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martedì 19 febbraio 2013

Ma che sta succedendo? Repubblica comincia ad abbassare i toni...

Merita senz'altro una segnalazione in tempo reale la prima parziale apertura di credito che il quotidiano la Repubblica, nell'edizione on line, fa oggi al Movimento 5 Stelle ed al suo leader Beppe Grillo, dopo anni di una sistematica campagna di disinformazione, particolarmente dura negli ultimi mesi, durante i quali l'ex comico è stato accusato, in modo totalmente gratuito e brutale, veramente di tutto. 
Questo blog, nel suo piccolo, più volte ha testimoniato gli attacchi al tempo stesso di una faziosità e di una sconsideratezza senza precedenti, portati avanti prendendo a spunto o spezzoni di frasi di Grillo estrapolate arbitrariamente da una sua uscita pubblica ovvero rilanciando, senza un minimo di vaglio critico e di contestualizzazione, notizie false riprese dalla rete e veri e propri insulti rivoltigli da avversari politici interni o esterni, montandoci sopra polemiche pretestuose e destituite di ogni fondamento. 
Il tutto guarnito con un apparato iconografico  scelto ad hoc per renderlo agli occhi del lettore frettoloso visivamente uno squilibrato e da commenti di contorno intrisi di un'acrimonia talmente ingiustificata e viscerale da sembrare evidentemente sospetta.
Il fondatore Eugenio Scalfari si è in questo distinto mostrando un livello di intemperanza così esacerbato, quasi per fatto personale, attrezzando in fretta e furia il suo giornale da frequentato crocevia della cultura lib-lab a macchina del fango: mutuando le stesse tecniche di comunicazione dei giornali della famiglia Berlusconi.
Un vero abominio mediatico.
Ma allora cos'è successo  perché i toni si siano all'improvviso così smorzati? Guardate la notizia di oggi ripresa dal sito di Repubblica on line:
In taglio centrale, compare per la prima volta in questa campagna elettorale l'onda lunga dello Tsunami Tour

C'è un pure reportage fotografico sulle piazze gremite di folla toccate dallo Tsunami Tour di Beppe Grillo, che, da trionfatore, si appresta a concludere venerdì la maratona elettorale a Roma, proprio a Piazza San Giovanni, traguardo storico delle adunate di sinistra.
Va a finire che i sondaggi, tenuti segreti in queste ore all'opinione pubblica, registrino intenzioni di voto tra gli elettori che spingono ancora più su il M5S, verso un'affermazione elettorale sicuramente senza precedenti  nella storia d'Italia?
E che per questo, dovendo fra soltanto sei giorni, volenti o nolenti, fare i conti in Parlamento con una pattuglia nuova di zecca di 100-200 tra giovani deputati e senatori, un briciolo di saggezza e di opportunismo abbia consigliato Bersani, Scalfari e c. ad abbassare finalmente i toni?
L'Home page di Repubblica alle ore 19,30



sabato 16 febbraio 2013

Per il 25 febbraio è in programma la nuova Festa della Liberazione: quella dalla Partitocrazia

Nelle redazioni dei nostri due massimi quotidiani italiani, Repubblica e Corriere della Sera, si respira un'aria pesante mentre nei Palazzi romani dilaga lo sconforto.
Possibile che, dopo aver messo su un'organizzazione mastodontica che segue il leader del M5S dappertutto, in perfetto silenzio, come un'ombra, in attesa del tanto sospirato passo falso, non si riesca a lanciargli addosso una qualche accusa infamante, che gli possa far perdere di colpo qualche migliaio di voti, abbassando l'onda lunga del suo Tsunami Tour che rischia seriamente di travolgere il prossimo 25 febbraio una buona fetta di partitocrazia? 
Ormai mancano solo 8 giorni al voto e qualcosa si deve pur fare: non è possibile accontentarsi del niente raccolto finora contro di lui!
Mentre la magistratura di tutta Italia sta demolendo, pezzo a pezzo, l'intera classe dirigente del nostro Paese, politici, burocrati, manager, boiardi di Stato, mentre  Bersani, Casini, Berlusconi, persino lo stesso Monti, si fanno vedere in giro il meno possibile per non ricevere dai passanti salve di fischi e boati di disapprovazione, Grillo raccoglie consensi crescenti e trasversali, riempiendo, nonostante le temperature polari, le piazze dello stivale, da Catania a Bolzano, da Bari a Novara, di un pubblico attento, caloroso, entusiasta.
E' l'unico che dice cose di buon senso, che non usa slogan tanto per nascondere il vuoto culturale, programmatico ma soprattutto morale dei suoi avversari politici.
Mentre tra Monti e Berlusconi si è ormai ingaggiata la gara a chi scende più in basso nell'insulto all'altro ma anche nel consenso elettorale (il sobrio bocconiano, con un'evidente e ormai ripetuta caduta di stile, adesso rimprovera al Cavaliere addirittura di comprarsi i voti ma, fino ad un mese fa, non aveva proprio nel Cavaliere il suo azionista di riferimento?), Pierluigi Bersani indugia nell'aria fritta, vagheggiando di un'alleanza a doppio filo con il premier uscente e la necessità di riconoscere almeno un premio di testimonianza al fido scudiero Niki Vendola. Quest'ultimo non se la passa per niente bene, dato che i suoi potenziali elettori hanno ormai capito che votare Sel è come votare Pd, che è poi come votare Monti girandosi dall'altra parte, mentre si fischietta l'inno dell'Internazionale...
Indubbiamente, votare un partito che si dichiara di sinistra per ritrovarsi poi lo stesso esecutivo di centro destra che ci sta sgovernando, con brevi interruzioni, da 20 anni grazie all'appoggio decisivo ed ai soldi di Silvio Berlusconi, non è propriamente una prospettiva eccitante per i fan del governatore della Puglia.
Anche perché con la discesa in campo dell'ex pm di Palermo Antonio Ingroia con la sua Rivoluzione Civile che conta sull'apparato organizzativo dell'Idv e di Rifondazione, qualcuno ci dovrebbe spiegare perché mai un elettore di sinistra, che non sia masochista,  dovrebbe votare Sel...
Ecco perché quella volpe di Bersani che, da quando ha vinto le primarie su Matteo Renzi, non ha detto una cosa, che sia una, di sinistra, peggio, non ha detto una cosa (di numero!), proprio oggi se ne è uscito con l'impegno di varare a tempo di record una legge contro l'omofobia.
Infatti milioni di italiani, cassintegrati, disoccupati, pensionati che non arrivano alla seconda settimana, imprenditori a rischio fallimento, giovani precari, studenti, esodati, sessantenni a cui la ministra Fornero chiede di lavorare dieci anni di più, malati buttati giù dai letti d'ospedale per i tagli della spending review ed invalidi lasciati senza assistenza domiciliare, giovani talenti costretti a cercare fortuna all'estero, insegnanti mandati a casa o costretti a lavorare in condizioni impossibili, liberi professionisti senza più una professione, gente sbattuta fuori di casa perché indigente, nient'altro che questo chiedevano da anni cronicamente inascoltati al PD di Pierluigi Bersani: finalmente una legge contro l'omofobia!!!
La nullità politica del leader piddino è confermata pure dalla posizione che egli ha assunto in merito alla questione Euro: ormai, pure i sassi sanno che l'ingresso dell'Italia nelle moneta unica è stata un vero disastro e le statistiche confermano in modo inoppugnabile che il declino economico italiano data 15 anni fa, guarda caso l'inizio della stagione dell'Euro.
L'aver perso la sovranità monetaria, senza prevedere a livello europeo i necessari meccanismi di compensazione, ha significato condannare l'Italia ad una lunga e tormentata decadenza di cui Romano Prodi e Carlo Azeglio Ciampi sono i principali responsabili ma, più in generale, è l'intero centrosinistra che, in ragione di ciò, dovrebbe cospargersi il capo di cenere.
E invece cosa avviene? Bersani confonde deliberatamente l'adozione della moneta europea con il sogno di un'Europa più unita e solidale, senza pronunciare l'unica parola di verità: ovvero che proprio l'adesione cieca all'Euro ha reso più lontano e sbiadito il sogno europeo, l'esatto contrario di quello che i media e la Casta ci vogliono ogni giorno far credere, anzi ci hanno sbolognato a carissimo prezzo in questi anni.
Ecco perché il Movimento 5 Stelle, che restituisce la democrazia ai cittadini, è un'inattesa e irripetibile opportunità: mandare a casa una classe politica che è vissuta, nella più elitaria depravazione morale ed incompetenza professionale, alle spalle dei cittadini e che, divorando la cosa pubblica in modo famelico, ha ridotto alla fame quella che ancora dieci anni fa era la quinta potenza economica del mondo.
E gli autori di tanto scempio, non solo non chiedono pubblicamente scusa per i danni arrecati al Paese impegnandosi solennemente a risarcirli almeno parzialmente, magari restituendo il bottino frutto di infinite ruberie, ma si ergono ancora a protagonisti della scena politica prossima ventura, con la spocchia di voler ancora distribuire ai leader della rivoluzione di velluto italiana, in primis Beppe Grillo ed Antonio Ingroia, le carte della partita che sta per cominciare.
Ecco perché, in queste giornate frenetiche, è necessaria da parte di tutti i cittadini massima attenzione e partecipazione, perchè il colpo di coda della Casta partitocratica non solo è possibile ma è anzi assai probabile.
E può manifestarsi nelle forme più diverse e, contemporaneamente, in più ambiti e direzioni: mobilitazione capillare e consapevole, quindi.
Massima vigilanza, infine, nei seggi elettorali  per tutte le operazioni di voto e di spoglio successivo per limitare al massimo il più che concreto rischio di brogli e far sì che il tanto atteso miracolo italiano trovi finalmente la sua definitiva consacrazione nell'urna elettorale.
Perchè quale che sia il risultato che riuscirà a realizzare il Movimento 5 Stelle, dopo le elezioni la vita istituzionale del nostro Paese subirà un forte e positivo cambiamento.
Con una pattuglia colorata, giovane e vivace di 100-200 cittadini incensurati, senatori e deputati nuovi di zecca, la Casta non potrà più fare il bello e il cattivo tempo come prima, quand'anche dovesse restare ancora per un po' nella stanza dei bottoni e continuare ad esprimere, a causa della legge elettorale porcata, una raffazzonata ed inaffidabile maggioranza di governo.
Il 25 febbraio sarà per tutti gli Italiani, anche per chi non ci ha mai creduto, il Giorno della nostra Seconda Liberazione. Questa volta dalla Casta partitocratica.


martedì 29 gennaio 2013

Crack MPS: la Casta saccheggia lo Stato. Però è antifascista...

Ormai è chiaro (e i loro lettori se ne devono fare una ragione...).
RepubblicaCorriere della Sera in tandem stanno tirando la volata a PD e a Mario Monti e, giorno dopo giorno, spargono a mani basse disinformazione contro l'unica vera novità di questa campagna elettorale: il Movimento 5 Stelle  di Beppe Grillo.
Lo seguono come un'ombra in quello che sempre più si sta profilando come un autentico bagno di folla nelle mille piazze italiane, lo TsunamiTour, restando  in imbarazzato silenzio per settimane data l'accoglienza  trionfale che la gente dovunque gli tributa.
Sperando vivamente in un incidente di percorso ovvero che, preso dalla foga di uno dei tanti discorsi che tiene ogni giorno completamente a braccio, incespichi in qualche iperbole, su cui plotoni di pennivendoli sono lì pronti ad impiccarlo.
Ma nell'attesa dello sfondone che non arriva (quel Grillo si sta rivelando sempre più accorto!), si allestisce una qualche carnevalata.
Così, al soldo della Casta, di fronte al palco, entrano in scena sedicenti antifascisti, uno sparuto gruppo di ragazzotti che, senza sapere di maneggiare parole molto più grosse di loro, in deficit spesso dei più elementari strumenti culturali e di un'accettabile capacità dialettica, inscenano  all'improvviso, ad un preciso ordine di scuderia, una vera e propria gazzarra alzando striscioni vaneggianti accuse di fascismo contro il leader del M5S. Il quale li invita subito dopo a salire sul palco per argomentare il loro dissenso: ma il tentativo va a vuoto, finché la piazza, intuendo che si tratta dell'ennesima provocazione, non li sommerge di fischi.
Ma ciò basta a Corriere e Repubblica, dopo giorni di estenuanti appostamenti a vuoto, di titolare, nuntio vobis gaudium magnum:  "Contestazioni contro Beppe Grillo", facendo assurgere il gesto telecomandato del minuscolo drappello di scalmanati a  notizia del giorno.
E così proprio colui che, unico nel terremotato panorama politico italiano, in questo gelido inverno riempie le piazze, sommerso dal calore e l'entusiasmo di una moltitudine di studenti, lavoratori, pensionati, casalinghe, cassintegrati, ovvero semplici cittadini, (quando non è lui stesso che vi nuota sopra!), ed al quale vengono riservate ovazioni da rockstar, proprio il Beppe nazionale, che va in giro goliardicamente in mezzo ai ragazzi senza scorta alcuna né bisogno di un agguerrito servizio d'ordine, viene additato dai media di regime a parafulmine della Casta.
Tentativo talmente scoperto e maldestro da naufragare miseramente, anzi da rivelarsi un boomerang.
Ma perché tanta animosità contro di lui?
Semplice: con il suo movimento di cittadini, nato per superare vecchi steccati, planando sopra le ideologie con nuove idee processate dalla rete,  il leader del M5S costringe i leader politici come Bersani, Casini, lo stesso Berlusconi, a fare una campagna elettorale su un terreno impervio, per niente congeniale, basato com'è sui contenuti piuttosto che sulle logiche di schieramento.
Ma questi qui contenuti non ne hanno, preoccupati soltanto di mantenere la poltrona  e di continuare a gestire il potere come sempre hanno fatto in passato, attraverso accordi sottobanco, reciproci ricatti, scambio di piaceri, cooptazioni, patetici teatrini televisivi.

Ecco che col suo modo scanzonato di interpretare la politica, sconvolgendo la vecchia liturgia della campagna elettorale, Grillo ha messo in crisi la spartizione del consenso elettorale siglato da sempre dagli uomini della Casta, al riparo delle ideologie.
Perché proprio agitando a comando la bandiera di un'appartenenza ormai fine a se stessa, una generazione di politici è vissuta di rendita alle spalle dei cittadini, che ingenuamente li hanno sostenuti abboccando alle loro vuote parole d'ordine, a cui proprio chi le pronunciava era il primo a non credere.
Vi ricordate l'ex segretario del PD Walter Veltroni, già capolista del vecchio PCI, dichiarare apertamente di non essere mai stato comunista? O Gianfranco Fini, una vita nel MSI, dichiarare che il fascismo è stato il male assoluto.
Per due leader che hanno dovuto fare outing, ce ne sono stati molti altri che hanno fatto finta di niente, usando l'ideologia come un tram su cui salire e scendere alla fermata più vicina, magari col bavero alzato e gli occhiali scuri per non essere riconoscibili.
E' così che si possono mandare in fumo 14 miliardi di euro, secondo una strategia degna non di un management ma di una banda terroristica, mettendo in ginocchio buona parte dell'economia italiana, continuando a fare finta di nulla.
In fondo si tratta solo di compagni che sbagliano, ma che tutti restino tranquilli: sono antifascisti certificati al 100%.
La gente però piano piano si sta svegliando e non gradisce più di essere presa per il naso in questo modo.
Il gioco è ormai così scoperto che i galoppini dei due principali quotidiani sono costretti a confondersi tra la folla mischiandosi proprio con i contestatori.
Le immagini del video girato a Livorno che i due quotidiani esibiscono come un trofeo dimostrano infatti come il punto di osservazione delle riprese fosse proprio a fianco di chi alzava lo striscione: una contiguità più che sospetta!
Nel frattempo Bersani e Monti negano qualsiasi coinvolgimento nello scandalo MPS e Berlusconi preferisce tacere.
Va a finire che la colpa se il Monte dei Paschi sta per saltare per aria è dei correntisti o di coloro che hanno in questi anni preso il mutuo per la prima casa? O dell'artigiano che chiede l'anticipo su fatture?
Nell'attesa che la buriana si plachi, il salvataggio è stato affidato, guarda caso, ancora una volta alle casse dello Stato: e visto che parliamo di qualcosa come 4 miliardi di euro, praticamente all'IMU sulla prima casa, finita di versare dai cittadini appena un mese fa. 
E proprio chi inveisce contro lo Stato sprecone, improduttivo, pieno di debiti, da ridimensionare, (l'opposto del privato che brillerebbe per efficienza e competitività, serietà...) gli assesta il colpo di grazia.
Il ritornello è sempre lo stesso, anche se ci vuole un gran fegato per ripeterlo: socializzare le perdite, privatizzare i profitti ma scagliarsi contro la spesa pubblica improduttiva...
Prima o poi questi cialtroni qualcuno li dovrà pur mandare a casa! 

lunedì 7 gennaio 2013

Le bianche elezioni, ennesimo furto di democrazia

Questa si avvia ad essere la più strana campagna elettorale che si ricordi, la più incostituzionale di sempre.
Non si era mai visto uno scioglimento delle camere così precipitoso, che costringe gli Italiani a votare in pieno inverno, probabilmente sotto la neve.
E' vero che non esiste più il semestre bianco di una volta ma è di tutta evidenza che il Presidente della Repubblica nella circostanza abbia forzato la mano,  accettando le dimissioni del premier Monti senza la doverosa verifica di un voto di sfiducia del Parlamento. Per giunta, con contestuale scioglimento anticipato delle camere ed indizione delle elezioni a febbraio, quando si sarebbe potuto votare rispettando la scadenza naturale della legislatura soltanto due mesi più tardi, ad aprile.
Che si sia in questo modo inteso sbarrare la strada al Movimento 5S è più che un sospetto, tenuto conto dei tempi concitati per la raccolta di firme previste dal Porcellum per le forze politiche ancora non presenti in Parlamento: una regola capestro all'interno di una legge porcata che tutti a chiacchiere volevano cancellare ma che nessuno nei fatti ha inteso neppure parzialmente modificare.
In fondo, facendo molto comodo ai segretari di partito l'attuale andazzo che consente loro di piazzare i propri uomini nei listini bloccati, infischiandosene altamente degli umori dell'opinione pubblica, esacerbata da una crisi infinita e ormai apertamente in lite con questa impresentabile classe dirigente (basta assistere alla bellissima trasmissione Presa Diretta di Riccardo Iacona di ieri sera su Rai Tre intitolata Ladri di Partito per spedirli tutti a casa).
Sì, quegli stessi segretari della Casta che si ritrovano, guarda caso, d'accordo quando si tratta di fare le pulci al movimento di Beppe Grillo di cui in tempo reale vogliono misurare il tasso di democrazia interna. Al punto che gli sconosciuti (e tutto sommato mediocri) Favia e Salsi, grazie ad un subdolo tam tam  mediatico,  per la partitocrazia sono diventati nel breve giro di qualche settimana paladini di non si sa bene cosa, sicuramente della propria malriposta ambizione.
Ma l'aspetto più inquietante della campagna elettorale è che, data la stagione, tutto si giocherà nel chiuso degli studi televisivi e non come sarebbe stato auspicabile nell'agorà, ovvero sulle piazze d'Italia con un confronto leale, da politici veri che stanno fisicamente in mezzo alla gente.
Con l'enorme conflitto di interessi e la lottizzazione esasperata che contraddistingue il nostro Paese in campo radiotelevisivo, dove spadroneggiano non solo Berlusconi, con le reti Mediaset e i suoi luogotenenti in Rai, ma tutti i partiti della Casta, cioè proprio quelli che hanno portato l'Italia alla rovina, i Bersani, i Casini, i Fini, ecc.,  un presidente della Repubblica che avesse avuto sinceramente a cuore la nostra Costituzione e le regole basilari di una democrazia rappresentativa, avrebbe fatto di tutto per limitare questa affezione ormai endemica al nostro tessuto democratico, cercando innanzitutto di proseguire la legislatura fino al suo termine naturale, per garantire agli Italiani  una campagna elettorale normale:  poter affollare le piazze, ascoltare dal vivo i propri leader politici, formarsi autonomamente e con la necessaria riflessione i propri convincimenti elettorali, infine votare in una tiepida domenica primaverile, fra l'altro risparmiando alcuni milioni di euro alle asfittiche casse statali per luce e riscaldamento dei seggi.
Nulla di tutto questo è accaduto.
Perché, si sa, agli esponenti della Casta i bagni di folla ormai troppo spesso vanno di traverso: confortati da scorte impenetrabili, temono comunque le contestazioni a scena aperta, pericolose proprio perché  pacifiche, visto che rilanciate dai media suonano peggio di una chiamata in correità.
Che la casalinga di Voghera o il pensionato di Canicattì, senza potersi scambiare né condividere neppure un parere in pubblico, costretti come sono dal generale inverno a restare in casa  con il cappotto (pur di tenere il riscaldamento al minimo!), debbano assistere tutto il giorno per i prossimi due mesi attraverso il moderno focolare domestico alle interviste telecomandate, agli sproloqui ed alle piroette verbali dei vari Berlusconi, Bersani, Casini, mentre l'ex tecnico Mario Monti, in preda a bulimia mediatica, chiede persino di silenziare chi già è praticamente assente dalla scena radiotelevisiva, è l'ennesima beffa della Casta, questa volta per opera di Re Giorgio, autoproclamatosi proprio a fine mandato sovrano assoluto (dopo l'inspiegabile annoso letargo su tutte le leggi vergogna del Cavaliere).
E' vero che Grillo rifugge la tv lottizzata e nessuno in buona fede può dargli torto, data la situazione complessiva di degrado gestionale, culturale e morale in cui versa la Rai, ma a lui come ai tanti altri esponenti della società civile che si presentano alle Politiche, viene inferto un doppio colpo, potenzialmente da ko.
Non solo viene loro preclusa la ribalta e non si fa nulla, nel caso del leader del M5S, per disinnescare l'ostrascismo mediatico che egli patisce addirittura dagli anni del socialismo rampante di Craxi (non fatevi ingannare, quando i media parlano di Grillo lo fanno soltanto per screditarlo e delegittimarlo!) ma contemporaneamente si impone, con il placet del Quirinale e per la prima volta nella storia d'Italia,  una brevissima campagna elettorale indoor, virtuale, ovvero a vocazione esclusivamente radiotelevisiva.
Ecco perché per le prossime bianche elezioni, ce n'è già abbastanza per richiedere da subito la presenza degli osservatori OSCE, ridotti come siamo al livello di una repubblica caucasica!




venerdì 4 gennaio 2013

E a Rainews24 va in onda Piepoli, l'opinionista della Casta

A Rainews24 il cosiddetto sondaggista Nicola Piepoli, in studio col direttore Corradino Mineo ieri sera al Punto alle 20, nel presentare i risultati sulle previsioni di voto per le prossime Politiche sulla base di un campione di mille interviste, ha indicato con malcelata soddisfazione il Movimento 5S ad un modesto 11%, spiegando poi che la tendenza sarebbe ad un ulteriore forte calo prevedendo come risultato definitivo, tra sessanta giorni, un dato largamente inferiore, perché, secondo lui, la gente ha iniziato a rinsavire...
Mineo è stato costretto subito a prenderne le distanze mentre costui, lungi dal correggersi, rilanciava con un riferimento provocatorio a Erasmo da Rotterdam e al suo Elogio della Follia.
Quale considerazione e credibilità scientifica possa avere chi  si esprime in questi termini e quale attendibilità possano avere i risultati di una sua ricerca è sotto gli occhi di tutti!
Ma il punto è un altro: ci sarà una qualche autorità chiamata ad intervenire per impedire ad un tale personaggio di continuare a fare danni nell'etere pubblico, per giunta in tempi di par condicio?
E, infine: chi gli ha dato l'incarico di scorrazzare per le reti Rai a spargere veleno parascientifico, naturalmente a carico dei contribuenti?
Perché il soggetto non è nuovo a sparate del genere, come documenta un post di Beppe Grillo del maggio 2011.
E' possibile che le regole le debbano rispettare solo  quel pericoloso sovversivo di Grillo e i cittadini comuni, mentre ai corifei della Casta è lasciato campo libero?
Ecco il link:
http://www.rainews24.rai.it/it/video.php?id=31611

domenica 4 novembre 2012

Il pasdaran della partitocrazia

Il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari imbratta oggi la prima pagina del quotidiano, guarnendo il suo consueto sfogo settimanale, con un delirante attacco a Beppe Grillo ed al Movimento 5 Stelle.
Di ciò che fuoriesce dalla sua penna non sarebbe più il caso neppure di fare cenno, evidenza conclamata di un disagio personale che attiene alla sua privacy, che certo non vogliamo violare e per cui lo affidiamo fiduciosi alle cure delle persone che gli sono più vicine.
Ciò non ci permette, comunque, di archiviare sbrigativamente i suoi editoriali liquidandoli con sufficienza, almeno finquando la direzione di Largo Fochetti gli lascia carta bianca consentendogli di militarizzarne la linea editoriale che sempre più combacia con quella del Giornale berlusconiano, quello diretto ancora da Alessandro Sallusti, ormai in procinto di osservare il cielo a scacchi.
Il suo delirio meriterebbe da parte dello staff di Beppe Grillo la dignità di una querela per diffamazione in quanto l'anziano giornalista  risulta recidivo nell'usare impunemente l'epiteto "eversivo" contro gli avversari politici. Più giù nel pezzo, a proposito di Flores D'Arcais, Travaglio e Santoro, accomunati non si sa come, avrà l'ardire di dichiarare:  "A me sembrano alquanto disturbati o bizzarri che dir si voglia, altro non dico."
Ma torniamo indietro.
Scrive Scalfari: "Quale sia il programma del M5S resta un mistero salvo che vuole mandare tutti i politici di qualunque partito a casa o meglio ancora in galera perché "cazzo, hanno rubato tutti, sono tutti ladri". Monti "è un rompicoglioni che affama il popolo". E "Napolitano gli tiene bordone". Sul suo "blog" uno dei suoi seguaci ha già costruito la futura architettura politica: al Quirinale Di Pietro, capo del governo e ministro dell'Economia Beppe in persona, De Magistris all'Interno, Ingroia alla Giustizia, Saviano all'Istruzione. Quest'ultimo nome sarebbe una buona idea ma penso che il nostro amico non accetterebbe quella compagnia. Per gli altri c'è da rabbrividire e chi può farebbe bene ad espatriare. Resta da capire perché mai alcune emittenti televisive si siano trasformate in amplificatori di questo populismo eversivo. Resta la domanda: perché lo fanno?"
A parte il fatto che quello citato da Scalfari è uno tra un'infinità di commenti che affollano il suo blog e, in quanto tale, può essere stato lasciato lì da chiunque, senza in alcun modo impegnare né Grillo né averne evidentemente ottenuto il placet, come sa chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la rete e  con le dinamiche interattive della blogosfera, quello che egli bolla come "populismo eversivo" ed esecutivo da paura,  per molti Italiani potrebbe essere addirittura un "dream team", dopo aver dovuto inghiottire in questi anni di tutto: dalla Gelmini all'Istruzione ad Angelino Alfano alla Giustizia,  a Brancher al Federalismo, a Belsito alla Semplificazione, al Calderoli firmatario della legge elettorale porcata, alla Fornero al Welfare, a Clini all'Ambiente... l'elenco è praticamente sterminato!
Ma torniamo all'aggetivo eversivo ed al sostantivo da cui trae origine.
'Eversione' per il vocabolario Sabatini Coletti è "Ogni azione e movimento che impiega mezzi violenti anche terroristici per rovesciare il potere costituito".
Accusa quindi non solo immensamente infamante ma destituita di ogni fondamento.
Perché quello che da sempre è stato il tratto distintivo dell'azione politica dell'ex comico genovese è stato il pieno rispetto della legge e la totale adesione alla Costituzione ed agli istituti di democrazia diretta, in essa non solo previsti ma incoraggiati.
Senza enfasi alcuna, un riconoscimento di alto valore civile che chiunque, anche il più feroce avversario, dovrebbe obiettivamente tributargli perché grazie alla sua pluriennale azione d'informazione e di critica all'establishment è stato possibile in pochi mesi costruire un blocco democratico, pacifico e legalitario, per dare finalmente voce alla sormontante rabbia di un intero popolo, sprofondato d'improvviso in una crisi globale disperante ma ancora alle prese con una classe politica inguardabile ed indifendibile.
Ecco perché quello di Scalfari non è dissenso, critica, disapprovazione (sia pure la più aspra!), faziosità: è qualcosa di molto più grave, una sistematica e senza precedenti opera di delegittimazione.
Per giunta, nel contesto di una campagna elettorale incombente (se non già in atto), le sue non sono le intemperanze verbali di un ottuagenario sfuggito alle badanti, ma la lucida follia di un guastatore che concepisce la democrazia secondo le proprie convenienze.
Magari in attesa di ricevere da Napolitano un seggio d'antan, quello di senatore a vita, dopo essersi speso in questi mesi in sua difesa ben oltre il buon senso e la decenza.
Scriveva di lui Mario Pannunzio, intellettuale liberale e fondatore del Mondo, in un epistolario a Leo Valiani, padre costituente, dato in questi giorni alle stampe dall'editore Nino Aragno:
"Instabile, femmineo, esuberante. Non ha veri legami o affinità ideali e morali con nessuno.Tutto è strumentale e utilitario; tutto deve servire alla sua splendida carriera. Ma ha sempre avuto la sensazione di perdere tempo stando con noi".
Può darsi che il sacro fuoco dell'ambizione, nonostante la sua veneranda età, ancora non si sia spento in lui e lo induca, piuttosto  che passeggiare per Villa Borghese, a ficcarsi l'elmetto in testa per ergersi a pasdaran dell'Ancien régime partitocratico...
Ma è una fine veramente ingloriosa.

venerdì 2 novembre 2012

Federica chi?

La replica piccata della consigliera del M5S Federica Salsi alle parole di Beppe Grillo che dal suo blog aveva cricato aspramente, con il solito linguaggio colorito, la sua partecipazione di martedì sera nel talk show di Giovanni Floris, non si è fatta attendere.
A corto di argomenti, se l'è presa con una battuta al vetriolo con cui dal suo blog l'ex comico genovese aveva stroncato la sua comparsata in tv: "E' stata una delusione. Ha mostrato di essere vittima della cultura berlusconiana di questi anni. E' stato veramente sgradevole. Un maschilista come altri. Dare una connotazione negativa a una qualità delle donne è roba da medioevo. Veramente degradante".
In precedenza nel post "Il talk show ti uccide, digli di smettere" Grillo aveva scritto:  "E' il punto G, quello che ti dà l'orgasmo nei salotti dei talk show. L'atteso quarto d'ora di celebrità di Andy Warhol. A casa gli amici, i parenti applaudono commossi nel condividere l'emozione di un'effimera celebrità, sorridenti, beati della tua giusta e finalmente raggiunta visibilità".
E poi giù l'affondo: "Seduto in poltroncine a schiera, accomunato ai falsari della verità, agli imbonitori di partito, ai diffamatori di professione, devastato dagli applausi a comando di claque prezzolate. Soggetto, bersaglio consapevole ben pettinato alla bisogna che porge il lato migliore del proprio profilo alla morbosa attenzione di cameraman che ti inquadrano implacabili se annuisci quando enuncia le sue soluzioni un qualunquemente stronzo. Lì, in una gabbia di un circo, come su un trespolo, muto per ore, povera presenza rituale di cui si vuole solo lo scalpo, macellato come un agnello masochista, rispondi per i quattro minuti che ti sono concessi a domande preconfezionate poste da manichini al servizio dei partiti."

Parole dure ma sacrosante, tant'è che più di un commentatore, anche chi non è mai stato tenero con il movimento di Grillo (vedi il direttore di RaiNews24 Corradino Mineo), ha dovuto riconoscere che questa volta il capo carismatico aveva colto nel segno.
Una cosa è certa: Beppe Grillo non le manda a dire, parla apertamente e pubblicamente, il massimo della trasparenza.
La sua critica è alla luce del sole, sei libero di accettarla o di rispondergli per le rime; comunque, i suoi rimproveri impongono preventivamente di farsi un accurato esame di coscienza.
Nel caso in questione, la consigliera Sansi, una perfetta sconosciuta che parla come la ragazza della porta accanto, quella che incroci sul pianerottolo condominiale mentre scendi con il cane a fare una passeggiata e la vedi riporre il sacchetto della spazzatura fuori dalla porta di casa, non ha dato una buona prova di sè: un paio di interventi scialbi, senza proporre alcuna considerazione degna di nota, assolutamente incolore, per non dire banale.
Sull'opportunità di togliere l'IMU ammette di non avere le idee chiare, finendo per giustificare la manovra lacrime e sangue del governo Monti.
Di più, dopo aver dichiarato di rimpiangere la vecchia ICI e recriminato sulla sua abolizione da parte del governo Berlusconi, lancia un involontario assist al sindaco di Roma, lo spiritato Gianni Alemanno, che la interrompe ricordando che l'abolizione della vecchia ICI ha riguardato solo la prima casa: lei, emozionatissima, annuisce.
E' poi la volta di Floris che la aiuta a migliorare il suo pensiero sull'opportunità di una imposta sulla prima casa, per poi chiudere in bellezza (si fa per dire!) confidando che, tra vecchia ICI federale e nuova IMU statale, "nel momento in cui si promuove il federalismo fiscale, m'è saputo un cortocircuito... ma questa è la mia opinione personale!"
Lo spettatore che si fosse seduto in poltrona nella speranza che l'annunciata apparizione televisiva dell'esponente del M5S potesse portare una ventata di novità, di chiarezza e soprattutto di fiducia per il futuro, rompendo gli schemi del solito teatrino mediatico, dopo vari sbadigli, spegne il televisore deluso; persuaso che il Movimento 5 stelle sia ancora una chimera, composto com'è da così tanti personaggi in cerca d'autore.
Parafrasando McLuhan, il mezzo è il messaggio: fagocitato dai meccanismi tipici del talk show, dove prevale chi ha la battuta più pronta e telegenica, il dibattito in studio è al massimo ribasso, con il conduttore che interviene secondo una precisa quanto non dichiarata strategia.
E per i neofiti anti Casta non c'è scampo.
Di questo gli attivisti del movimento devono ormai essere consapevoli ed accettare di buon grado il diktat del loro fondatore senza farne uno psicodramma: non è più tollerabile che ad ogni invito del Floris di turno debba scoppiare un'inutile polemica, sulla quale i media di regime vanno letteralmente a nozze, poiché tutto fa brodo pur di mettere i bastoni tra le ruote ai ragazzi di Grillo.

Particolare dell'home page di Repubblica on line del pomeriggio
D'altra parte, scopriamo l'acqua calda rivelando che i partiti della Casta hanno fissato da sempre regole ferree per scegliere chi mandare nelle varie trasmissioni televisive. 
In fondo è una norma di buon senso: perché non è possibile che vada in tv un signor nessuno, pur bravo che sia, senza l'OK della segreteria politica.
Quindi, non è più tollerabile che per respirare il proprio attimo di celebrità, gli attivisti del Movimento mettano su a turno queste patetiche e suicide sceneggiate: giusto il tempo necessario per consentire alla Casta di riprendere fiato, ricompattandosi contro il tiranno Grillo.
Infine, chi vota o voterà per il Movimento 5 Stelle certamente non lo fa per far uscire dall'anonimato gente come Favia e Salsi... a proposito, chi sono costoro?

martedì 30 ottobre 2012

La rivoluzione di velluto del Movimento 5 Stelle parte dalla Sicilia

Le Regionali Siciliane fotografano con sei mesi d'anticipo quel sommovimento politico-culturale che da tempo scuote dalle fondamenta la società italiana, ormai insofferente ad una classe dirigente che l'ha portata nel breve volgere di qualche anno alla bancarotta morale, politica, economica prima ancora che finanziaria, come le vicende dello spread di quest'ultimo anno testimoniano in modo esemplare.
Sul banco degli imputati vi è innanzitutto la Casta, cioè la classe politica più corrotta, più incompetente, più irresponsabile che l'Italia abbia mai annoverato dai tempi del fascismo: autentiche termiti che, rotte le resistenze ideologiche, hanno divorato famelicamente la cosa pubblica, rendendo le nostre stesse istituzioni rappresentative uno sbiadito simulacro rispetto a quelle che i padri costituenti avevano disegnato con la Carta del 1948.
L'errore capitale dell'adesione all'euro, per opera dei governi di centrosinistra a cui la lunghissima stagione berlusconiana non ha saputo eccepire nulla se non la sistematica anteposizione  degli interessi personali dell'uomo di Arcore, meno che mai una chiara e sincera presa di distanza da un progetto di unione monetaria che sin dalle origini, negli anni Ottanta, molti economisti ritenevano pericoloso e folle, ha poi reso evidente al grande pubblico la straordinaria necessità di mandare a casa gente che per generazioni si è trastullata con i privilegi più esagerati, conducendo un tenore di vita assolutamente incompatibile, prima ancora con quello di noi comuni mortali, con la propria abissale mediocrità e pochezza intellettuale. 
Un tale disastro avrebbe potuto scatenare forze eversive e la violenza stragista di gruppi occulti sulla base di un copione di sangue già tristemente vissuto negli anni settanta ed ottanta, con la strategia della tensione e la deriva terroristica degli anni di piombo.
Fortunatamente questa volta ciò non è accaduto: le ragioni possono essere molteplici e non è questa l'occasione per analizzarle.
Va sicuramente a Beppe Grillo ed al Movimento 5 Stelle di cui è ispiratore, fondatore, garante e testimonial il merito storico di avere saputo dare alla rabbia popolare una valvola di sfogo e di aver offerto ad essa l'opportunità unica di  ricomposizione democratica di tanto disprezzo nei confronti di una intera generazione di politici, alti burocrati, esponenti dell'alta borghesia imprenditoriale, tra di loro spesso uniti  da patti inconfessabili e alleanze trasversali: la sua è una autentica rivoluzione di velluto.
Solo un presidente della repubblica garante della partitocrazia come Giorgio Napolitano, da sessant'anni in Parlamento,  poteva non solo ignorare quell'esplosione di democrazia diretta che nel suo settennato si è manifestata ma ostacolarla in tutti i modi, ultimo quello di esortare oggi stucchevolmente i partiti a "prepararsi a riprendere pienamente il loro ruolo nella vita istituzionale", quasi ammettendo che finora, con il governo Monti da lui ideato e preteso, siano restati alla finestra, contravvenendo evidentemente alla sovranità popolare ed all'esito elettorale del 2008.
Ma i dati delle elezioni regionali siciliane non lasciano scampo, suonando molto più di un campanello d'allarme per la Casta: non è andato a votare più della metà degli elettori.
Il PD, nonostante abbia espresso il presidente della regione Rosario Crocetta con il 30,50% dei voti insieme all'UDC, raggiunge solo il 13,40% (tracollo del -49% rispetto al 2008!), il PDL addirittura affonda al  12,90% (-73%, una vera Waterloo).
Il Movimento 5 Stelle è il primo partito dell'isola con il 14,7% (+ 512% rispetto al 2008) e il candidato presidente Giancarlo Cancelleri è arrivato terzo con il 18,20% di voti.
Finalmente adesso sappiamo che alle prossime politiche di primavera si potrà concretamente mandare a casa questa classe politica di inetti e parassiti che ha fatto strame della sovranità popolare per perseguire esclusivamente il proprio vantaggio personale, fra l'altro commettendo imperdonabili e apocalittici errori come l'adesione all'Euro, che ha costretto alla canna del gas quella che un tempo era la quinta potenza industriale del pianeta.
Oggi, grazie a Grillo e ai tanti generosi attivisti del suo movimento, un'altra politica è finalmente possibile.

mercoledì 10 ottobre 2012

Beppe Grillo varca lo Stretto a nuoto e inaugura la campagna elettorale in Sicilia

La notizia è, comunque la si voglia mettere, da prima pagina.
Beppe Grillo è riuscito nell'impresa di attraversare a nuoto lo Stretto di Messina per dare così avvio, con un coup de théâtre, alla campagna elettorale del MoVimento 5 Stelle in Sicilia, terra tradizionalmente poco prodiga di soddisfazioni per chi ha tentato in passato di imprimere un cambiamento effettivo agli assetti socio-economici e istituzionali dell'isola, da sempre dominata da una borghesia burocratico-affaristica con storici ed organici legami con la mafia.
Il 61 a 0, cioè la totalità dei collegi uninominali aggiudicati al PDL nelle elezioni del 2001, descrive molto di più di tanti trattati sociologici e dibattiti culturali le caratteristiche inveterate della società siciliana, con la sua struttura di potere omertosa e feudale.
Il bel gesto sportivo di Beppe Grillo, come sempre irridente e anticonformista ma anche incredibilmente significativo (unire ecologicamente a bracciate due parti d'Italia, che prima Berlusconi e ora il governo Monti vogliono agganciare con un'opera faraonica di enorme impatto ambientale e di gigantesco impegno di risorse pubbliche), è mediaticamente molto forte, ed esprime meglio di tante parole la passione che lui e il suo movimento stanno mettendo in quella che fino a poco tempo fa sembrava una missione impossibile e che ad oggi è una storia assolutamente senza precedenti di straordinario successo politico: far rinascere il concetto di democrazia, partendo dai cittadini e non dai partiti, dall'impegno individuale e non dall'apparato.
Un esperimento di democrazia dal basso, grazie solo alla rete, dove finalmente la politica recupera il valore alto di servizio alla cittadinanza, dove contano le idee, la passione civile, gli obiettivi da raggiungere, e non i capibastone, le clientele, le cordate, gli affari, con tutto ciò che consegue.
E' una visione del mondo diametralmente opposta a quella di chi cerca di raggiungere il potere con ogni mezzo, sia legale, magari accettando alla luce del sole finanziamenti da imprenditori per la propria campagna elettorale (come i quasi 100.000 euro donati al segretario PD Bersani alcuni anni fa dai proprietari dell'Ilva di Taranto), sia illegale, ad esempio  facendo carte false (i famigerati esempi lombardi delle firme false per la presentazione delle liste elettorali a favore di Roberto Formigoni), o addirittura comprando dalla malavita organizzata pacchetti di voti (è il caso odierno dell'assessore lombardo Domenico Zambetti, del PDL, accusato di aver acquistato (!) per le Regionali del 2010 4.000 voti, pagandoli 50 euro l'uno, dalla ’ndrangheta).


Grillo non si presenta personalmente alle elezioni ma manda avanti i suoi ragazzi, senza un quattrino e con tanta buona volontà, così diventando soltanto l'autorevole testimonial di un movimento che fa della lotta al malaffare e allo sperpero del denaro pubblico, così come del primato dei cittadini sulla politica, una bandiera.
La campagna elettorale in una terra difficile come la Sicilia sarà un test fondamentale per capire dove potrà arrivare il  MoVimento 5 Stelle non solo in Sicilia ma a livello nazionale.
Se i siciliani sapranno cogliere l'occasione più unica che rara che questa volta si presenta loro, sarà la storia politica non solo della Sicilia ma dell'Italia intera a subire una svolta epocale.
Ancora una volta, la Sicilia rappresenta il grande laboratorio politico dove si sperimenta in una micro-macro dimensione quello che poi potrebbe avere applicazione su larga scala, con la consacrazione finale del movimento di Grillo nelle ormai vicine Politiche del 2013.
E' una sfida importante, malgrado le mille difficoltà e le tante incognite, ma ormai brancolando nel buio pesto del tunnel in cui la partitocrazia e il governo dei tecnici ci hanno relegato, condannandoci ad agonizzare chissà ancora per quanti anni, rappresenta l'unica tremula luce che ancora possiamo accendere.



giovedì 27 settembre 2012

Prosegue la persecuzione mediatica contro Grillo

Che Repubblica abbia il dente avvelenato contro Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle è noto da tempo, anche se non ne sono mai capite fino in fondo le ragioni.
Forse riconducibili al ruolo di organo di complemento che il giornale di Largo Fochetti ha assunto per conto del Partito Democratico, di cui si è prestato nel tempo a tutelare l'intera nomenklatura: dal pupillo di Scalfari, Walter Veltroni, ai vari Fassino, Violante, D'Alema, Finocchiaro, per non parlare di Giorgio Napolitano che, per ordine del fundador, ha sempre sommamente ragione mentre chi lo critica ha comunque torto marcio, anzi è un eversore.
Che il giornale di riferimento di quella che un tempo era la sinistra liberale abbia preso una deriva del genere non può certamente fare piacere a nessuno.
Anche l'antiberlusconismo di maniera, dispensato in questi anni in quantità industriali, basti pensare al vergognoso (per l'intelligenza dei lettori!) e stucchevole tormentone delle dieci domande sulla vicenda Ruby rilanciato per mesi dalle sue colonne, doveva far sospettare, piuttosto che ad una battaglia di idee e alla difesa di principi e valori non negoziabili o alla proposizione di una politica alternativa,  al mero tentativo di mettere in cattiva luce l'antagonista principale del Partito Democratico, avendo rinunciato in partenza, per gli evidenti limiti della sua dirigenza, a far brillare questa forza politica di luce propria.
Ma la cosa è diventata evidente soltanto dopo la caduta del governo Berlusconi e l'avvento di Mario Monti a Palazzo Chigi.
Fino a quel momento nessuno avrebbe potuto immaginare che la difesa della logora e inetta nomenklatura piddina sarebbe arrivata al punto da sostenere senza risparmio di mezzi la ricetta ultraliberista e profondamente iniqua del preside della Bocconi che, nonostante non abbia tirato fuori l'Italia dal purgatorio finanziario, ci ha portato dritti dritti al disastro economico attuale, con i principali indicatori macroeconomici a livelli raccapriccianti.
Il bersaglio quotidiano di Eugenio Scalfari e Ezio Mauro è dunque diventato Beppe Grillo, contro il quale viene costruita in modo scientifico una sistematica campagna di diffamazione, sulla base di non notizie, voci presunte, illazioni malevole, destituite di ogni fondamento. 
Questo blog, pur non avendo nessun legame e  frequentazione con il Movimento 5 Stelle ma prendendo semplicemente atto del ruolo straordinario di supplenza democratica che esso sta attualmente svolgendo di fronte alla implosione fragorosa del regime partitocratico, riuscendo a mediare le possibili degenerazioni violente della protesta sociale, ha denunciato più volte lo scandalo di questa aggressione mediatica senza precedenti.
L'ultima della serie è quella di aver scovato e prontamente pubblicato una vecchia foto in cui si vede Beppe Grillo seduto accanto a Franco Fiorito, alias er Bartman, il capogruppo PDL della Regione Lazio balzato agli onori della cronaca per la clamorosa vicenda ostriche e champagne.



In fondo è un'inezia, una semplice spigolatura giornalistica, di cui sono ricchi i quotidiani on line pescando dal mare magnum della rete, e come tale non dovrebbe destare particolare curiosità.
Forse che Franco Fiorito (che comunque non è Totò Riina) fosse un marziano e non il capogruppo del partito di maggioranza della Regione Lazio? O che questa sia l'unica foto in cui compare in pubblico accanto ad un volto noto?
Ma spiattellata lì come "Il Caso. Il web non perdona..." ha un chiaro effetto intimidatorio, come se a Beppe Grillo si mandasse a dire: ti stiamo addosso e siamo disposti a tutto.
Ecco cos'è diventato uno dei principali organi d'informazione!

domenica 23 settembre 2012

Pancia piena e piazza vuota

Repubblica, Libero e Il Giornale nell'edizione on line hanno praticamente titoli-fotocopia a proposito dell'intervento di ieri pomeriggio di Beppe Grillo a Parma.


Repubblica è il primo a titolare sulla piazza semivuota
 
Clamoroso errore di Libero: nell'occhiello confonde il sindaco Federico Pizzarotti con Giovanni Favia 
 
Il Giornale dopo qualche minuto ha preferito aprire sull'immagine inquietante di Sallusti che rischia la galera
  
Non è la prima volta che succede, ma negli ultimi tempi è diventato sin troppo frequente.
L'inciucio giornalistico è servito: quello che non era riuscito a Massimo D'Alema (con tutta la sua buona volontà) e a Silvio Berlusconi ai tempi ruggenti della Bicamerale, riesce ora a Ezio Mauro, Alessandro Sallusti (che, come confessa il suo giornale, per i giudici è "socialmente pericoloso") e Vittorio Feltri.
Per esorcizzare il pericolo Grillo questa volta l'attenzione si concentra sul numero dei partecipanti alla kermesse del Movimento 5 Stelle, minore delle attese ma non al punto di titolare "piazza semivuota".

Non è un sabato elettorale, la spianata di Parma non è stracolma come qualche mese fa alla vigilia dell'affermazione elettorale del sindaco Pizzarotti, ma pur sempre due-tremila persone assistono alla manifestazione in una giornata di settembre, mese classicamente di ritorno al lavoro ed alle consuete peripezie quotidiane. 
Nel suo intervento il leader della forza politica che i sondaggi accreditano ormai stabilmente tra i possibili vincitori delle prossime elezioni del 2013, dopo aver bocciato l'inceneritore in costruzione, ha parlato di onestà, di partecipazione diretta dei cittadini alla vita amministrativa del loro comune, rivolgendo fra l'altro un grosso elogio a Federico Pizzarotti (che interviene sul palco, ci dispiace per Libero!), di referendum sull'euro, di volontà non di dare vita ad un partito ma di sollecitare una "rivoluzione di civiltà, di cultura e di pensiero".
Beppe Grillo non dimentica i media,  stigmatizzando il vergognoso ruolo che stanno svolgendo in questi mesi di autentica stampella della Casta, concludendo il suo breve intervento con una sacrosanta verità:
"Se avessimo avuto un'informazione normale non avremmo una politica così".
Come dargli torto?
L'analoga titolazione di quotidiani che culturalmente dovrebbero posizionarsi ai lati opposti dello schieramento partitocratico, la dice lunga su come la vecchia politica intenda fronteggiare il Movimento 5 Stelle. 
E' il partito della pancia piena che cerca di fare terra bruciata attorno ai grillini, fregandosene altamente dei mille scandali che ne hanno ormai azzerato la credibilità: quello della Roma trimalcionesca guidata dalla governatrice Renata Polverini è solo l'ultimo della serie.

Perché se il PDL piange, il PD non può ridere.
E' possibile che in tutti questi anni i democratici di Bersani non si fossero resi conto dell'enorme sperpero di soldi pubblici operato dai gruppi consiliari della regione Lazio?
Soltanto adesso, a verminaio scoperchiato, il capogruppo PD Esterino Monti se ne esce con una dichiarazione a Repubblica che lascia perlomeno sconcertati:
"Nessuno qui dentro può dire che il PD si è intascato soldi. L'unica nostra colpa, se c'è, è quella di non averli rifiutati". 
Un'autocritica blanda e che giunge fuori tempo massimo, non fosse altro per il piccolo particolare che nel frattempo venivano tagliati con l'accetta posti letto, ospedali e servizi ai cittadini.

Eppure i media continuano a prendersela con Beppe Grillo che urla dal palco: 
"Noi siamo un movimento di incensurati. I soldi dei rimborsi elettorali li abbiamo lasciati lì. Quello che gli altri devono fare, noi lo abbiamo già fatto. A Parma è arrivata una persona onesta e questa è la rivoluzione".
Effettivamente per la Casta le sue sono parole eversive, da far tremare i polsi...
Ecco perché più che a quello che dice, il partito trasversale della pancia piena, ostriche e champagne, punta tutto sui numeri della manifestazione grillina.

Ecco uno stralcio del suo intervento, con la parte censurata dai media per trastullarsi con l'insulso tormentone piazzapiena-piazzavuota, ovvero tutto quello che succede nel mondo e che non osiamo più neppure sapere:

venerdì 7 settembre 2012

Prosegue il linciaggio mediatico di Repubblica contro Beppe Grillo

Sfruttando un fuori onda del consigliere regionale del Movimento 5 Stelle dell'Emilia Romagna, Giovanni Favia, il quale si rivela, parlando con un giornalista del programma televisivo di La7, Piazza Pulita, inaffidabile e sleale nei confronti del movimento grazie al quale è stato proiettato, da perfetto sconosciuto, alla ribalta politica nazionale, il quotidiano la Repubblica, nell'edizione on line, prosegue nella sua campagna di aggressione mediatica e di diffamazione contro Beppe Grillo e il movimento di cui è leader.


I toni del quotidiano romano sono come al solito durissimi anche se, nella totale confusione del messaggio, il lettore non è in grado di capire quale genere di accusa gli venga contestata questa volta.
Che dietro Grillo ci sia Roberto Casaleggio? Dov'è il problema?
Lo ammette lo stesso Piergiorgio Odifreddi a margine del box di Repubblica: "Gli speechwriter e i ghostwriter, così come gli advisor e i think tank, esistono da sempre. E i politici ne hanno sempre fatto ampio uso, rivelando di essere spesso più attori che recitano copioni, che non autori che li scrivono. Dunque, non stupisce che alla fine qualche attore diventi direttamente un politico, da Reagan a Grillo, appunto: se la politica è una farsa che qualcuno deve mettere in scena, tanto vale che sia qualcuno che in scena ci sappia stare per professione. Un “tecnico”, si direbbe oggi. "
Anche se così dicendo, Odifreddi, da opinionista embedded della corazzata Repubblica-L'Espresso, tenta subdolamente di esautorare Grillo dal ruolo di leader carismatico.
Perché quello tra Grillo e Casaleggio è un sodalizio di vecchia data, alla luce del sole, che sicuramente non costituisce una novità.
Il presunto ruolo egemone di Casaleggio rispetto a Grillo? Una vecchia illazione, già liquidata come  maldestro tentativo di spargere zizzania tra i due.
Ma allora dov'è lo shock (come titola Repubblica) della notizia? Soprattutto, dov'è la notizia?
Che un consigliere eletto sotto il simbolo di Grillo si lasci sfuggire, pensando di non essere registrato, parole non proprio generose nei confronti del suo mentore, può significare soltanto che egli è uno sprovveduto.
Al più, sollecita pensieri più profondi sulla doppiezza dell'animo umano.
Niente a che vedere né con Grillo né con la novità epocale del suo movimento.
Anche perché l'italiano medio è stato costretto dalla Casta ad incassare di molto peggio.
In pochi anni,  abbiamo assistito a un Walter Veltroni che ha confessato disinvoltamente (pacatamente direbbe lui!) di non essere mai stato comunista, pur essendo stato persino capolista nel vecchio PCI alle politiche; di più, di preferire, guardando indietro alla storia della sinistra, Bettino Craxi a Enrico Berlinguer. 
Chi non ricorda, poi, un suo pupillo, Massimo Calearo, voluto a tutti i costi in lista proprio da Veltroni, dichiarare un anno dopo la sua elezione nel Pd, di non essere mai stato di sinistra e di lasciare il partito?
Lo stesso personaggio che, soltanto alcuni mesi fa, ha dichiarato di non recarsi quasi più in Parlamento e che l'incarico di parlamentare gli serve per pagare il mutuo.
Ma l'elenco sarebbe molto più lungo: i vari La Torre, Penati (ex braccio destro di Bersani), Lusi, Enrico Letta (vi ricordate il suo pizzino a Monti?)... per finire poi in bellezza con Scilipoti!
E allora dov'è lo scandalo delle finte rivelazioni carpite a Favia?
"Casaleggio prende per il culo tutti perché da noi la democrazia non esiste. Grillo e’ un istintivo, lo conosco bene, non sarebbe mai stato in grado di pianificare una cosa del genere".
Con questa sua opinione, singolare ma del tutto legittima, del Movimento 5 Stelle e dei suoi leader, Giuseppe Favia farebbe bene a trarne le debite conseguenze: dimettendosi.
Del resto non glielo ha prescritto il medico di iscriversi tra i grillini!
Non ne condivide le regole? Benissimo, faccia un passo indietro.
E magari si faccia lui promotore di una propria lista, democraticissima, e raccolga il consenso che crede!
Dov'è lo shock?
Forse che D'Alema e Veltroni non se sono sempre dette di tutti i colori, eppure stanno sempre lì appollaiati alla direzione del Pd?
E con loro, la decrepita nomenklatura di quel partito.
Chissà perché, ma con tutta la democrazia di questo mondo, dalla sua  nascita e ancor prima (già ai tempi del Pds, Ds, ecc.), nel Partito Democratico comandano sempre le stesse persone.
Per non parlare, per carità di patria, di quello che da sempre succede nel Pdl (già Forza Italia, ecc.)!
Il vero scandalo resta piuttosto quello di un quotidiano di tiratura nazionale che prosegue da mesi in un'opera di demolizione di quello che, nelle stanze della sua direzione, è stato stabilito dover essere l'avversario politico di riferimento e che imbastisce, giorno dopo giorno, una sistematica attività di disinformazione e di diffamazione nei suoi confronti, spesso basata sul nulla.
Un quotidiano, la Repubblica, che come ci informa proprio Beppe Grillo nel post odierno (su dati elaborati da Italia Oggi), ha ricevuto per il 2006 qualcosa come oltre 16 milioni di euro a fondo perduto di contributo pubblico, cioè a carico di tutti i contribuenti italiani, che va a scapito di sanità, scuola, trasporti, ambiente...

lunedì 3 settembre 2012

Per la Casta il nemico pubblico n. 1 è Beppe Grillo

La campagna dei media contro Beppe Grillo è furiosa, forsennata, sta raggiungendo dei vertici di vera e propria caccia all'uomo, per il momento solo mediatica; ma ormai si è superato il limite dell'istigazione a delinquere.
Lo denuncia lo stesso leader del MoVimento 5 Stelle sul suo blog ma è una constatazione così lampante che ci riesce difficile capire come mai tutti facciano finta di non accorgersene. 
Di fronte al fallimento politico e tecnico del governo Monti, con risultati economici dei primi nove mesi di governo bocconiano letteralmente disastrosi, con tutti gli indicatori economici in profondo rosso (tonalità che paradossalmente sarebbe la sola traccia di sinistra rinvenibile nell'azione di un esecutivo che ha saputo tagliare solo la spesa sociale e imporre tasse a pensionati e lavoratori, a cui la riforma dell'articolo 18 ha precarizzato pure quel poco di lavoro che resta), i giornali e le tv additano Beppe Grillo come il pericolo pubblico numero 1.
Beninteso, con l'incondizionato appoggio di alcuni intellettuali lib-lab, di Pierluigi Bersani e degli altri farisei democratici, aggrappati ai propri privilegi con le unghie, anche a costo di rinnegare le proprie origini, confermando così una storia personale disseminata di sistematiche ed inspiegabili virate a destra. 
Il perché di questa caccia all'uomo è presto detto. 

La carta stampata ce l'ha con lui perché si è fatto paladino dell'iniziativa di abolire il finanziamento pubblico all'editoria: così direttori di giornali e pennivendoli tremano nel vedersi venire a mancare la terra sotto i piedi.
Non riuscendo ad accusarlo di altro, benché redazioni intere siano sul piede di guerra per rivoltargli la vita privata come un calzino,  lo accusano di essere un demagogo o un  populista, a seconda dei momenti.
La Casta, poi, è stata addirittura smascherata da Grillo che ne denuncia da tempo, anche prima dell'intervento della magistratura, le mille nefandezze e la cronica corruzione e incompetenza, nonché un'arroganza  ed un'esibizione oltraggiosa del potere da repubblica delle banane.
L'ultima ciliegina sulla torta è quella del sindaco di un piccolo comune dell'avellinese che ha avviato contro un proprio vigile urbano un procedimento disciplinare per aver impedito alla vettura di un noto politico della prima repubblica di transitare con la scorta (ancora!) in zona pedonale, a conferma di un malcostume tanto generalizzato quanto difficile da estirpare in un paese che per molti versi resta feudale.
E' per questo che i tre dell'apocalisse, il trio Alfano-Bersani-Casini, gli vomitano addosso di tutto, spesso in modo pretestuoso e politicamente velleitario. 
La stessa accusa di Bersani che gli ha dato del fascista sarebbe becera e patetica se non fosse prima di tutto ridicola. Fra l'altro lanciata dal pulpito di chi ricevette circa  100'000 euro qualche anno fa dal patron dell'Ilva come contributo per la propria campagna elettorale.
Se la cosa fosse capitata a Grillo, i giornali lo avrebbero fatto nero!
Addirittura abbiamo ascoltato in questi giorni alla radio l'ex tesoriere della Cisl Giovanni Guerisoli che ha accusato esplicitamente Grillo di aver preteso, 13 anni fa (!), il cachet in nero per uno dei suoi spettacoli, per poi leggere l'immediata e secca smentita dall'attuale segretario generale Raffaele Bonanni che ha poi aggiunto: "Guerisoli deve aver perso un chip!".  Al punto che, per denigrare Grillo, è stato disposto ad autoaccusarsi falsamente di un reato fiscale.
Ma intanto i quotidiani in rete, in perfetto stile stalinista, avevano già emesso la sentenza di condanna nei suoi confronti, lasciandolo in pasto ad un florilegio di improperi sul web.
Non parliamo poi di Giorgio Napolitano, che alla vigilia dei ballottaggi nelle amministrative di primavera, dichiarò di non essersi accorto del successo del Movimento 5 Stelle, contravvenendo clamorosamente al suo ruolo super partes.
Quello stesso Napolitano che ora a tutti i costi pretende, in nome di una sua presunta intangibilità da novello Re Sole, che vadano distrutti i contenuti delle sue telefonate intercettate con Nicola Mancino, esponendo la Presidenza della Repubblica a pesanti rischi di condizionamento, come ha dimostrato il finto scoop di venerdì scorso del settimanale berlusconiano Panorama.

Insomma, il capro espiatorio del disastro economico e finanziario ma soprattuto politico e morale dell'Italia per la stragrande maggioranza dei media (ad eccezione, ad esempio, del Fatto Quotidiano che, guarda caso, non incassa un euro di finanziamento pubblico) è diventato Beppe Grillo.
Ma nessuno ne spiega chiaramente il motivo e dargli del demagogo, sondaggi alla mano, può alla fine rivelarsi un boomerang.
Ma ciò che la Casta non gli perdonerà mai è l'aver risvegliato le coscienze, aver sollecitato i cittadini a mobilitarsi, a scuotersi dal torpore per prendere in mano il proprio destino comune, a pensare con la propria testa, gettando alle ortiche le deleghe in bianco con cui politici e giornalisti ma, nel complesso, la classe dirigente, hanno potuto fare in questi decenni il bello e il cattivo tempo, senza mai doverne rispondere a nessuno.
Le poche volte in cui ciò è successo, è stato ad opera della magistratura che, non a caso, è  da tempo presa di mira dalla Casta: la trattativa Stato-mafia, la vicenda dell'Ilva di Taranto, sono soltanto gli ultimi episodi di una campagna più vasta di delegittimazione portata avanti su più piani, dalla politica all'economia, dall'ambito tecnico-giuridico a quello sindacale, persino a quello istituzionale.

Così, ancor prima di affacciarsi sulla scena parlamentare, il Movimento 5 Stelle si è guadagnato l'ostracismo della politica, dei giornali e delle televisioni che ne considerano addirittura eversivo il messaggio (lo è sicuramente per i propri fastosi privilegi!).
In altri tempi avrebbero accusato Beppe Grillo di eresia per poi farlo trascinare a Campo de' Fiori.
Dove c'è sempre qualcuno, male in arnese,  pronto a portare la sua fascina d'odio e di menzogna.
Probabilmente confidano in questo.

sabato 2 giugno 2012

Più l'informazione si accanisce contro Grillo, più il Movimento 5 Stelle conquista consensi

Il boom di Beppe Grillo e del Movimento 5 Stelle ha mandato in tilt non solo i palazzi della politica, dove la Casta è acquartierata da decenni in mezzo ai privilegi (non ultimo la scorta che li accompagna, persino quando vanno a fare la spesa all'Ikea, vero senatrice Finocchiaro?), ma le redazioni dei giornali che stanno veramente impazzendo per scaraventare contro il Beppe nazionale, tutto ciò che può passare mediaticamente per distruggerne l'irresistibile ascesa verso la più che probabile vittoria alle elezioni politiche della prossima primavera.
Perché già adesso i sondaggi danno il suo movimento in vista del 24-25%, bruciando sullo scatto persino il Pd, e diventando forse la prima forza politica in Italia, per giunta senza essere un partito, senza un soldo di finanziamento pubblico e senza un briciolo di presenza in televisione.
Un passaggio d'epoca, fino a qualche giorno fa roba da libro dei sogni.
Insomma, all'improvviso nel firmamento della politica italiana è nata una stella, o meglio ne sono nate 5!
E c'è da scommettere che di qui ad un anno, bomba o non bomba (come giustamente denuncia il suo leader sul noto refrain di Antonello Venditti), per il Movimento 5 Stelle sarà l'apoteosi, in barba alla Casta ed a quanti si augurano che con qualche attentato sanguinoso si possa bloccare la legittima e democratica aspirazione degli Italiani ad avere finalmente voce in capitolo nelle scelte collettive, senza la pelosa e asfissiante intermediazione dei partiti.
Per questo i due maggiori quotidiani nazionali fanno a gara nel tentare di fare le pulci alla vittoria di Grillo.
E' partito lancia in resta Repubblica, insinuando, già la sera stessa della vittoria di Federico Pizzarotti a Parma, che il giovane neosindaco avesse preso da subito le distanze dal proprio leader.
Come? Con un'intervista in cui vengono riportate le sue prime adrenaliniche dichiarazioni da vincitore inatteso, fatte passare come vera e propria dichiarazione d'intenti, degna di un consumato uomo politico.
Tanto è bastato per creare un caso, su cui altri giornali si sono fiondati a corpo morto, con l'Unità che addirittura titolava perfidamente solo due giorni dopo l'exploit elettorale: "Pizzarotti-Grillo, c'eravamo tanto amati..."
Puro sciacallaggio mediatico, a confronto del quale i mitici panini del Tg1 di Minzolini sembrano l'audace colpo dei soliti ignoti.
Ma il gioco di dividere subito i vincitori è stato così scoperto e precipitoso che soltanto qualche lettore distratto avrebbe potuto abboccare.
E' poi intervenuto lo stesso Pizzarotti a smantellare tutto il castello di carta così faticosamente costruito a Piazza Indipendenza.
Non paga del magro risultato,  Repubblica ha tentato di strumentalizzare il defenestramento avvenuto prima delle Comunali di tal Tavolazzi, accusato da Grillo di promuovere una fronda interna e che poi, una volta messo alla porta, sarebbe voluto rientrare in partita cercando di ottenere dal neosindaco grillino addirittura la poltrona di direttore generale del comune di Parma.
Va da sè che, al di là del merito della sua espulsione, è quanto meno deprecabile che chi è stato mandato via dal portone principale della politica, rientri dalla finestra sotto le mentite spoglie di tecnico.
Ma tanto è bastato perché  i seguaci di Scalfari titolassero che Beppe Grillo era nientedimeno il mandante di una "fatwa" nei suoi confronti, la seconda consecutiva (secondo loro!) dopo il monito da lui stesso lanciato contro la partecipazione dei suoi candidati ai talk show televisivi.
Sì, avete capito bene: Repubblica rinfaccia al leader del Movimento 5S di aver dichiarato contro il Tavolazzi peggio di un ostracismo, una condanna per capirci come quella a suo tempo emanata dal regime iraniano degli ayatollah contro lo scrittore Salman Rushdie, controverso autore dei "Versetti satanici".
A quale livello di imbarbarimento intellettuale deve scendere il secondo quotidiano italiano (particolare non trascurabile, che riceve sostanziosi finanziamenti pubblici), per portare avanti una violentissima quanto inusitata e ingiustificata campagna di stampa contro Grillo, è sotto gli occhi di tutti.
Non vogliamo pensare che  pure da parte della proprietà e direzione di quel giornale il successo elettorale di Beppe Grillo possa essere vissuto con angoscia come una seria minaccia a quel sistema gelatinoso di cui troppi e spesso occulti poteri hanni beneficiato in questi anni, intrecciando relazioni pericolose con la Casta.

Ma il massimo del tragicomico è stato raggiunto dal Corriere della Sera che, nell'edizione Corriere TV,  fa sapere che Beppe Grillo ripete nei comizi, udite udite, le stesse battute; e per dimostrarlo riporta un video ripreso dal comizio finale di Parma del 18 maggio e da quello di Garbagnate di due giorni prima. Nel collage presentato, accostando ossessivamente frammenti di immagini dei due interventi verrebbe immortalata la sua colpa.
Un autentico autogol del Corriere che, per voler parlare alla pancia del Paese screditando la figura pubblica di Grillo, finisce per lanciargli un formidabile  assist.
Infatti che un leader politico dica le stesse cose parlando a platee diverse non solo non è disdicevole ma è addirittura auspicabile, anzi in un paese normale dovrebbe essere la regola.
Meravigliarsi di ciò fino al punto  da ritenere che Grillo venga così colto in fallo, significa ammettere che i giornalisti del Corriere sono abituati a politici che di fronte agli imprenditori dicono una cosa, ai commercianti un'altra, ai pensionati un'altra ancora e quando si trovano davanti agli operai chiudono il cerchio sparlando dei primi; insomma degli autentici voltagabbana pronti a menare per il naso gli ingenui cittadini.
E come mai stesso zelo e anologa osservazione non sono riservati all'ABC della politica, il trio Alfano-Bersani-Casini e Casta cantante?
Forse che costoro sono talmente noiosi e incomprensibili che nessuno sarebbe disposto gratuitamente  a subirne le contorsioni verbali che, a seconda delle circostanze, oscillano tra il criptico, il vuoto e lo sgrammaticato.
Un  caso da scuola è poi il linguaggio di Pierluigi Bersani, come già altre volte abbiamo notato, che riesce a parlare per ore senza dire assolutamente nulla, ponendo l'accento su parole vuote e  brandendo come armi roboanti affermazioni veramente senza né capo né coda, un volo pindarico oltre il surreale.
Sintatticamente i suoi discorsi pubblici sono un vero percorso minato: i famosi anacoluti del segretario del PD si trasformano, nelle irresistibili gag di Maurizio Crozza, in autentici tormentoni: Ragassssi, non siam qui a toglier le macchie dal manto dei giaguari...
Ma l'infortunio del Corriere della Sera è stato in qualche modo riscattato dalla bella intervista che Gian Antonio Stella fa a Beppe Grillo, pubblicata ieri su 'Sette', l'inserto settimanale del quotidiano di via Solferino. Leggetela, è interessantissima.
E a proposito di riforme costituzionali ecco come conclude Grillo:
"Beh, siamo stati scottati: il Parlamento deve avere l'obbligo di discutere delle leggi popolari che vengono presentate. L'obbligo. E poi il referendum senza quorum. Due o tre cose. Per arricchire una Costituzione che è già meravigliosa per conto suo ma non prevede lo spazio  necessario per i cittadini".
E questa sarebbe antipolitica? Magari subito!