del packaging da progettare  per una nuova essenza di profumo...
E se la prende con il segretario generale di quel sindacato, Susanna Camusso, che, a suo dire, avrebbe imposto di non far uscire il giornale nonostante le maestranze eventualmente presenti.
Il direttore del Corriere non è minimamente sfiorato dal dubbio che proprio in ciò sta la conseguenza più palpabile dell'azione di protesta, abituato com'é che "in precedenti occasioni, i lavoratori poligrafici, con grande senso di responsabilità, avevano garantito tutte le pubblicazioni".
Arriva al punto di dire che "Ho chiesto al segretario della Cgil di esaminare la possibilità di una deroga. Com'è sempre accaduto" senza rendersi conto che una deroga è tale proprio perché costituisce un'eccezione, altrimenti, con buona pace del grande senso di responsabilità dei lavoratori, la sua diventa una pretesa che supera il limite, questa volta sì come dice lui, di un atto grave e discriminatorio nei confronti di chi è in sciopero.
A conferma che la politica del senso di responsabilità da parte dei sindacati e del mondo del lavoro, ossessivamente propagandata a sinistra in questi anni, si rivela sempre più perdente.
Ma il Ferruccio furioso, al solo sentir pronunciare la parola sciopero, diventa un toro scatenato e, caricata a testa bassa la Camusso, la accusa di aver scritto "una pessima pagina della sua gestione".
Si accettano scommesse su quale possa essere per De Bortoli una bella pagina: forse, l'abolizione dello Statuto dei Lavoratori??
Secondo il Ferruccio filogovernativo, "Nell'impedire l'uscita del giornale Susanna Camusso [...] nega i diritti di altri lavoratori e, soprattutto, dei lettori."
Ma quali sarebbero i diritti lesi ai lavoratori che domani non aderiranno alla protesta?
Caro De Bortoli, resti interprete delle sue buone maniere e ci illumini con la sua eleganza.
Ci suggerisca pure quando è opportuno pensare finalmente ai diritti di chi domani, rinunciando ad una giornata di salario, scenderà in piazza e, glielo assicuriamo, è molto, molto arrabbiato!
Ma è difficile che Lei possa capirlo: giustamente, pancia piena non pensa a pancia vuota!

domenica 14 marzo 2010

Nonchalance senza uguali di Ferruccio De Bortoli a 'Che Tempo che fa'

"[...]Dopo di che, essendo accaduto un fatto increscioso [...], io credo che il decreto del governo, firmato non senza polemiche dal Presidente della Repubblica, sia stato opportuno e necessario. Forse non un bel decreto, criticabile, e l'abbiamo criticato anche sulle colonne del Corriere della Sera, ma alla fine bisognava salvaguardare il diritto di voto.[...]"
Lo ha detto il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, intervistato sabato sera da Fabio Fazio a Che tempo che fa.
Fenomenale! Grandissima concezione dello stato di diritto e della democrazia: un decreto ampiamente incostituzionale, bocciato ripetutamente, persino dal Tar, viene ritenuto al tempo stesso criticabile ma opportuno e necessario.
Quando si tratta delle piccole liste, delle piccole formazioni politiche è bene che prevalgano le regole (infatti, in caso di inadempienze burocratiche, restano fuori!) ; ma se la vicenda coinvolge la lista del partito di maggioranza, è opportuno e necessario che delle stesse regole si faccia un gran falò, fossero pure princìpi basilari della nostra Costituzione.
Una grande lezione di diritto costituzionale propinataci, col suo solito aplomb, dal direttore De Bortoli per il pubblico televisivo del sabato sera.
Se il direttore del principale quotidiano italiano fa pacatamente di queste considerazioni, con massima nonchalance, non c'è da meravigliarsi se tutto il circuito radiotelevisivo e della carta stampata versi in Italia in condizioni gravissime.
E che la nostra democrazia stia, con uguale nonchalance, inesorabilmente affondando.
Meditate, lettori del Corriere, meditate!

giovedì 15 gennaio 2009

Un governo senza opposizione: il frutto avvelenato del bipolarismo all'italiana

Nel salotto televisivo di Ballarò, dove sfila la politica prêt à porter, per intenderci quella che dopo due ore di trasmissione regala al telespettatore solo sbadigli grazie ad un paludoso chiacchiericcio in cui affondano tutti, in primis i temi della puntata, martedì sera era di scena il leader del Partito democratico, Walter Veltroni.
Sparita la surreale spocchia di qualche mese fa, quando si inorgogliva elencando le sconfitte patite come fossero sue grandi invenzioni, sembrava un cane bastonato: con la solita litania del 25 ottobre ha rivendicato con scarsa convinzione il grande successo dell’adunata del Circo Massimo ma, è stato subito chiaro che, oltre all’entusiasmo, era a corto di argomenti per giustificare una leadership ormai giunta al capolinea.
Il simpatico Maurizio Crozza, nella sua arguta copertina, è riuscito a rinfacciargli in poche battute quello che nessuno tra gli intervenuti ha saputo fare.
Lo stesso pacatissimo Ferruccio De Bortoli (con tutt’altra nonchalance rispetto alla furia esibita nello stesso salotto nell’autunno 2007 allorché incalzava minaccioso l’ex presidente della Camera Fausto Bertinotti), pur orchestrandogli a lungo una sviolinata quasi imbarazzante, dall’alto del suo atteggiamento protettivo, è stato comunque costretto a rivelargli, udite udite, che in Italia sembra non esserci un’opposizione.
Ma invece di andare a parare su problemi concreti, quelli quotidiani degli Italiani, la trasmissione si è andata inopinatamente ad infilare nel vicolo cieco delle alleanze del Pd, in particolare quella con l’Italia dei Valori di Antonio di Pietro.
Sul punto, tutti a fargli notare che quell’accordo elettorale è stato un grave errore, quasi Di Pietro, che della questione morale ha fatto una bandiera, fosse divenuto all'improvviso una cattiva compagnia.
Forse perché, di fronte ai tanti scandali che hanno visto coinvolti amministratori del Pd, parlare di questione morale a Veltroni è un po' come parlare di corda in casa dell’impiccato.
Sul punto, non a caso si è difeso dai rilievi del direttore di Panorama Belpietro, affermando che il Pd è meno peggio del Pdl: bella prova di orgoglio!
Purtroppo, il quadro politico italiano resta disperante: con un governo veramente modesto che, al massimo, sa gridare all’untore nei confronti degli immigrati ma, normalmente, non sa veramente dove sbattere la testa.
Diciamolo chiaramente: dopo sette messi di legislatura, la svolta economica del grande imprenditore si è rivelata un grande bluff.
La vicenda Cai – Alitalia oltre il danno (6 miliardi di euro??) aggiunge la beffa perché non salva neppure l’italianità della compagnia, ormai nell’orbita di Air France come titolano trionfalisticamente i giornali transalpini; è stata un ottimo affare solo per Colanino & c., finanziato obtorto collo dai contribuenti italiani.
La social card si è rivelata un mezzo boomerang per il grande creativo Giulio Tremonti e per i tanti malcapitati (sembra 200mila!) che si sono ritrovati alla cassa del supermercato dovendo lasciare lì i generi alimentari riposti nel carrello perché la tessera, nonostante tutti i requisiti di legge, non è mai stata caricata: neppure di quella miseria!
La crisi delle imprese si aggrava di giorno in giorno; l’occupazione crolla, gli stipendi non bastano più a coprire spesso neanche metà mese: ce n’è abbastanza per dipingere un quadro economico estremamente grave con un governo del tutto incapace di fronteggiarlo.
Sulla politica estera, poi, è meglio stendere un velo pietoso: il sostegno alla scelta del governo israeliano di bombardare Gaza è stato così cieco ed incondizionato da parte del ministro Frattini e di tutto il centrodestra che abbiamo dilapidato in poche settimane un inestimabile patrimonio di credibilità, frutto di un costante e attento lavoro diplomatico di oltre quarant’anni, che ci rendeva interlocutori privilegiati nel conflitto arabo-israeliano.
In un paese normale, a questo punto, l’opposizione alzerebbe la voce; in Italia, no, con un’oligarchia dentro il Partito democratico che pretende di capeggiare il grande malcontento popolare ma che, concretamente, è silenziosa e complice.
E’ questo il cosiddetto bipolarismo italiano, quello tanto vagheggiato da Walter Veltroni che, pur di realizzarlo a tambur battente, non ha esitato un attimo a sacrificare l’innovativa esperienza di governo di Romano Prodi.
L’unica cosa che ci ha regalato il bipolarismo Pd - Pdl è un frutto avvelenato: Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi che minaccia di fare scempio della Costituzione e del principio di divisione dei poteri ed un’opposizione penosamente in disarmo, che non si dà una mossa perché i suoi oligarchi sono convinti di restare conunque a galla.
Si può stare peggio di così?