Casta e mass media stanno cercando in tutti i modi di azzerare il significato dell’8 luglio, giorno in cui, a due mesi dall’insediamento del governo di destra, si è avuta la prima vera risposta di sdegno della società civile contro il kit di leggi vergogna approntato in un battibaleno dalla squadra di Berlusconi.
E’ stata una giornata di passione e fervore popolare, interpretata secondo varie sensibilità e differenti stili comunicativi, ma tutti uniti nel denunciare e condannare lo strappo costituzionale che si sta consumando.
L’obiettivo di far salire verso il Palazzo un vibrato no alle leggi, anticostituzionali piuttosto che incostituzionali, di Silvio Berlusconi è stato netto e chiaro e può ritenersi ampiamente raggiunto.
Ha fatto da sfondo all’evento una piazza Navona gremita all’inverosimile fino a sera inoltrata, in un tripudio di slogan, striscioni colorati, bandiere e battimani spontanei di una folla che, nella sua eterogeneità, si è ritrovata accomunata da un bisogno alto: quello di difesa della legalità e di fedeltà alla carta costituzionale.
E’ stata una giornata di passione e fervore popolare, interpretata secondo varie sensibilità e differenti stili comunicativi, ma tutti uniti nel denunciare e condannare lo strappo costituzionale che si sta consumando.
L’obiettivo di far salire verso il Palazzo un vibrato no alle leggi, anticostituzionali piuttosto che incostituzionali, di Silvio Berlusconi è stato netto e chiaro e può ritenersi ampiamente raggiunto.
Ha fatto da sfondo all’evento una piazza Navona gremita all’inverosimile fino a sera inoltrata, in un tripudio di slogan, striscioni colorati, bandiere e battimani spontanei di una folla che, nella sua eterogeneità, si è ritrovata accomunata da un bisogno alto: quello di difesa della legalità e di fedeltà alla carta costituzionale.
E’ chiaro, che lontano da ogni ipocrisia, nella giornata in cui si esprimeva un perentorio no alla politica di Berlusconi non poteva essere steso un velo, neppure pietoso, sul modo disastroso in cui è stata condotta finora l’opposizione: qui la bocciatura di Walter Veltroni e del suo gruppo dirigente è stata altrettanto inappellabile.
Non ci voleva l’intervento di Beppe Grillo o quello di Marco Travaglio, applauditissimi, a capire che se Berlusconi è il primo responsabile di questo tristissimo stato di cose, una buona parte di responsabilità la porta proprio chi, in un Parlamento praticamente divenuto bipartitico, non ha svolto e continua a non svolgere quel ruolo di critica serrata e di opposizione autentica e trasparente che un sistema elettorale nato da una legge porcata gli imporrebbe di fare.
Dalle dichiarazioni del leader del PD di critica durissima alla manifestazione organizzata dai girotondi e dall’Italia dei Valori si comprende, al di là delle apparenze, il motivo vero della sua assenza: senza le stringenti e ferree consegne di un agguerrito servizio di vigilanza ed una claque opportunamente organizzata, Walter Veltroni avrebbe rischiato scendendo in piazza di ricevere soltanto sonore bordate di fischi.
Ma un leader dell’opposizione che teme il confronto aperto con la piazza che manifesta contro il governo in carica (beninteso una piazza speciale, non di estremisti, ma di gente pacifica e perbene che si mobilita non per protestare giustamente contro il carovita o per qualche rivendicazione corporativa, ma semplicemente in difesa della Costituzione), si autocertifica quale leader senza qualità, oscuro portavoce del Palazzo.
Quanto poi al tentativo di ripararsi dietro la figura del Capo dello Stato per ridimensionare il grandissimo valore politico di una manifestazione in difesa della Costituzione, esso è malamente naufragato: ieri, tutti i principali organi di informazione non parlavano d’altro ma bastava andare in giro per le mille piazze d’Italia per sentire ancora intatta l’eco di una soddisfazione malcelata che accomuna trasversalmente settori sociali molto differenti.
D’altronde, solo in una teocrazia criticare il Capo dello Stato è da ritenersi una bestemmia; in ogni paese normale, vagliarne e persino criticarne l’operato magari accostandone la figura ai suoi predecessori, come Pertini, Scalfaro, Ciampi, può essere un esercizio addirittura necessario.
Ma la Casta pur di difendere se stessa è disposta a tutto, anche a fare dell’anziano presidente Giorgio Napolitano l’agnello sacrificale, invocando il peccato di lesa maestà: ecco cos’è la vera antipolitica, non quella di Beppe Grillo o dei girotondini!
Ed è banalmente un mezzuccio ridurre il tutto ad una questione di turpiloquio: di ciò rispondono personalmente i singoli protagonisti di quella serata, senza sfiorare neppure lontanamente la sostanza politica della protesta, civilissima e meritoria.
Prendere le distanze dalle manifestazione, concentrandosi su alcune battute di Sabina Guzzanti, Beppe Grillo e Marco Travaglio, che peraltro danno sfogo a sentimenti non minoritari tra la gente, è un meschino escamotage per nascondere le gravi colpe di una classe politica, rinchiusa nei propri privilegi, sorda e distante anni luce dalla piazza.
Perché martedì in piazza Navona erano rappresentate due Italie.
Il convitato di pietra, l’Italia berlusconiana, quella che fa quello che vuole e non risponde a nessuno se non a se stessa; e la società civile che, pur nelle sue contraddizioni, è pronta e leale al richiamo dei valori costituzionali.
Quest’Italia non solo è vivamente preoccupata per la brutta piega che stanno prendendo gli eventi ma si mostra decisamente irritata con chi, dall’opposizione, non sta facendo affatto il suo dovere.
Altro spazio politico, di fronte alla straordinarietà della sfida berlusconiana, non ce n’è!
Ascoltare, quindi, lo sconfitto Veltroni lanciare una sorta di ultimatum nei confronti di Antonio Di Pietro getta tutti nello sconforto più assoluto: nessuna consapevolezza della propria inadeguatezza, non un briciolo di autocritica, non un minimo di pudore rispetto al patatrac a cui ha costretto l’Italia intera!
Il delirio di onnipotenza lo perseguita (1): "Ora di Pietro scelga e decida con chi sta: se è con Grillo e Travaglio, con la piazza che insulta lo dica, se invece decida di stare in un’area riformista prenda l’impegno conseguente e metta fine a manifestazioni come quella di piazza Navona". Ed ancora: “Sentire quella caterva di insulti a tutto e a tutti mi ha fatto molto male mentre Berlusconi ha goduto, la sceneggiatura sembrava scritta da lui. Se avessimo portato in piazza il Pd oggi saremmo un cumulo di macerie”.
Ma come si fa a dire cose simili, persino rivendicando una qualche lungimiranza, quando egli in meno di sei mesi ha portato la politica italiana a Caporetto!
Adesso taglia i ponti anche con l’alleato Di Pietro, che lo sta surclassando non per qualità del proprio progetto politico ma semplicemente perché dimostra dignità ed onestà intellettuale con i propri elettori.
Ormai l’ex sindaco di Roma è riuscito a compiere un vero capolavoro: di isolare il Pd al punto tale da fargli rompere i rapporti persino con l’alleato dell’ultim’ora!
Di questo passo, rischia di litigare anche con se stesso. Perché solo con Silvio Berlusconi gli riesce di parlare pacatamente, serenamente; con gli altri invece usa toni sempre minacciosi e ultimativi.
La dimostrazione è che, di fronte al diluvio di iniziative ad personam del governo di destra, l’impareggiabile Walter abbia pensato prima di raccogliere le famose 5 milioni di firme (ma forse qualcuno lo convincerà a soprassedere…) e poi di organizzare una giornata di protesta, fissandola tra più di tre mesi: addirittura per il 25 ottobre!
Sembra che Silvio Berlusconi sia compiaciuto di quanto non stia facendo Walter Veltroni ma, raccontano (2), “se davvero resterà segretario solo fino alle europee, allora tanto vale iniziare a cambiare interlocutore fin da ora”.
Insomma, siamo al paradosso che persino ad Arcore si lamentino di non poter più contare su un avversario credibile.
Anche il Cavaliere si è stancato di tanta mediocrità!
(1): la Repubblica, 10/07/08, pag. 6, "Lodo, oggi il sì della Camera cambia il blocca-processi"
(2): la Repubblica, 10/07/08, pag. 6, "E Berlusconi plaude al leader del Pd [...]"