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martedì 28 febbraio 2012

PD e PDL sul TAV, Treno ad Alta Vergogna

Nonostante la crisi economica e finanziaria, il governo dei tecnici, alias duopolio PD-PDL, sta ingaggiando con la popolazione della Val di Susa (e non solo!) una battaglia senza precedenti e senza esclusione di colpi, sordo a qualsiasi appello alla riflessione che dalla società civile si sta alzando, disposto a tutto pur di avviare un'opera gigantesca, dai costi folli, unanimamente riconosciuta del tutto inutile dai maggiori esperti del settore.
Per la politica, si va avanti come se niente fosse, perché di fronte agli appalti miliardari, non c'è manifestazione pacifica che possa sia pure semplicemente rallentare, meno che mai bloccare, l'avanzata delle ruspe.
Ormai è chiaro che gli uomini del PD e del PDL, nascosti dietro gli pseudotecnici del governo Monti,  non sono in alcun modo disposti ad aprire una discussione pubblica sulla fattibilità di un'opera da 20 miliardi di euro preventivati, infischiandosene altamente del dissenso generale, in un periodo in cui ci dicono di continuo non esserci i soldi per nulla: per la sanità, per la manutenzione stradale, per il dissesto idrogeologico del nostro paese,  per mettere in sicurezza le tante scuole fatiscenti, per costruire nuove carceri, per fare il pieno alle macchine della polizia, per mantenere le detrazioni fiscali a lavoratori e pensionati, per i beni culturali, per la ricerca scientifica,... insomma per una miriade di necessità pubbliche. 
Eppure per la TAV, che distruggerà una valle alpina creando per giunta infiniti problemi ambientali, i soldi ci sono eccome.
E si va avanti, costi quel che costi, anche se bisogna militarizzare una vasta zona pedemontana, anche se ci può scappare il morto.
Il ministro dello sviluppo economico, Corrado Passera, all'indomani del gravissimo incidente occorso a Lucca Abbà, uno dei leader della protesta locale contro la TAV, non sa fare altro che dire: "Si va avanti".
Ma a che titolo parla? Chi lo ha eletto per prendere una posizione così poco tecnica e tanto cinica?
Ah, dimenticavamo: l'ABC della Casta, il trio Alfano-Bersani-Casini, quelli dell'inedita alleanza tecnica.
Massimo Giannini, dai microfoni Rai di Prima Pagina, la popolare trasmissione mattutina di RadioTre, ha detto che il governo Monti rappresenta non la sospensione della democrazia, semmai la sospensione della politica.
Come se fosse possibile avere in una democrazia parlamentare disinvoltamente il commissariamento della politica senza che questo comporti ipso facto la fine della democrazia tout court.
Ma  questa è pure la Caporetto dell'intellighenzia, dei media che in queste settimane stanno facendo di tutto per derubricare la protesta TAV a mera questione di ordine pubblico.
Così gli oppositori della Val di Susa diventano amici e fiancheggiatori dei terroristi o essi stessi terroristi, pur con le sembianze di pensionati, lavoratori, sindaci, giovani coppie con bambini, artigiani, commercianti, maestre.
La politica è così prona di fronte agli interessi miliardari che si stanno concentrando sulla valle (basti pensare al business del movimento terra per scavare un doppio buco da 50 chilometri di lunghezza divorando roccia con presenza di amianto) che preferisce restare dietro le quinte mandando  i cosiddetti tecnici in avanscoperta a continuare il gioco sporco già avviato nella fase esecutiva dal governo Berlusconi.
Mentre i media li spalleggiano affrettandosi a dire che ormai, per quanto l'opera possa rivelarsi inutile e dannosa, la decisione è ormai stata presa (da chi?) ed è ormai irrevocabile.
Marco Imarisio, oggi, dalle colonne del Corriere della Sera commenta con parole che non esitiamo a definire agghiaccianti la situazione che si è venuta a creare in Val di Susa, rinfacciando ai politici di non aver detto parole chiare sulla vicenda e cioè che la protesta delle popolazioni della valle è una "causa persa" perchè l'opera si deve fare, punto e basta.
E chi si oppone non è un portatore di interessi legittimi, nella migliore delle ipotesi è un visionario, probabilmente è un matto.
A questo livello di intolleranza e di degrado culturale è giunto il dibattito civile nel nostro paese!
Eppure sono vent'anni che si è premuto sull'acceleratore di questo inferno prossimo venturo, senza che la politica e la nostra classe dirigente si siano sentite in dovere, per una volta almeno, di interpellare i cittadini che, da subito e spontaneamente, hanno fatto sentire la loro voce contraria.
Ma non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. 
Così PD e PDL hanno stretto un patto di ferro per decidere sopra la testa della gente.
Guarda un po', dopo tanti scontri al calor bianco,  è proprio in questo che hanno trovato unità d'intenti: nel fare carta straccia della sovranità popolare.
Insomma,  la TAV come l'articolo 18, come la riforma delle pensioni, come le liberalizzazioni fasulle... alla faccia della democrazia rappresentativa!
Ma ormai non si vergognano più di niente, disposti a fare carte false pur di restare a galla.
Ecco perché, con tutta probabilità, alle prossime elezioni amministrative, non avendo il coraggio di presentarsi con il proprio simbolo, PD e PDL raccoglieranno voti sotto le mentite spoglie delle liste civiche.
Nel frattempo sono  montati, senza pagare, sul Treno ad Alta Vergogna.
E ci fanno pure la predica che questa è la modernità...

PS (29/02/2012 h. 9.00): ieri sera a Ballarò show del segretario generale CISL Raffaele Bonanni che, col suo classico linguaggio sgangherato, ha difeso la TAV con parole e toni più consoni ad un padrone delle ferriere che ad un leader sindacale.
Oltre a dare informazioni false (ad esempio, che mancherebbe all'ultimazione dell'infrastruttura europea solo il tratto italiano),  il massimo della sua argomentazione è stato quello di dire che se non facessimo la TAV "noi non investiremmo un soldo e faremmo ridere l'Europa".
Onore al merito!

giovedì 24 novembre 2011

Dopo il pizzino di Enrico Letta, la Casta si mette al lavoro...

Il pizzino di Enrico Letta a Mario Monti con il quale il vicesegretario del PD si mette a disposizione del premier, sia in pubblico che riservatamente, non ha avuto granché risalto sulla stampa; quasi che sulla vicenda abbia preferito stendere un velo, non si sa se pietoso o complice.
Fatto sta che a tenere in piedi l'episodio ancora una volta è stata la rete.
E gli stessi quotidiani, che in edicola hanno glissato, nell'edizione on line non hanno potuto mancare il ghiotto scoop.
Che questa sarebbe stata una delle notizie più cliccate della settimana era del resto prevedibile.
Ancora una volta la nostra classe politica ha dato l'ennesima dimostrazione di inadeguatezza svelando che, spente le luci dei talk show in cui si fa a gara nel dirsene di tutti i colori, dietro le quinte  e nei corridoi del Palazzo, condivide in perfetta armonia i privilegi di una professione di grandi onori ma di pochissimi oneri.
Ed è riuscita pure nel piccolo grande capolavoro di lasciare il governo del paese ad una pattuglia di professoroni, a cui viene lasciata carta bianca per prendere misure impopolari, rimanendo nel frattempo alla finestra.
Il bello è che a gente che ci ha portato alla rovina e che è di fatto in vacanza fin quando Mario Monti non riterrà opportuno convocarla per farle premere in Parlamento il pulsante verde e far passare così i suoi provvedimenti, continuiamo a pagare stipendi e ad erogare benefits da nababbi.
E poiché, come è successo per lo sfortunato nipote di Gianni Letta, non vuole più farsi sorprendere con il sorcio in bocca, mentre attende che si alzino le saracinesche della macelleria sociale, ha pensato bene di tappare la bocca ai fotografi dell'emiciclo istituendo, a tambur battente (sin dal prossimo 29 novembre!), un tesserino di cui dovranno dotarsi per continuare a lavorare sulle tribune parlamentari.
Tesserino che sarà loro consegnato solo dopo aver sottoscritto un codice di autoregolamentazione in cui essi si impegnano "a non utilizzare strumenti di ripresa fotografica o visiva per cogliere gli atti o i comportamenti non risultanti essenziali per l'informazione", pena il divieto di accesso in Parlamento.
Evviva l'efficienza!
I nostri politici del PD-PDL, nel pieno di una tempesta finanziaria e di una crisi economica senza precedenti, in attesa che il preside Monti esca dal collegio dei docenti, di che cosa si preoccupano?
Per caso di tagliarsi stipendi e vitalizi e paracadutarli al livello dei comuni mortali?? Errore!
Dopo essersi dati un gran da fare con codici e codicilli per renderci invisibili i loro pizzini, adesso sono veramente stanchi... 


venerdì 18 novembre 2011

Governo Monti: l'importanza di chiamarsi Enrico...

«Mario, quando vuoi dimmi forme e modi con cui posso esserti utile dall'esterno. Sia ufficialmente (Bersani mi chiede per es. di interagire sulla questione dei vice) sia riservatamente. Per ora mi sembra tutto un miracolo! E allora i miracoli esistono! Enrico»
Il biglietto fatto recapitare dai banchi dell'opposizione al tavolo del governo è forse la notizia più succosa di questa prima uscita del premier Mario Monti e, al di là dell'interpretazione autentica che si è affrettato malamente a darne il suo improvvido estensore, il vicesegretario del PD Enrico Letta, la dice lunga su quello che è il male della politica italiana: il trasversalismo, da sempre origine di tutte le degenerazioni del bipolarismo all'italiana.
Stiamo ai fatti: questo pomeriggio, con una maggioranza record di 556 voti, il governo Monti ha ottenuto la fiducia della Camera dopo averla incassata il giorno precedente dal Senato.
E' finalmente nel pieno esercizio delle sue funzioni: staremo a vedere come lavorerà.
Una gravissima crisi politica è stata risolta in meno di una settimana sotto l'incombere dei mercati che minacciavano (giustamente!) sfracelli finché Silvio Berlusconi fosse restato a Palazzo Chigi.
E' troppo presto per trarre conclusioni ma si può già ammettere che un effetto calmierante sullo spread Btp-bund tedeschi  questo passaggio di consegne lo abbia sortito.
Siamo in presenza di una maggioranza inedita PD-PDL con l'aggiunta dell'IDV di Antonio Di Pietro mentre la Lega di Bossi è sola all'opposizione. Come scrive il nipote di Gianni Letta, già sottosegretario di Berlusconi, un miracolo.
Per qualcuno è la sospensione della democrazia: dipende dai punti di vista ma, certo, che i due fronti contrapposti, dopo aver fatto per anni le barricate ed aver lanciato di tutto nel campo avverso, vadano adesso a braccetto è, anche solo visivamente, sensazione per stomaci forti.
Ma tutto ha una spiegazione: dovendo approvare misure assolutamente impopolari a ritmi forzati, né PD né PDL se la sono sentita di metterci la faccia condannandosi al pubblico ludibrio con i propri elettori.
La Casta, cioè, si ripara dietro il governo tecnico e a questo lascia fare tutto ciò che essa non ha né il coraggio politico né  il mandato elettorale di proporre alla propria base.
Se non è sospensione della sovranità popolare questa...
Il parallello che alcuni osservatori embedded fanno con la Grosse Koalition di Angela Merkel è fuorviante.
In Germania, il sistema elettorale è proporzionale con sbarramento; pertanto la maggioranza politica si trova in Parlamento, soltanto una volta contati i voti delle urne.
I due partiti che alle ultime elezioni hanno ricevuto maggiori consensi, socialdemocratici e democristiani, non si presentano agli elettori in contrapposizione.
Come invece accade da noi dove PD e PDL, in forza del sistema prevalentemente maggioritario, si contendono a suon di colpi bassi (anche sul piano personale!), fino all'ultimo collegio uninominale.
In Italia, la coalizione di governo viene presentata agli elettori prima del voto da entrambi gli schieramenti: pertanto chi vota PD o PDL sa che il suo voto esprime un orientamento avverso all'altro cartello elettorale.
Tant'è che per forzare il nostro sistema politico al bipolarismo,  con il porcellum si sono fatte fuori le ali estreme, i partiti minori: ricordate i cosiddetti cespugli?
Chi non rammenta la vocazione maggioritaria del 2008 di Walter Veltroni che affossò il governo di centrosinistra di Romano Prodi e condannò a restare fuori dal Parlamento tutti i partiti di sinistra, dai Verdi, a Rifondazione, al Pdci di Oliviero Diliberto? 
E' chiaro che adesso assortire una maggioranza, sia pure per un appoggio esterno al governo, tra Partito Democratico e Popolo della Libertà, è molto più che una forzatura...
Ma la politica italiana ci ha abituato a tutto!
Quello che però non è assolutamente giustificabile è quell'aria continua di inciucio, di accordo sottobanco, che rende irrespirabile l'aria del Palazzo anche a chi è abituato da troppo tempo a votare turandosi il naso.
In un frangente tanto delicato come quello descritto per il rispetto della sovranità popolare, non è accettabile che il vicesegretario del PD Enrico Letta assicuri un appoggio tanto peloso quanto sommesso al neo premier Mario Monti, prestandosi al collaborazionismo piuttosto che ad una collaborazione alla luce del sole.
Infatti, che senso può avere mandargli un biglietto privato per rendersi utile dal'esterno sia ufficialmente che riservatamente?
Ma a che gioco giochiamo??
Fa sospettare che il governo Monti è, sotto mentite spoglie, il vero esecutivo in cima ai desideri della direzione del Partito Democratico, in barba alle mille dichiarazioni fatte in questi anni, dimostrando una convergenza politica e di ideali con il PDL assolutamente unica e impressionante. 
E' un caso che Enrico Letta parli di miracolo a proposito di questa svolta politica?
Pare quindi che la battaglia di Bersani, Veltroni, D'Alema & c. di questi anni contro il governo Berlusconi sia stata concepita esclusivamente contro l'uomo politico Silvio Berlusconi e non contro la sua pessima politica, a cui sotto sotto aderiscono.
Ecco perché Beppe Grillo non si stanca di chiamarli PDmenoL




mercoledì 31 agosto 2011

Il riscatto di naja e laurea e il nuovo disco di Berlusconi: "Scurdamocce 'o passato... simm 'e Arcore paisà!"

La manovra di Ferragosto, dopo quella di luglio, altro non è che il fallimento di un governo e della sua maggioranza: basterebbe accostare i fotogrammi delle conferenze stampa del 5 agosto e del 12 agosto indette in fretta a furia per placare i cosiddetti mercati dal duo Tremonti-Berlusconi , per avere la riprova mediatica di un naufragio politico e morale a cui non è più possibile porre rimedio.
In un Paese serio, sarebbe bastato semplicemente costatare alla TV l'imbarazzo e l'assoluta impreparazione mostrati dal ministro del Tesoro nel fronteggiare un disastro finanziario annunciato da tempo e che solo lui e Berlusconi avevano continuato a negare fino alla sua finale deflagrazione, per mandarli a casa a stretto giro di Quirinale.
Invece no, imperterriti, rimangono lì minacciando ed organizzando nuovi sfracelli.
Questa volta hanno preso di mira di nuovo la previdenza, in particolare i contributi versati dai lavoratori per il riscatto degli anni di laurea e del servizio militare di leva.
Il target è chiaro: i lavoratori dipendenti che hanno studiato fino alla laurea e che hanno servito lo Stato con la naja.
Ad essi lo Stato aveva parlato chiaro: poiché il servizio militare e lo studio che avete compiuto fino alla formazione universitaria hanno un'utilità sociale, qualora voi effettuiate versamenti volontari, tali contributi ve li riconosco ai fini previdenziali, ponendovi alla pari con chi, presa la maturità, ha potuto entrare subito nel mondo del lavoro e dunque maturare un'anzianità di servizio e previdenziale mediamente di 4-5-6 anni superiore alla vostra.
Così ad esempio il brillantissimo studente in medicina che inizia, suo malgrado (6 anni di laurea + 4 di specializzazione + 1 anno di leva militare), a fare il medico alla soglia dei trent'anni, avendone la possibilità economica (si tratta di tirare fuori oggi diverse decine di migliaia di euro!) si può fare riconoscere come anzianità previdenziale tutto il lungo periodo passato sui libri, in mancanza del quale oggi non potrebbe svolgere le funzioni di medico.
In modo tale che rispetto al diplomato di pari età, che ha iniziato a lavorare a 19 anni, almeno sotto il profilo dell'età previdenziale, viene in qualche modo equiparato: entrambi a 30 anni possono vantare un'anzianità previdenziale di 11 anni. Quindi per raggiungere i fatidici 40 anni di servizio, hanno ancora davanti 29 anni di lavoro.
Se tutto fila liscio, maturano il massimo contributivo a 59 anni.
Ragionamento analogo lo si può fare, naturalmente, per ingegneri, architetti, professori e così via, solo che i periodi di riscatto sono evidentemente inferiori rispetto al caso limite dei medici.
Il duo Berlusconi Tremonti e tutta l'allegra brigata di Lega e Pdl adesso dice: i vostri versamenti? Fate finta di non averli effettuati; al più ve li riconosceremo al momento in cui (chissà quando!) andrete  in pensione e questa vi verrà calcolata su tutti i contributi versati. 
Così, tu medico che hai versato mediamente 50-60mila euro di contributi in più, a 59 anni vorresti andare in pensione?
Scherzi? Sei giovanissimo, hai solo 29 anni di anzianità, dopo il vertice di Arcore sei retrocesso a pensionato baby, la pensione la puoi vedere soltanto con il cannocchiale!
Sembra assistere al recital dello chansonnier Berlusconi con il fido Apicella mentre ipnotizza la platea: "Chi ha avuto ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato ha dato, scurdammoce 'o passato... simme 'e Arcore paisà!"
E il premier Berlusconi vuole pure stappare la bottiglia di champagne... forse perché sia dell'imposta sui grandi patrimoni che di una maggiorazione dell'aliquota fiscale sui capitali scudati non se ne è fatto nulla. 
E' chiaro: con quale faccia lo Stato avrebbe potuto chiedere un supplemento di imposta (passando magari dal 5 al 23%, aliquota minima del reddito da lavoro dipendente) a evasori fiscali, malavitosi, faccendieri che hanno portato i loro capitali di origine illecita all'estero e che li hanno fatti rientrare incentivati da un misero 5% di prelievo tributario? 
Non sia mai, molto meglio fregare i cittadini onesti, che hanno studiato, lavorano  e che continuano a farlo  a testa bassa! Pagando pure il 38% sul reddito da lavoro...
Finché ci sono loro, per l'allegra brigata di Arcore sarà sempre tempo di bunga bunga!

mercoledì 27 luglio 2011

La class action del PD: ormai siamo alla farsa...

Raccontano le cronache che il leader democratico Pierluigi Bersani questa volta se la sia presa presa davvero a male.
Sollecitato da più parti a prendere posizione sulla scottante questione morale all'interno del suo partito (la più autorevole è stata la lettera aperta di Marco Travaglio dalle colonne del Fatto Quotidiano di domenica scorsa), dopo le ultime imbarazzanti vicende che hanno visto per protagonisti, in casi giudiziari diversi,  il consigliere Enac Franco Pronzato, coordinatore dell'area Trasporti dei democratici, il capo della segreteria Filippo Penati (all'epoca dei fatti sindaco di Sesto San Giovanni) e il senatore Alberto Tedesco, risparmiato dall'arresto da una decisione parlamentare a dir poco rocambolesca, dopo giorni di silenzio ha ammesso la mancanza di una diversità genetica del PD.
Lo sospettavamo da tempo! Quanto poi a rivendicare una presunta diversità politica come egli fa in questa occasione, beh, per una volta ci risparmi inutili chiacchiere...
Fatto sta che  trovandosi in una posizione politicamente sempre più scomoda, Bersani ha evocato la famigerata macchina del fango che sarebbe in azione contro il suo partito, minacciando sfracelli se non verrà messa a tacere, ovvero querele e, udite udite, una class action degli iscritti a tutela del buon nome del PD.
La qual cosa più che preoccupare fa sorridere, ricordando la famosa raccolta di dieci milioni di firme per le dimissioni di Berlusconi su cui, per carità di patria, è meglio stendere un velo.
'Ragasssi ma siam passi? Non stiam qui a farci rosolare le chiappe...' gli potrebbe mettere in bocca qualche noto comico.
Purtroppo per Bersani e per tutta la politica di questo Paese, c'è poco da scherzare: da mesi sta soffiando, sempre più impetuoso, un vento d'insofferenza verso la Casta, incapace di mandare un segnale forte di efficienza o almeno di rinnovamento e di pulizia.
Ha ragione Beppe Grillo quando dice che PD e PDL sono le facce di una stessa medaglia, senza più valore, che neppure uno sprovveduto accetterebbe più in pagamento.
Ma questi politici dell'Italia del bipolarismo continuano a fare finta di niente, a non spiegare ai cittadini perché al peggio berlusconiano si debba necessariamente contrapporre sempre il solito male dell'opposizione che, con i suoi scheletri nell'armadio, è da tempo bloccata, incapace di rappresentare una valida alternativa al pericoloso governo di Silvio Berlusconi.
Quando finalmente la magistratura interviene e scopre i rispettivi altarini bipartisan, ecco che tutti i leader politici fanno finta di cadere dalle nuvole, come se fossero vissuti fino a quel momento da un'altra parte, mentre dovrebbero essere perfettamente consapevoli di aver costruito il loro consenso elettorale proprio attraverso il metodo delle cordate, dello scambio di favori, degli appalti non trasparenti, delle clientele, delle burocrazie ipertrofiche, avendo rinunciato in partenza a far prevalere la forza delle proprie idee con gli strumenti della politica, in primis la partecipazione e la condivisione delle scelte con i cittadini.
Sì, caro Bersani, dentro quella parte di sinistra che tu dichiari di rappresentare c'è stata una vera e propria mutazione genetica che ha implementato i geni dell'affarismo in una cultura politica che già nella denuncia di Enrico Berlinguer di trent'anni fa era stata contaminata dal virus della partitocrazia.
E' proprio lì, alla fine degli anni Settanta, che si è spezzato il filo della rappresentanza tra gli eletti e gli elettori.
Ecco perché la Casta dei partiti e dei politici oggi è vera antipolitica, non quella dei movimenti spontanei che si stanno finalmente riappropriando delle questioni collettive, esprimendo un bisogno sincero di partecipazione e di contare realmente nelle scelte pubbliche.
Non c'è più spazio (né tempo!) per l'ipocrisia e le solite liturgie della prima e della seconda repubblica.
La misura è ormai colma. 
La vera class action è contro di voi!

martedì 5 luglio 2011

A favore della TAV, una classe politica da mandare a casa

Gli incidenti della TAV hanno messo in luce ancora una volta che PD e PDL sono le facce di una stessa medaglia.

Di fronte alla legittima protesta delle popolazioni della Val di Susa che, da sempre, sono contrarie allo sventramento delle Alpi per un’ennesima linea ferroviaria ad alta velocità, in un territorio già martoriato da infrastrutture gigantesche di ogni tipo, la sola risposta che sanno formulare i due principali partiti politici è quella di criminalizzare la protesta per poter surrettiziamente ridurre un problema di allocazione di risorse pubbliche a questione di ordine pubblico.

Per raggiungere questo obiettivo stanno facendo a gara tutti: mass media, salvo poche voci fuori dal coro, e i politici del polo unico PD+PDL.

Purtroppo da gente come Maroni, Cota, Matteoli, non ci si poteva attendere di meglio; ma assieme a loro, gareggiano al massimo ribasso i Bersani, i Fassino e i tanti dirigenti della sinistra che fu (ed adesso si capisce perché!).

Se l’opposizione glissa sulla questione economica, finanziaria, ambientale, sociale, che sta dietro a questa infrastruttura monstre e non tenta di abbozzare una qualche spiegazione agli Italiani di un atteggiamento, peggio che pilatesco, di dichiarato sostegno dell’opera, addirittura soffiando sul fuoco delle tensioni per invocare la prova di forza della polizia, è segno proprio che questa classe politica deve andarsene a casa.
Non solo non ha imparato nulla dalle consultazioni elettorali di primavera; ma è del tutto impreparata sul piano tecnico-professionale.


Guardando alla cronaca degli ultimi giorni, è chiaro che nessuno può difendere i presunti black bloc e le loro violenze; ma, a maggior ragione, non è accettabile che le forze dell’ordine sparino lacrimogeni ad altezza d’uomo come ha testimoniato il corrispondente di Al Jazeera.

Né è tollerabile, in una democrazia normale, che non ci sia politico del monolito  PD+PDL disposto ad aprire una discussione franca davanti al Paese per dimostrare nel merito la validità di quest’opera.

Per capire il degrado della nostra classe politica, protesa a difendere solo se stessa, è illuminante l’intervista su Repubblica di domenica scorsa del piddino Piero Fassino, ora sindaco di Torino, che sulla manifestazione dei No Tav ad un certo punto si lascia sfuggire: "A sfilare ci saranno gruppi che dicono no ad altre opere, dal Dal Molin al ponte sullo stretto di Messina. La marcia sta assumendo i connotati in una manifestazione contro qualsiasi infrastruttura moderna, si rischia una regressione culturale".

A questo pasionario della TAV, qualcuno dovrebbe spiegare che l’economia moderna è cambiata e che oggi lo sviluppo economico passa principalmente per l’innovazione tecnologica; molto meno per la costruzione di grandi infrastrutture ferroviarie o autostradali (a meno che non si dimostri, dati alla mano, la loro specifica utilità).

Come volano dello sviluppo funziona molto meglio l’investimento nelle nuove reti telematiche, nelle energie rinnovabili, nell’innovazione tecnologica, nella ricerca, nell’istruzione, nella sanità, nei beni culturali e ambientali.

Ignorare ciò, questo sì, è vera regressione culturale; a cui si abbinano quantità industriali di arroganza.

Tronfio della propria ignoranza, su una cosa l’impareggiabile Piero ha ragione: soffia sul Paese un vento di protesta; ma non contro le opere pubbliche (magari se ne avviassero di veramente necessarie!) ma contro una classe politica incompetente, che vive molto al di sopra dei propri meriti e che, a secco di argomenti, lancia la polizia contro i cittadini.

Così, a certificare il fallimento politico della casta, non basta più il ruolo di supplenza della magistratura, ci vuole pure quello delle forze dell’ordine!

Privi ormai di qualsiasi credibilità (men che meno di autorevolezza!), i nostri parlamentari, figli della legge porcata, ormai rappresentano solo se stessi e i propri privilegi a cui restano attaccati con le unghie e con i denti: per non rinunciare neppure ad un euro dei loro lucrosi emolumenti, si appellano persino ai diritti acquisiti, mentre non muovono un dito contro la macelleria sociale avviata da anni dal ministro del Tesoro Giulio Tremonti.

Ecco perché oggi ci sentiamo tutti cittadini della Val di Susa.