Visualizzazione post con etichetta Michele Santoro. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Michele Santoro. Mostra tutti i post

mercoledì 31 ottobre 2007

Politica, giornalismo e magistratura

Ennesimo editoriale di D’Avanzo sulla questione De Magistris - Mastella - Forleo.
Ancora una volta la accosta indebitamente alla stagione della Palermo di Falcone e Borsellino: nessuno glielo ha chiesto, nessuno dei protagonisti ha osato fare questo confronto quasi sacrilego ma lui, improvvisamente inviato speciale a bordo della sua macchina del tempo, è cocciutamente intenzionato a proporlo; a parte il pessimo gusto dell’operazione, è proprio l’obiettivo della stessa ad essere sciagurato.
Già risulta impegnativo per chi scrive ricordare senza retorica ma con eterna riconoscenza questi due eroi dell’Italia repubblicana (eroi per quello che hanno fatto nella loro vita di magistrati e di uomini dello Stato, non per l’ipocrita incensatura postuma che molti aspri detrattori delle loro iniziative giudiziarie si sono poi affrettati a fare; spesso anche in disprezzo della verità, costruendo leggende metropolitane come quella secondo la quale Paolo Borsellino non parlava mai ai media); si pensi poi quanto sia impervio, pericoloso, moralmente deplorevole, violarne la memoria per ridicolizzare le vicende giudiziarie attuali e gettare discredito sui protagonisti di oggi.
Ma partiamo dall’inizio.
Sul caso dell’inchiesta Why not tolta al pm di Catanzaro, il giornalista Giuseppe D’Avanzo si mantiene sulle generali ritenendo che “se si conserva la testa fredda […] ci siano tutte le condizioni per convincere De Magistris a evitare allarmi e proclami a vantaggio di una responsabile riservatezza.”
Poi passa ad affrontare il caso di Clementina Forleo con la quale, come tutti hanno avuto modo di rendersi conto leggendo il suo editoriale del 6 ottobre, forse deve avere qualche conto in sospeso.
Ricordate? La accusò inopinatamente di riferirsi a Massimo D’Alema quando aveva parlato nella trasmissione di Michele Santoro, Anno Zero, dei tanti don Rodrigo del Sud: fu una goffa difesa d’ufficio, non solo non richiesta dal presidente dei DS ma anche ingenuamente infamante nei suoi confronti.
Il fatto che il gip milanese abbia rivelato di essere stata soggetta a pressioni dai livelli istituzionali durante l’inchiesta Antonveneta-Bnl del 2005 e che oggi non si senta protetta dallo Stato è considerato da D’Avanzo un affare “molto bizzarro” anche se, ne conviene, esso “chiede di essere illuminato in fretta”.
Cita l’art. 331 del codice di procedura penale sull’obbligo della Forleo di farne denuncia per le vie di rito, auspicando comunque che qualcuna delle autorità giudiziarie preposte le imponga a riguardo di stendere una relazione di servizio.
Riconosce, comunque, che pur “ossequiente alla legge” il giudice Forleo potrebbe essere stata esitante nell’osservarla in tale occasione vista l’ostilità dell’ambiente istituzionale; ma egli aggiunge che è arrivato il tempo in cui “ciascuno faccia la sua parte a difesa dell’incolumità del giudice e dell’integrità dell’inchiesta milanese”.
Fin qui niente da eccepire anche se il tono usato dal giornalista non convince pienamente.
Poi dà le pagelle: “bene” il Csm che, dopo le dichiarazioni di Clementina Forleo, ha aperto un fascicolo; “male, malissimo” l’Arma dei carabinieri che non dà seguito alle denunce della Forleo. Ma allora, viene spontaneo chiedersi, il gip milanese le denunce le ha fatte o no?
Risparmiandoci la lettura dell’art. 331 del codice, non si dovrebbe partire proprio da quelle denunce per ricostruire il clima di intimidazione in cui il magistrato milanese è costretto a vivere dopo i suoi pronunciamenti sulle scalate Antonveneta – Bnl?
Che non si stesse occupando propriamente di una lite condominiale, d’altronde, è dimostrato dal succedersi a seguito di quell’inchiesta di settimane difficili nel mondo politico e finanziario italiano, sfociate nelle dimissioni del governatore di Bankitalia Antonio Fazio.
Come nell’infortunio occorsogli nell’editoriale in cui ha tirato in ballo del tutto a sproposito D’Alema, D’Avanzo pecca ancora una volta di presunzione e, vestendo i panni dell’uomo di legge che guarda dall’alto in basso la Forleo, stabilisce su due piedi che le lamentate presunte pressioni istituzionali configurino sicuramente una fattispecie di reato da perseguire d’ufficio.
Ma, un passo più in là, il giornalista di Repubblica mostra di non credere più di tanto a questa ipotesi perché a parte “il goffo agitarsi di Clemente Mastella” non esiste, a suo dire, un conflitto magistratura-politica:“si può prendere atto che negli uffici giudiziari, nelle forme associate della consorteria togata, nel suo organo di autogoverno, in Parlamento, nel governo, la temperatura dei rapporti tra i due poteri è nei parametri”.
Come a lasciare intendere: di cosa vogliamo discutere, dell’aria fritta?
E, a questo punto, parte l’ultimo affondo: “E se nulla di davvero rilevante ci sfugge, per quanto tempo dobbiamo essere imprigionati in una recita a soggetto, per di più con l’indecorosa evocazione di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino?”
Che brutto finale! Facendosi scudo della memoria di due eroi, ha preconfezionato la sua invettiva, stile stagione dei veleni, concedendosi l’attenuante di un “se” per possibili future virate.
Ed ancora una volta a farne le spese su uno dei principali organi della carta stampata è il magistrato Clementina Forleo; a cui non è data purtroppo possibilità di replica senza sollevare ulteriori pretestuose polemiche.
Il clamore di questi giorni? Anche su questo, D’Avanzo non ha dubbi: è “emotività di teatri televisivi di incerta informazione che non danno conto della realtà ma preferiscono simularla”.
Invece di chiedere doverosamente scusa a Michele Santoro per gli insulti gratuiti e insensati di qualche settimana fa (editoriale su Repubblica del 6 u.s.), ha ancora l’impudenza di reiterare i suoi messaggi barbarici.
Ogni commento a questo punto è superfluo.
Fonte: Il paragone impossibile con Falcone e Borsellino

venerdì 26 ottobre 2007

Il richiamo della casta

Sempre interessante la puntata di Anno Zero di ieri sera, di nuovo dedicata al delicato tema della giustizia: in trasmissione quasi gli stessi protagonisti della puntata di venti giorni fa, il giudice Clementina Forleo e il sostituto procuratore Luigi De Magistris, insieme con il docente di procedura penale Vittorio Grevi.
L’argomento è sempre di stringente attualità visto che in tre settimane di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, come sappiamo.
Resta in sospeso il nodo della questione: se il pm dell’inchiesta Why not possa riprendere a lavorare sulle carte che in fretta e furia, con l’avocazione del procuratore facente funzioni Dolcino Favi, hanno preso la via di Roma, destinazione Tribunale dei ministri.
E’ inutile ritornare sul merito della vicenda che è ormai abbastanza chiara a tutti, grazie proprio a trasmissioni come quella di Santoro: il potere politico, quando si sente sotto la lente di osservazione della magistratura, reagisce d’istinto scompaginando le carte di chi indaga.
Adesso abbiamo una certezza in più: nel finto bipolarismo italiano, ciò accade sia con il governo di centrodestra che con quello di centrosinistra; ovvero, cambiando l’ordine dei partiti insediati al governo, il risultato per la giustizia italiana non muta!
E’ una specie di regola non scritta: la definiremo il richiamo della foresta, o meglio, della casta.
La stagione dei girotondi è finita da un pezzo ma qualcuno nel nuovo Partito Democratico dovrebbe spiegarci perché se era giusto sfilare di fronte al Palazzo di Giustizia di Milano nel 2002, ora è politicamente scorretto farlo a Catanzaro.
Ed infine, perché nessuno ha ancora provveduto a sostituire la scassata macchina blindata al pm De Magistris, che da mesi ha fatto presente che funziona peggio della 313 di Paperino?
Il tesoretto, guarda un po’, potrebbe in minima parte essere destinato proprio alla sicurezza dei magistrati più esposti nella lotta alla criminalità ed allo sperpero di denaro pubblico.
Se non vi provvedono immediatamente i ministri dell’Interno o quello della Giustizia, ministro Padoa Schioppa... pensaci tu!
In tempi difficili come quelli della legge finanziaria, la scelta potrebbe rivelarsi conveniente proprio per l’equilibrio dei conti pubblici.

giovedì 11 ottobre 2007

Santoro, Travaglio: di nuovo all'anno zero?

Chi l'avrebbe mai detto? La Rai del centrosinistra, o meglio del nascituro Partito Democratico, che frena le vittime simbolo dell'epoca berlusconiana: Santoro e Travaglio. Serve moderazione, spiega il cda Rai.
Di tutte le inerzie e fallimenti di questa stagione politica, quella che appare la più incredibile e, per certi versi, crepuscolare è proprio l'isolamento in cui sono stati messi al loro rientro in Rai questi due ottimi giornalisti.
L'editto di Sofia pronunciato da Berlusconi ha trovato la sua imprevista replica con l'intervento estemporaneo di Romano Prodi il quale, sia pure con una frettolosa e impacciata retromarcia, ha di fatto confermato le accuse mosse a suo tempo dal Cavaliere e che a quest'ultimo erano costate la riprovazione generale e, forse, l'onda lunga della sconfitta elettorale ai punti nella primavera del 2006.
Quello che appare ancora più sconfortante è che proprio in seno al Partito Democratico non si siano levate, come ci si sarebbe potuto ragionevolmente attendere, quelle voci di dissenso per l'infelice battuta del premier e, soprattutto, di piena solidarietà con il conduttore di Anno Zero che in altri tempi non gli sarebbero di certo mancate.
Quasi che il primo frutto del matrimonio DS - Margherita sia la nascita di un partito che recita al primo vagito l'abiura dei principi di un'informazione libera e pluralista.
Festeggiare il battesimo di questa nuova creatura politica in un'atmosfera mediatica di piena restaurazione (senza che il Cavaliere abbia dovuto muovere un dito!) è di pessimo auspicio per il futuro del centrosinistra e di ormai questo scorcio di legislatura.
In tale frangente, infatti, ha gioco facile la destra nel rispedire al mittente tutto lo sdegno a suo tempo suscitato dall'uscita bulgara di Berlusconi. Quale peggior viatico per le primarie di domenica! Con quale spirito molti elettori di sinistra potrebbero recarsi alle urne?
Di certo l'affluenza di domenica ci dirà se il Partito Democratico è rimasto all'anno zero: se non si dovesse ripetere il risultato delle primarie vinte da Prodi, si aprirebbe una stagione politica assai delicata per la nuova leadership.
Ma stasera ritorna, fortunatamente, Anno Zero.

mercoledì 10 ottobre 2007

Virata di 180 gradi... ma Annozero attende

Il week end ha portato consiglio al giornalista di Repubblica Giuseppe D'Avanzo. Prova ne sia che quanto da lui pubblicato nell'editoriale di sabato scorso Messaggi barbarici è stato quasi per intero "riveduto e corretto" nel breve volgere di due giorni.
Certo, non ha ritirato le accuse fatte alla trasmissione di Michele Santoro Anno Zero, cosa che ragionevolmente non avrebbe potuto fare senza cospargersi il capo di cenere. Ma ha del tutto ribaltato il giudizio sull'azione disciplinare intrapresa dal ministro della giustizia Clemente Mastella contro il magistrato di Catanzaro De Magistris, ben prima che arrivi la decisione del CSM (rinviata al 17 dicembre).
Osserva giustamente D'Avanzo che il rinvio già suona come una sconfessione dell'iniziativa presa dal ministro da parte dell'organo di autogoverno dei giudici perchè di fronte ai rilievi mossi dal ministero, a Palazzo dei Marescialli "nessuno è saltato sulla sedia": a dimostrazione che, quali saranno gli esiti dell'azione disciplinare, allo stato attuale mancano i presupposti per un trasferimento urgente di uno dei magistrati più impegnati nella lotta criminale allo sperpero del denaro pubblico in Calabria.
Conclude D'Avanzo "L'iniziativa di Mastella resta come nuda e appare sempre più il tentativo di intimidire quel pubblico ministero e di seppellire la sua inchiesta. Non è un bel vedere." (Fonte: Repubblica del 9/10/07)
Pienamente d'accordo, non c'è che dire!
Se non fosse che non più tardi di quattro giorni fa D'Avanzo aveva sparato a zero contro il programma di Michele Santoro, subissandolo di improperi, soltanto perchè alla vigilia della decisione del CSM egli aveva osato puntare il faro dell'informazione pubblica su questa vicenda.
Alla luce di quanto emerso, si può adesso affermare che l'analisi imbastita da Santoro era quanto mai opportuna e le perplessità sollevate nella trasmissione avevano qualcosa di più che un semplice fondamento.
Correttezza deontologica vorrebbe che anche sul fronte insulti, il giornalista D'Avanzo facesse almeno qualche passo indietro anche perchè nel suo editoriale, tra barbarie e suicidio collettivo, non si è certo risparmiato.
O dobbiamo pensare che la reale accusa velatamente mossa a Santoro è quella di non voler rinunciare alla propria autonomia di pensiero e, testardamente, di continuare a considerare l'informazione pubblica come uno strumento decisivo per lo svolgimento di una corretta vita democratica al servizio dei cittadini e non dei poteri forti?

sabato 6 ottobre 2007

D'Avanzo ad alzo zero contro Annozero

Purtroppo tutto ci saremmo attesi tranne che il giornalista Giuseppe D'Avanzo, dopo aver abbandonato da qualche parte il suo solitamente ricco taccuino di scoop con cui ha infarcito memorabili inchieste su Repubblica, abbandonasse le vesti di inquirente per conto del giornale di piazza Indipendenza per indossare i panni di fustigatore dell'informazione televisiva.
L'obiettivo però non è stato quello di mettere alla berlina i famosi panini confezionati per tradizione dal TG1 o da qualche notiziario Mediaset e che ogni giorno ammorbano l'aria rendendoci impossibile la visione del telegiornale.
No, questa volta si è diretto ad alzo zero contro Michele Santoro e la sua trasmissione Annozero, definendola una barbarie, consultando anche il vocabolario per gridarlo meglio.
Parte dal caso De Magistris, accusando il ministro Mastella, promotore del deferimento del magistrato di Catanzaro, di non essersi fatto scappare l'occasione di "infilzare"De Magistris con un'indiavolata sollecitudine e a chiedere al Consiglio - senza alcuna seria urgenza - il trasferimento del pubblico ministero per "gravi violazioni deontologiche"; per poi affermare che "In questa cornice, dovrebbe essere intelligibile per chiunque "il bene" che chiede protezione in quest'affare: l'autonomia di una funzione giudiziaria rispettosa delle regole".
Come a dire che Santoro faceva bene a non parlare della questione. Il perchè è lasciato del tutto all'oscuro anche se D'Avanzo prova a farfugliare un po' di frasi fatte senza troppa convinzione: "Se una giustizia condizionata o minacciata dal potere non è giustizia (l'indipendenza è il presupposto dell'imparzialità del magistrato), non è giustizia nemmeno quando si manifestano prassi in cui prevale una logica dell'efficienza coniugata alla facile idea che per la salus rei publicae bisogna guardare al reo dietro il reato, anche a costo di sacrificare il principio di stretta legalità".
Che cosa vuole farci intendere con un ragionamento tanto bislacco? Che dà per scontato che il pm De Magistris abbia violato la legge nella sua foga giustizialista contro Mastella? Ma non ha appena riferito dell'indiavolata sollecitudine del ministro di infilzare il magistrato senza alcuna seria urgenza?
Male, malissimo, D'Avanzo: una rilettura del pezzo prima della rotativa sarebbe stata indispensabile...
Ma il meglio D'Avanzo lo riserva nella parte centrale dell'editoriale: prima critica la scelta di confrontare la crisi calabrese con i veleni palermitani degli anni Ottanta accusando Santoro di aver compiuto "un errore di prospettiva" (ma su questo ciascuno, ragionevolmente, può avere l'opinione che vuole perchè non c'è nessuno, fino a prova contraria, che possa rilasciare la certificazione DOC alle stagioni criminali); poi punta a testa bassa sul giudice Clementina Forleo, colpevole di aver auspicato, come qualunque persona onesta e sana di mente riterrebbe, che il Sud si liberi dei suoi Don Rodrigo.
Per D'Avanzo l'equazione è chiara: poichè la Forleo è pugliese e D'Alema, di cui lei ha chiesto al Parlamento di utilizzare le intercettazioni con Consorte per la scalata Unipol, è stato eletto in Puglia, l'allusione a Don Rodrigo è sicuramente riferita allo stesso D'Alema.
Un po' come dire che poichè D'Avanzo è un giornalista, tutti quelli che portano il suo cognome sono giornalisti.
Complimenti: questa sì che è barbarie intellettuale!
Ma D'Avanzo ancora non è contento: dopo aver erroneamente attribuito alla giudice Forleo una critica ai suoi illustri colleghi di Milano (a questo punto dell'articolo è ormai chiaro per il lettore che D'Avanzo, chissà perchè, ha il dente avvelenato contro questo magistrato), si scaglia contro Santoro.
Lo accusa di aver organizzato "una trasmissione che rende incomprensibile la materia del contendere" (finalmente ammette di non averci capito niente, salvo poi scriverci sopra un fiume di parole insulse e livorose) e di avere preconfezionato una tesi del tutto errata: di ritenere, cioè, che il ministro Mastella, di fronte al disastro giudiziario calabrese, doveva guardare alla sostanza dell'operato di De Magistris, non ai suoi eventuali errori formali.
Ci siamo, D'Avanzo ormai ragiona come un giudice ammazzasentenze, di quelli che annullavano una condanna all'ergastolo perchè mancavano i bolli.
Si esprime esattamente come uno dei tanti azzeccagarbugli del Cavaliere; eccone una perla: "...quanti orrori possono accadere quando un magistrato arriva al massimo dell'indignazione e, in nome della giustizia, pretende un castigo e, se non lo ottiene, avvia un ciclo di ritorsioni."
Ma non è ancora finita: senza guardarsi allo specchio, accusa en passant Marco Travaglio di disinformazione per poi affondare il colpo ancora una volta contro Santoro dando un giudizio conclusivo sul suo programma; giudizio che, guarda un po', calza a pennello per il suo editoriale: "notizie alquanto confuse, disinformazione; non c'è alcuna conoscenza, soltanto un distillato di veleni in un quadro culturale che ignora le ragioni della democrazia e le convenienze dello Stato di diritto".
Chiosa D'Avanzo: "Annozero, viene da dire, è stato soltanto un passo verso il suicidio collettivo".
Sarà, ma in questa occasione è proprio lui che, in un pericoloso mix tra arrogante narcisismo, cieco furore e ordini di scuderia, ha dato una pessima prova di giornalismo.

Fonte: Repubblica del 6/10/07

http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/cronaca/pm-catanzaro/santoro-messaggi-barbarici/santoro-messaggi-barbarici.html

venerdì 5 ottobre 2007

A chi giova imbavagliare la Rai?

Che Mastella non sia una grande ministro di giustizia gli elettori dell'Unione lo hanno sempre sospettato.
Che forse sarebbe stato più adatto in questo ruolo magari nel governo Berlusconi concordano tutti, sia a destra che a sinistra: in fondo il suo partito, l'Udeur, non potrebbe benissimo stare nella maggioranza di centrodestra?
Ma che sia ormai da settimane nell'occhio del ciclone nessuno lo poteva prevedere. Certo, per diventare una star della cattiva politica oltre le circostanze (il fenomeno Grillo) c'ha messo del suo: indubbiamente... il talento c'è!
Sarebbe inutile snocciolare quella serie ininterrotta di discutibili iniziative che ha al suo attivo in pochi mesi: senza scomodare l'indulto o la riforma che porta il suo nome, basti pensare alla recente richiesta di trasferimento cautelare del pm De Magistris avanzata al CSM ed in discussione lunedì prossimo.
Al di là dei rilievi formali che gli vengono contestati, suona strano che tanto zelo il ministro della giustizia lo dimostri proprio nei confronti del magistrato che, quasi in perfetta solitudine, ha scoperchiato il vaso di Pandora di uno dei tanti intrecci politico-affaristico-mafiosi esistenti in una Calabria consegnata in larga misura alle cosche criminali (possibile che già nessuno si ricordi più della strage di Ferragosto a Duisburg?).
Eppure, nonostante la gravissima situazione di degrado in cui versano gli uffici giudiziari calabresi (così bene rappresentata nella puntata da Locri W l'talia in diretta di Riccardo Iacona, nel luglio scorso) il ministro non trova niente di meglio che intralciare il lavoro di uno di quei pochi giudici che in quelle terre difficili combatte la battaglia dello Stato per il ripristino di un minimo di legalità e di agibilità democratica, condizione indispensabile per avviare finalmente un sano processo di sviluppo economico.
Sarebbe sì o no interesse e responsabilità del Governo conoscere che fine hanno fatto i milioni di euro stanziati per la costruzione dei depuratori e di cui in Calabria non s'è vista nemmeno l'ombra? Ed ancora, sarebbe opportuno accertare quale virulenza abbia avuto il comitato d'affari che in Basilicata da decenni condiziona pesantemente la vita pubblica?
Nessuno vuole processare Mastella sulla pubblica piazza, come egli dice di temere, ma il ministro e la compagine governativa di cui fa parte non possono sottrarsi al vaglio della pubblica opinione su temi tanto delicati, a maggior ragione se le indagini della magistratura sfiorano esponenti del Governo in carica: anche perchè, in tale situazione d'allarme sociale, qualcuno dovrebbe spiegarci per quale ragione criticare nella piazza televisiva il modus operandi di un ministro sarebbe politicamente scorretto.
Il problema non è certo la trasmissione televisiva Annozero di Michele Santoro: con chi può prendersela Mastella se non con se stesso quando il sottosegretario intervenuto difende il suo operato con argomentazioni capziose e cavilli da Azzeccagarbugli?
Come non condividere allora il grido di allarme del giudice Clementina Forleo: "Noi giudici siamo lasciati soli contro i tanti don Rodrigo al Sud".
O forse l'editto bulgaro di Berlusconi contro Biagi, Santoro e Luttazzi trova nell'attuale maggioranza dei nuovi insospettati sostenitori?
E' a tutti chiaro che ad un anno e mezzo dall'insediamento del governo Prodi neppure la tanto sbandierata sterzata sui temi della giustizia e dell'etica pubblica c'è stata; anzi, sono stati fatti alcuni passi indietro: se a destra la cosa non turba più di tanto, sull'altra sponda tutto ciò ha generato sconforto e grande rincrescimento tra gli elettori.
E di fronte a tanto sdegno che sale da ogni angolo del Paese non si può certo rispondere imbavagliando la Rai: pensare di poter mettere a tacere tutto oscurando le trasmissioni e i giornalisti scomodi è l'ennesimo peccato di presunzione di questa classe politica, incredibilmente sorda ai bisogni, ormai gridati, di una società civile in grande sofferenza.