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sabato 9 marzo 2013

La petizione-civetta di Repubblica: un'OPA ostile contro Grillo

Che il gruppo L'Espresso-Repubblica si sia trasformato in una formidabile macchina del fango puntata contro Beppe Grillo e il suo movimento è ormai cosa nota: non c'è giorno in cui non compaia un pezzo di carattere diffamatorio e di odio viscerale nei confronti del leader o degli attivisti del M5S. 
Non staremo qui a ripercorrere la lunga sequela di ingiurie nei suoi confronti, molte delle quali troveranno soddisfazione evidentemente soltanto in Tribunale. O i mille tentativi, ancora in corso in queste ore, per sbatterlo fuori dal movimento di cui è primo fondatore, capo carismatico, garante, portavoce, anima.
L'obiettivo dichiarato è infatti, per dirla alla Bersani, quello di fare scouting cioè di fare campagna acquisti tra i  neoeletti del movimento per permettere ai trombati del PD, dal suo segretario a Veltroni, a D'Alema, a Fassino, alla Finocchiaro, alla Bindi e compagnia perdente, di dettare ancora le regole del gioco e di piazzare i propri uomini nelle istituzioni e nei gangli vitali della pubblica amministrazione, proprio come se il 24-25 febbraio non ci fossero mai stati.
E' evidente, che con questo po' po' di pedigree, il gruppo editoriale di Carlo De Benedetti, tessera n. 1 del PD e residenza fiscale in Svizzera (W l'Italia...), sia il pulpito meno indicato per analizzare le dinamiche dell'unica forza politica uscita vittoriosa dalle ultime consultazioni con un risultato, qualcuno fa finta di non ricordarlo, assolutamente straordinario. Né tanto meno per dispensare suggerimenti e moniti sulla linea politica che il M5S dovrà tenere di qui alle prossime settimane. 
Ci mancherebbe altro che proprio coloro che contro Grillo hanno abbracciato su scala industriale il metodo Boffo, ovvero l'intimidazione e la delegittimazione come pratica di informazione quotidiana, possano farsi paladini di una qualche battaglia civile. Meno che meno di una petizione indirizzata agli attivisti e ai parlamentari del M5S per costringerli ad appoggiare nei prossimi giorni un governo a guida PD. 
Eppure Repubblica, in una fase di passaggio istituzionale così difficile e senza precedenti, dà fuoco alle polveri di una lampante e gravissima scorrettezza costituzionale, interferendo pesantemente con la fisiologica dialettica in corso tra le forze politiche prima ancora che si apra il Parlamento, per lanciare una petizione trappola, una vera e propria OPA ostile contro il movimento di Grillo.
Parecchi cittadini, non conoscendo la posta in gioco e i veri obiettivi di Scalfari & c., potrebbero ingenuamente abboccare, apponendo la propria firma su un'iniziativa apparentemente meritoria. 
Trattasi, però, di una gigantesca operazione di manipolazione del consenso che, carpendo la buona fede di quanti, legittimamente, pretendono di avere a breve finalmente un governo che affronti le grandi emergenze del paese, punta alla più spudorata delle operazioni gattopardesche: dichiarare di voler cambiare tutto per non cambiare nulla, così che quegli stessi politici che i cittadini, non solo Grillo, hanno cacciato dalla porta possano comodamente rientrare dalla finestra, magari proprio  grazie al montacarichi messo gentilmente e gratuitamente a disposizione dal gruppo L'Espresso-Repubblica.
Che nel frattempo, prosegue senza soste, la guerra contro il Movimento 5 Stelle, cercando di demolirne mediaticamente non solo i nuovi quadri dirigenti ma la stessa onorabilità del suo leader. 
L'inchiesta farlocca sugli investimenti dell'autista di Grillo in Costarica è quanto di più squallido e vergognoso, nella sua insulsa e totale inconsistenza, sia potuto uscire dalla penna di un giornalista e fatto deragliare  inopinatamente in edicola, senza neanche prendersi la briga di cercare più di tanto dei riscontri. 
Eppure il settimanale di via Colombo vi  dedica a tambur battente la copertina.
Forse s'illudono che Grillo possa essere combattuto con gli stessi mezzi usati in questi anni con Berlusconi, ovvero con una sistematica denigrazione non della sua politica (che in fondo hanno sempre largamente condiviso, tanto da appoggiare con entusiasmo il governo Monti),  ma accendendo i fari sul suo corposo curriculum giudiziario. 
Questa volta, però, sfortunatamente per loro, con il leader genovese  cascano male e il tanto strombazzato scoop rischia di rivelarsi un pericoloso boomerang.
Staremo a vedere.
Per cogliere all'istante il frutto avvelenato di questa torbida operazione di Palazzo, basta comunque osservare che la petizione non è rivolta al gruppo dirigente del PD, vero sconfitto di queste elezioni, a cui il buon senso prima ancora che l'analisi dettagliata del voto avrebbe già dovuto suggerire le immediate e irrevocabili dimissioni collettive per giungere al più presto ad un  Congresso straordinario che sancisca il totale rinnovamento della sua Direzione nazionale, a cominciare dal segretario Bersani. 
Eppure sarebbe stato auspicabile che qualcuno, vicino al patetico  smacchiatore di giaguari, gli consigliasse prudenza e di astenersi dall'intimare ultimatum allegando una risibile lista di 8 punti, che tanto rassomiglia ad un pessimo abbozzo di sceneggiatura per una futura commedia degli equivoci.
Né l'iniziativa di Largo Fochetti è rivolta  genericamente ai rappresentanti di tutte le forze politiche perché diano, in questo difficile momento, prova di moderazione e di responsabilità, iniziando ad anteporre gli interessi del Paese ai propri. No! 
La petizione-civetta è rivolta espressamente ed unicamente al Movimento 5 Stelle ed ospitata sulle pagine proprio di quel giornale che in questi anni si è contraddistinto, nel panorama editoriale italiano già così plumbeo e dilaniato da lotte intestine, per la virulenza degli attacchi contro Grillo e i suoi ragazzi, con lo scopo dichiarato di tentare in qualche maniera di  fargli  terra bruciata.
Ci dispiace che personalità come Salvatore Settis, Roberta De Monticelli, Barbara Spinelli, pure nella sicura generosità del gesto e del sincero interesse per il bene comune, animati come immaginiamo dalle migliori intenzioni, prestino la loro firma ad un'operazione così profondamente di parte e antidemocratica.
Perché lasciare che questa petizione sia usata come una clava  da un gruppo di oligarchi contro quella che è diventata la prima forza politica italiana, significa non solo non aver compreso intimamente il significato del voto popolare ma di tentare prepotentemente di deviarne, se non proprio di sovvertirne, l'esito.


giovedì 7 marzo 2013

Ma perché PD e PDL non continuano a governare insieme??

Nel totale caos politico di queste ore, con i due grandi sconfitti PD e PDL che cercano di esorcizzare la débacle elettorale, sparlando a vanvera contro i cittadini eletti nelle fila del M5S e addirittura rilanciandosi loro stessi per guidare il prossimo esecutivo,  proprio come niente fosse, ancora una volta è Beppe Grillo a pronunciare parole di verità. Infatti sul suo blog un attivista del M5S si domanda:

"pdl e pdmenoelle hanno più punti programmatici in comune tra loro:
1) entrambi vogliono la TAV

2) entrambi sono per il MES
(nda: cioè il fondo salva stati europeo che l'Italia ha alimentato con 20 miliardi di euro, l'importo totale dell'IMU, per consentire alle banche greche e spagnole di restituire i prestiti ottenuti da Francia e Germania)
3) entrambi per il Fiscal Compact
4) entrambi per il pareggio di bilancio
5) entrambi per le "missioni di pace"
6) entrambi per l'acquisto degli F-35
7) entrambi per lo smantellamento dell'art.18
8) entrambi per la perdita della sovranità monetaria
9) entrambi per il finanziamento della scuola privata
10) entrambi per i rimborsi elettorali
Quanti punti programmatici comuni ho trovato così su due piedi??? DIECI. Ne hanno più loro che quello che afferma Bersani con il M5S (lui dice 8). Non per niente hanno governato per un anno e più insieme".
 
Effettivamente l'osservazione non fa una piega: perché Bersani e Berlusconi, nel tempo necessario a cambiare la loro legge elettorale porcata e magari fino alla primavera del 2014 (quando si svolgeranno le elezioni Europee), non continuano a governare insieme, magari con la guida 'esperta' dello stesso Mario Monti, visto che condividono lo stesso programma in quelli che sono dieci punti altamente qualificanti di una possibile azione di governo?
Non saranno solo le cene di Arcore o il caso Ruby a dividerli!
Anche perché se fossero sinceramente intenzionati ad imprimere una svolta nella politica italiana avrebbero entrambi già fatto un  passo indietro, dopo essersi reciprocamente e pubblicamente cosparso il capo di cenere.
Invece, come due sfingi, additano Grillo come il responsabile dell'ingovernabilità e continuano per la loro strada.
Berlusconi che tenta l'inciucio, terrorizzato di restare fuori dalla stanza dei bottoni; Bersani che riunisce una direzione nazionale di impresentabili (ci sono tutti, da D'Alema a Veltroni, anche se quest'ultimo ha almeno la dignità di non parlare) per dettare agli italiani gli otto punti di un'improbabile agenda di governo. Tra questi, ancora una volta, la legge anticorruzione, pure licenziata dall'allegra brigata PD-PDL-Centro nel dicembre scorso e balzata agli onori della cronaca sotto il nome di legge Severino.
"Che cos'è, è uno scherzo?" si domandava ieri Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano, dopo aver preso atto, dal gip di Monza, proprio di quello che era il prevedibile effetto della suddetta legge: perché derubricando il reato di concussione per induzione a reato minore, con pene dimezzate e prescrizione più breve, sono saltate (perché prescritte!) le accuse alle coop rosse nel processo a Filippo Penati, già braccio destro di Bersani, cioè le tangenti che secondo l'accusa sono finite ai DS per il recupero delle aree ex Falck e Marelli. Così come accadrà tra poco per il grosso delle accuse allo stesso Penati.
Come si vede, PD e PDL vanno d'accordo pure in materia di giustizia, avendo ognuno  le proprie belle gatte da pelare. 
Pertanto, cosa c'è di meglio di riproporre l'ennesima legge anticorruzione, dietro la cui foglia di fico nascondere definitivamente altre questioni scottanti, per esempio l'affaire Monte Paschi di Siena? 
In fondo la legge anticorruzione serve proprio a questo, ad eliminare all'istante la corruzione, nel senso di far sparire  corrotti e corruttori dalle aule giudiziarie, con il più classico dei colpi di spugna.
E allora ci si accorge che il programma dal PD e quello del PDL sono due gocce d'acqua: in materia di politica economica, giustizia, scuola, beni culturali, difesa, non-tagli alla Casta, esteri. 
Alzi la mano chi vi riscontra differenze sostanziali!
L'unico vero motivo di frizione tra i due partiti, dal punto di vista strettamente mediatico, resta ancora la figura di Silvio Berlusconi che rappresenta per i piddini il simbolo della loro inadeguatezza, essendo riusciti a farlo risorgere più volte dalle sue ceneri.
E' vero, quelli del PD temono che l'abbraccio con il Cavaliere a favore di telecamere si possa rivelare mortale e tradursi alle prossime elezioni in un'ulteriore emorragia di voti, quella definitiva. Con il rischio di lasciare al Movimento 5 Stelle l'intera scena e la maggioranza assoluta dei consensi. 
Ecco perché Bersani vuole sì arrivare a tanto ma solo dopo essere riuscito ad inguaiare Beppe Grillo con un ricatto del tipo: o appoggi dall'esterno il nostro governo oppure faremo credere alla gente che la responsabilità di tornare alle urne tra tre mesi sarà esclusivamente tua. Infatti, checché tu sbraiti, il sistema dei media tradizionali è ancora a nostro completo servizio: in questi giorni ti abbiamo dimostrato che, pur vantando il M5S la pattuglia dei parlamentari più preparati perché quasi tutti laureati, grazie ai nostri giornalisti, siamo stati in grado di metterli alla gogna facendoli passare non solo come degli ignoranti ma, peggio, degli emeriti cretini.

Beppe Grillo ha quindi ragioni da vendere quando proprio oggi sul suo blog mette in guardia deputati e senatori dal cedere alle lusinghe dei conduttori televisivi avvisandoli: Attenti ai lupi!.
"Il loro obiettivo è, con voce suadente, sbranare pubblicamente ogni simpatizzante o eletto del M5S e dimostrare al pubblico a casa che l'intervistato è, nell'ordine, ignorante, impreparato, fuori dalla realtà, sbracato, ingenuo, incapace di intendere e di volere, inaffidabile, incompetente. Oppure va dimostrato il teorema che l'intervistato è vicino al pdmenoelle, governativo, ribelle alla linea sconclusionata di Grillo, assennato, bersaniano. In entrambi i casi, il conduttore si succhia come un ghiacciolo il movimentista a cinque stelle, vero o presunto (più spesso presunto), lo mastica come una gomma americana e poi lo sputa, soddisfatto del suo lavoro di sputtanamento. E' pagato per quello dai partiti.
L'accanimento delle televisioni nei confronti del M5S ha raggiunto limiti mai visti nella storia repubblicana, è qualcosa di sconvolgente, di morboso, di malato, di mostruoso, che sta sfuggendo forse al controllo dei mandanti, come si è visto nel folle assalto all'albergo Universo a Roma dove si sono incontrati lunedì scorso i neo parlamentari del M5S. Scene da delirio. Questa non è più informazione, ma una forma di vilipendio continuato, di diffamazione, di attacco, anche fisico, a una nuova forza politica incorrotta e pacifica. Le televisioni sono in mano ai partiti, questa è un'anomalia da rimuovere al più presto. Le Sette Sorellastre televisive non fanno informazione, ma propaganda."
Emblematico il caso di Barbara d'Urso che su Canale 5 ha invitato a parlare a nome del M5S, guarda caso, un signor nessuno, che si era iscritto via internet al Movimento di Beppe Grillo appena il giorno stesso delle elezioni, invitandolo a dialogare con deputati della Lega e facendo così fare al movimento stesso una pessima figura.
Si può pensare di aprire una trattativa politica con partiti che ricorrono a qualsiasi nefandezza pur di screditare quella che dovrebbe essere la loro controparte politica??
Intanto la macchina del fango di Repubblica - L'Espresso continua a vomitare contro il leader del M5S di tutto, prendendo di mira qualunque cosa o chiunque semplicemente sia a lui vicino, persino il suo autista...
Ma questa non ha più nulla a che vedere con l'informazione  nè con il giornalismo, è semplicemente guerriglia  mediatica: vergogna!



mercoledì 27 febbraio 2013

La sfilata degli zombie all'uscita dal Gran Consiglio del PD

Quest'oggi apriamo con un video di Nino Luca tratto da youtube di straordinaria efficacia; riprende i dirigenti del PD all'uscita dalla riunione notturna in cui hanno preso atto della sconfitta elettorale, l'ennesima della loro vita. 
La spocchia resta la stessa di sempre ma la delusione, forse un pizzico di vergogna, per la prima volta fa capolino nelle loro espressioni accigliate e stupefatte. Non rispondono alle domande del giornalista, cercando di sgattaiolare via il più velocemente possibile, proteggendosi infine dietro i vetri scuri di  potenti auto blu che partono sgommando.
Sembrano degli zombie.
Ma com'è possibile che per tanti anni abbiamo affidato le sorti del paese a personaggi simili, dall'ego tanto smisurato quanto la loro mediocrità, evidentemente del tutto inadatti al ruolo? 
Ne abbiamo adesso, proprio grazie a queste immagini di cronaca destinate a diventare storiche, una conferma plastica. E solo adesso ci rendiamo conto fino in fondo come sia stato facile per Silvio Berlusconi  fare per vent'anni il bello e il cattivo tempo, rialzandosi almeno una decina di volte dalla polvere in cui da solo era precipitato.
Insomma, la sfilata dei gerarchi all'uscita del Gran Consiglio del PD come nemesi storica, il 25 febbraio di questa finta sinistra italiana.


sabato 16 febbraio 2013

Per il 25 febbraio è in programma la nuova Festa della Liberazione: quella dalla Partitocrazia

Nelle redazioni dei nostri due massimi quotidiani italiani, Repubblica e Corriere della Sera, si respira un'aria pesante mentre nei Palazzi romani dilaga lo sconforto.
Possibile che, dopo aver messo su un'organizzazione mastodontica che segue il leader del M5S dappertutto, in perfetto silenzio, come un'ombra, in attesa del tanto sospirato passo falso, non si riesca a lanciargli addosso una qualche accusa infamante, che gli possa far perdere di colpo qualche migliaio di voti, abbassando l'onda lunga del suo Tsunami Tour che rischia seriamente di travolgere il prossimo 25 febbraio una buona fetta di partitocrazia? 
Ormai mancano solo 8 giorni al voto e qualcosa si deve pur fare: non è possibile accontentarsi del niente raccolto finora contro di lui!
Mentre la magistratura di tutta Italia sta demolendo, pezzo a pezzo, l'intera classe dirigente del nostro Paese, politici, burocrati, manager, boiardi di Stato, mentre  Bersani, Casini, Berlusconi, persino lo stesso Monti, si fanno vedere in giro il meno possibile per non ricevere dai passanti salve di fischi e boati di disapprovazione, Grillo raccoglie consensi crescenti e trasversali, riempiendo, nonostante le temperature polari, le piazze dello stivale, da Catania a Bolzano, da Bari a Novara, di un pubblico attento, caloroso, entusiasta.
E' l'unico che dice cose di buon senso, che non usa slogan tanto per nascondere il vuoto culturale, programmatico ma soprattutto morale dei suoi avversari politici.
Mentre tra Monti e Berlusconi si è ormai ingaggiata la gara a chi scende più in basso nell'insulto all'altro ma anche nel consenso elettorale (il sobrio bocconiano, con un'evidente e ormai ripetuta caduta di stile, adesso rimprovera al Cavaliere addirittura di comprarsi i voti ma, fino ad un mese fa, non aveva proprio nel Cavaliere il suo azionista di riferimento?), Pierluigi Bersani indugia nell'aria fritta, vagheggiando di un'alleanza a doppio filo con il premier uscente e la necessità di riconoscere almeno un premio di testimonianza al fido scudiero Niki Vendola. Quest'ultimo non se la passa per niente bene, dato che i suoi potenziali elettori hanno ormai capito che votare Sel è come votare Pd, che è poi come votare Monti girandosi dall'altra parte, mentre si fischietta l'inno dell'Internazionale...
Indubbiamente, votare un partito che si dichiara di sinistra per ritrovarsi poi lo stesso esecutivo di centro destra che ci sta sgovernando, con brevi interruzioni, da 20 anni grazie all'appoggio decisivo ed ai soldi di Silvio Berlusconi, non è propriamente una prospettiva eccitante per i fan del governatore della Puglia.
Anche perché con la discesa in campo dell'ex pm di Palermo Antonio Ingroia con la sua Rivoluzione Civile che conta sull'apparato organizzativo dell'Idv e di Rifondazione, qualcuno ci dovrebbe spiegare perché mai un elettore di sinistra, che non sia masochista,  dovrebbe votare Sel...
Ecco perché quella volpe di Bersani che, da quando ha vinto le primarie su Matteo Renzi, non ha detto una cosa, che sia una, di sinistra, peggio, non ha detto una cosa (di numero!), proprio oggi se ne è uscito con l'impegno di varare a tempo di record una legge contro l'omofobia.
Infatti milioni di italiani, cassintegrati, disoccupati, pensionati che non arrivano alla seconda settimana, imprenditori a rischio fallimento, giovani precari, studenti, esodati, sessantenni a cui la ministra Fornero chiede di lavorare dieci anni di più, malati buttati giù dai letti d'ospedale per i tagli della spending review ed invalidi lasciati senza assistenza domiciliare, giovani talenti costretti a cercare fortuna all'estero, insegnanti mandati a casa o costretti a lavorare in condizioni impossibili, liberi professionisti senza più una professione, gente sbattuta fuori di casa perché indigente, nient'altro che questo chiedevano da anni cronicamente inascoltati al PD di Pierluigi Bersani: finalmente una legge contro l'omofobia!!!
La nullità politica del leader piddino è confermata pure dalla posizione che egli ha assunto in merito alla questione Euro: ormai, pure i sassi sanno che l'ingresso dell'Italia nelle moneta unica è stata un vero disastro e le statistiche confermano in modo inoppugnabile che il declino economico italiano data 15 anni fa, guarda caso l'inizio della stagione dell'Euro.
L'aver perso la sovranità monetaria, senza prevedere a livello europeo i necessari meccanismi di compensazione, ha significato condannare l'Italia ad una lunga e tormentata decadenza di cui Romano Prodi e Carlo Azeglio Ciampi sono i principali responsabili ma, più in generale, è l'intero centrosinistra che, in ragione di ciò, dovrebbe cospargersi il capo di cenere.
E invece cosa avviene? Bersani confonde deliberatamente l'adozione della moneta europea con il sogno di un'Europa più unita e solidale, senza pronunciare l'unica parola di verità: ovvero che proprio l'adesione cieca all'Euro ha reso più lontano e sbiadito il sogno europeo, l'esatto contrario di quello che i media e la Casta ci vogliono ogni giorno far credere, anzi ci hanno sbolognato a carissimo prezzo in questi anni.
Ecco perché il Movimento 5 Stelle, che restituisce la democrazia ai cittadini, è un'inattesa e irripetibile opportunità: mandare a casa una classe politica che è vissuta, nella più elitaria depravazione morale ed incompetenza professionale, alle spalle dei cittadini e che, divorando la cosa pubblica in modo famelico, ha ridotto alla fame quella che ancora dieci anni fa era la quinta potenza economica del mondo.
E gli autori di tanto scempio, non solo non chiedono pubblicamente scusa per i danni arrecati al Paese impegnandosi solennemente a risarcirli almeno parzialmente, magari restituendo il bottino frutto di infinite ruberie, ma si ergono ancora a protagonisti della scena politica prossima ventura, con la spocchia di voler ancora distribuire ai leader della rivoluzione di velluto italiana, in primis Beppe Grillo ed Antonio Ingroia, le carte della partita che sta per cominciare.
Ecco perché, in queste giornate frenetiche, è necessaria da parte di tutti i cittadini massima attenzione e partecipazione, perchè il colpo di coda della Casta partitocratica non solo è possibile ma è anzi assai probabile.
E può manifestarsi nelle forme più diverse e, contemporaneamente, in più ambiti e direzioni: mobilitazione capillare e consapevole, quindi.
Massima vigilanza, infine, nei seggi elettorali  per tutte le operazioni di voto e di spoglio successivo per limitare al massimo il più che concreto rischio di brogli e far sì che il tanto atteso miracolo italiano trovi finalmente la sua definitiva consacrazione nell'urna elettorale.
Perchè quale che sia il risultato che riuscirà a realizzare il Movimento 5 Stelle, dopo le elezioni la vita istituzionale del nostro Paese subirà un forte e positivo cambiamento.
Con una pattuglia colorata, giovane e vivace di 100-200 cittadini incensurati, senatori e deputati nuovi di zecca, la Casta non potrà più fare il bello e il cattivo tempo come prima, quand'anche dovesse restare ancora per un po' nella stanza dei bottoni e continuare ad esprimere, a causa della legge elettorale porcata, una raffazzonata ed inaffidabile maggioranza di governo.
Il 25 febbraio sarà per tutti gli Italiani, anche per chi non ci ha mai creduto, il Giorno della nostra Seconda Liberazione. Questa volta dalla Casta partitocratica.


martedì 29 gennaio 2013

Crack MPS: la Casta saccheggia lo Stato. Però è antifascista...

Ormai è chiaro (e i loro lettori se ne devono fare una ragione...).
RepubblicaCorriere della Sera in tandem stanno tirando la volata a PD e a Mario Monti e, giorno dopo giorno, spargono a mani basse disinformazione contro l'unica vera novità di questa campagna elettorale: il Movimento 5 Stelle  di Beppe Grillo.
Lo seguono come un'ombra in quello che sempre più si sta profilando come un autentico bagno di folla nelle mille piazze italiane, lo TsunamiTour, restando  in imbarazzato silenzio per settimane data l'accoglienza  trionfale che la gente dovunque gli tributa.
Sperando vivamente in un incidente di percorso ovvero che, preso dalla foga di uno dei tanti discorsi che tiene ogni giorno completamente a braccio, incespichi in qualche iperbole, su cui plotoni di pennivendoli sono lì pronti ad impiccarlo.
Ma nell'attesa dello sfondone che non arriva (quel Grillo si sta rivelando sempre più accorto!), si allestisce una qualche carnevalata.
Così, al soldo della Casta, di fronte al palco, entrano in scena sedicenti antifascisti, uno sparuto gruppo di ragazzotti che, senza sapere di maneggiare parole molto più grosse di loro, in deficit spesso dei più elementari strumenti culturali e di un'accettabile capacità dialettica, inscenano  all'improvviso, ad un preciso ordine di scuderia, una vera e propria gazzarra alzando striscioni vaneggianti accuse di fascismo contro il leader del M5S. Il quale li invita subito dopo a salire sul palco per argomentare il loro dissenso: ma il tentativo va a vuoto, finché la piazza, intuendo che si tratta dell'ennesima provocazione, non li sommerge di fischi.
Ma ciò basta a Corriere e Repubblica, dopo giorni di estenuanti appostamenti a vuoto, di titolare, nuntio vobis gaudium magnum:  "Contestazioni contro Beppe Grillo", facendo assurgere il gesto telecomandato del minuscolo drappello di scalmanati a  notizia del giorno.
E così proprio colui che, unico nel terremotato panorama politico italiano, in questo gelido inverno riempie le piazze, sommerso dal calore e l'entusiasmo di una moltitudine di studenti, lavoratori, pensionati, casalinghe, cassintegrati, ovvero semplici cittadini, (quando non è lui stesso che vi nuota sopra!), ed al quale vengono riservate ovazioni da rockstar, proprio il Beppe nazionale, che va in giro goliardicamente in mezzo ai ragazzi senza scorta alcuna né bisogno di un agguerrito servizio d'ordine, viene additato dai media di regime a parafulmine della Casta.
Tentativo talmente scoperto e maldestro da naufragare miseramente, anzi da rivelarsi un boomerang.
Ma perché tanta animosità contro di lui?
Semplice: con il suo movimento di cittadini, nato per superare vecchi steccati, planando sopra le ideologie con nuove idee processate dalla rete,  il leader del M5S costringe i leader politici come Bersani, Casini, lo stesso Berlusconi, a fare una campagna elettorale su un terreno impervio, per niente congeniale, basato com'è sui contenuti piuttosto che sulle logiche di schieramento.
Ma questi qui contenuti non ne hanno, preoccupati soltanto di mantenere la poltrona  e di continuare a gestire il potere come sempre hanno fatto in passato, attraverso accordi sottobanco, reciproci ricatti, scambio di piaceri, cooptazioni, patetici teatrini televisivi.

Ecco che col suo modo scanzonato di interpretare la politica, sconvolgendo la vecchia liturgia della campagna elettorale, Grillo ha messo in crisi la spartizione del consenso elettorale siglato da sempre dagli uomini della Casta, al riparo delle ideologie.
Perché proprio agitando a comando la bandiera di un'appartenenza ormai fine a se stessa, una generazione di politici è vissuta di rendita alle spalle dei cittadini, che ingenuamente li hanno sostenuti abboccando alle loro vuote parole d'ordine, a cui proprio chi le pronunciava era il primo a non credere.
Vi ricordate l'ex segretario del PD Walter Veltroni, già capolista del vecchio PCI, dichiarare apertamente di non essere mai stato comunista? O Gianfranco Fini, una vita nel MSI, dichiarare che il fascismo è stato il male assoluto.
Per due leader che hanno dovuto fare outing, ce ne sono stati molti altri che hanno fatto finta di niente, usando l'ideologia come un tram su cui salire e scendere alla fermata più vicina, magari col bavero alzato e gli occhiali scuri per non essere riconoscibili.
E' così che si possono mandare in fumo 14 miliardi di euro, secondo una strategia degna non di un management ma di una banda terroristica, mettendo in ginocchio buona parte dell'economia italiana, continuando a fare finta di nulla.
In fondo si tratta solo di compagni che sbagliano, ma che tutti restino tranquilli: sono antifascisti certificati al 100%.
La gente però piano piano si sta svegliando e non gradisce più di essere presa per il naso in questo modo.
Il gioco è ormai così scoperto che i galoppini dei due principali quotidiani sono costretti a confondersi tra la folla mischiandosi proprio con i contestatori.
Le immagini del video girato a Livorno che i due quotidiani esibiscono come un trofeo dimostrano infatti come il punto di osservazione delle riprese fosse proprio a fianco di chi alzava lo striscione: una contiguità più che sospetta!
Nel frattempo Bersani e Monti negano qualsiasi coinvolgimento nello scandalo MPS e Berlusconi preferisce tacere.
Va a finire che la colpa se il Monte dei Paschi sta per saltare per aria è dei correntisti o di coloro che hanno in questi anni preso il mutuo per la prima casa? O dell'artigiano che chiede l'anticipo su fatture?
Nell'attesa che la buriana si plachi, il salvataggio è stato affidato, guarda caso, ancora una volta alle casse dello Stato: e visto che parliamo di qualcosa come 4 miliardi di euro, praticamente all'IMU sulla prima casa, finita di versare dai cittadini appena un mese fa. 
E proprio chi inveisce contro lo Stato sprecone, improduttivo, pieno di debiti, da ridimensionare, (l'opposto del privato che brillerebbe per efficienza e competitività, serietà...) gli assesta il colpo di grazia.
Il ritornello è sempre lo stesso, anche se ci vuole un gran fegato per ripeterlo: socializzare le perdite, privatizzare i profitti ma scagliarsi contro la spesa pubblica improduttiva...
Prima o poi questi cialtroni qualcuno li dovrà pur mandare a casa! 

sabato 26 gennaio 2013

Finalmente c'è un giudice a Siena: l'intervento di Beppe Grillo al Monte dei Paschi


Di fronte allo scandalo finanziario che ha in Siena  e nella sua antichissima banca il suo epicentro e che rischia di mandare all'aria una buona parte del sistema finanziario italiano, già alle corde per la crisi mondiale e per la dissennata gestione della moneta unica da parte delle istituzioni europee, le parole di Beppe Grillo risuonate nell'auditorium senese dove si tiene l'assemblea straordinaria degli azionisti, sono le prime che finalmente restituiscono alla gente comune, ai risparmiatori, ai lavoratori, ai pensionati, agli imprenditori onesti, il diritto di cittadinanza.
Innanzitutto svelano la vera dimensione dello scandalo, da guinness dei primati nonostante la piaga della corruzione italiana ci abbia regalato in passato altri crack finanziari di tutto rispetto: perché la Tangentopoli ambrosiana di inizio anni 90, lo scandalo Parmalat e Cirio a confronto sono quisquilie.
Grillo sostiene che il buco nel bilancio del Monte dei Paschi si aggiri attorno ai 14 miliardi di euro, qualcosa come 28 mila miliardi delle vecchie lire!!!
Il presidente Alessandro Profumo gli ha contestato la veridicità di questa cifra ma è probabile che alla fine della storia sia proprio il leader del Movimento 5 Stelle ad avere ragione: intanto ha facile gioco nel contestargli l'accusa per maxifrode fiscale di quando era amministatore delegato di Unicredit, dunque, di non essere la  persona più adatta a gestire un passaggio così delicato per la banca toscana.
D'altra parte un conticino semplice semplice, senza tentare neppure di girare la copertina di un bilancio MPS che si presenta evidentemente taroccato, muniti di un semplice pallottoliere, è presto fatto.
La banca si appresta a varare un aumento di capitale di dimensioni colossali, il padre di tutti gli aumenti: 6,5 miliardi di euro; condizione questa per consentirle di ricevere dallo Stato, tramite l'emissione dei cosiddetti Monti bonds, un importo aggiuntivo di 3,9 miliardi (lo stesso importo dell'IMU sulla prima casa): il totale fa, a mente, 10,4 miliardi di euro.
Quindi i 14 miliardi paventati da Grillo non sono lontani, anche perché i dati di bilancio vanno presi con le molle, vista la gestione terroristica dell'istituto.
In questo caso infatti non si può parlare di difetto di managerialità, questo è terrorismo finanziario bell'e buono e la politica non può fare, ancora una volta, spallucce.
Dove siano finite in questi anni le autorità di controllo, dalla Banca d'Italia di Mario Draghi e Anna Maria Tarantola, al Tesoro, alla Consob, mentre il Monte dei Paschi si lanciava in operazioni folli (basta citare l'acquisto di Banca Antonveneta, pagata il triplo del suo valore) non è dato sapere.
Che cosa poi ci stesse a fare il PD, così ben rappresentato nell'omonima Fondazione, nel Comune e in tutto il sistema Siena, tanto da rendere, come ha detto giustamente Grillo, il partito una banca e la banca un partito, è ancora più misterioso.
Bersani è riuscito soltanto a dire che, loro non c'entrano. Ragasssi!
Eppure l'amministratore delegato del MPS Giuseppe Mussari, che per tanta maestria era stato pure promosso presidente dell'Abi, è stato uno dei maggiori foraggiatori del PD avendo effettuato negli anni donazioni a titolo personale prima ai DS, poi al PD, per 673.000 euro.
Ma ora che finalmente è stato scoperchiato il vaso di Pandora (neppure una bella e drammatica trasmissione di Report del maggio scorso era stata sufficiente a far accendere i fari sulla vicenda), nessuno ha visto e saputo niente...
Come facciano costoro ancora a comparire in pubblico, peggio, a chiedere carta bianca agli elettori per governare per i prossimi cinque anni è qualcosa che noi umani non possiamo neppure immaginare.
Ecco, il merito di Beppe Grillo è quello di aver restituito alle parole il loro significato, di dire ciò che i politici della Casta, che sembrano sbarcati da chissà quale altro pianeta, semplicemente non si sognano più neppure di pensare.
E' avvilente starli a sentire, anzi è perfettamente inutile: i loro discorsi sono vuoti, autoreferenziali, l'uso di stereotipi è ossessivo, sono arrivati a svuotare le parole del loro significato, prendendo in giro persino la Costituzione.
Parlano di riforme e tagliano le prestazioni sociali, pronunziano la parola missione di pace ma vanno a fare la guerra, dissestano l'ambiente e le finanze pubbliche con progetti inutili e costosissimi come la TAV e delirano di modernità, smaltiscono i fanghi dei grandi cantieri affidandosi alle ecomafie (vedi inchiesta sul passante ferroviario di Firenze), secretano le conversazioni telefoniche del Capo dello Stato trasfigurandolo in un nuovo Re Sole mentre si fanno beffe delle regole della democrazia, ci rendono schiavi dell'Euro e ce lo spacciano come sogno europeo...
Proprio ieri, mentre negava qualsiasi responsabilità politica sul caso Siena, il segretario del PD dichiarava che al centro del suo programma di governo per la prossima legislatura ci sarà il lavoro: ma di quale lavoro ciancia?
Forse di quello degli operai di Taranto a cui i padroni dell'Ilva negavano il diritto alla salute insieme alle loro famiglie a causa delle emissioni fuori controllo di polveri e inquinanti, mentre nel frattempo gli stessi elargivano cospicui finanziamenti a fondo perduto per la campagna elettorale dell'onorevole Bersani.
Che il segretario piddino sia affetto da sdoppiamento della personalità?
Ecco, di fronte al sistematico scempio di verità ed intelligenza che angustia quotidianamente noi cittadini, ben venga uno come Beppe Grillo, tribuno della gente perbene, che dice a tutti pane al pane e vino al vino, restituendo finalmente dignità alla politica.

domenica 30 dicembre 2012

PD alla deriva: se l'agenda Monti è l'agenda Bersani...

Insomma, dopo 13 mesi di cieco appiattimento sul governo dei tecnici e sulla sua politica di tasse e tagli alla spesa sociale da parte del segretario piddino Pierluigi Bersani all'irresistibile grido Ragasssi,  votiam tutto ma vogliam mantenere il diritto di critica... Ragasssi!, si scopre che il beniamino dei democratici, Mario Monti,  tale per aver, in fretta e furia e senza veramente capirci un'acca varato la riforma delle pensioni per il tramite della surreale ministra Elsa Fornero (tanto da provocare il mostruoso errore tecnico degli esodati), introdotto l'Imu sulla prima casa, nonché pianificato il licenziamento indiscriminato per tutti, scende in campo capeggiando, ancora non si sa bene come, una lista elettorale dove militeranno i vari Casini, Fini, Montezemolo, per giunta con l'investitura solenne del Vaticano, in aperta competizione proprio con il Partito Democratico.
Un colpo basso che metterebbe al tappeto chiunque.
Se poi ci mettiamo pure che scendono in lizza gli arancioni di De Magistris dentro al movimento del pm antimafia Antonio Ingroia Rivoluzione Civile, insieme a quel che resta dell'Italia dei Valori di Di Pietro, ai Verdi, ai comunisti ed al movimento civico che fa capo al sociologo Marco Revelli, per non parlare dell'incombente presenza in Parlamento del Movimento 5S di Beppe Grillo, si capisce immediatamente che gli spazi a sinistra e a destra del PD si restringono pericolosamente, tanto da preannunciare una clamorosa, assolutamente imprevista e per questo ancora più bruciante sconfitta elettorale prossima ventura.
Per l'oligarchia bersaniana un'autentica Waterloo. 
Roba da far rimpiangere la famigerata gioiosa macchina da guerra di occhettiana memoria ma anche, come chioserebbe l'impareggiabile Walter Veltroni, la vocazione maggioritaria del PD del 2008, quando il suo inimitabile acume politico portò alla più sonora sconfitta elettorale di tutti i tempi per la sinistra italiana.
Ma adesso Bersani potrebbe dimostrare che, anche contro il calcolo delle probabilità, peggio di Walter se po' ffà!
Che non si passino più notti tranquille al quartier generale di Largo del Nazzareno e che si stia cercando febbrilmente una via d'uscita dal vicolo cieco in cui il segretario ha ficcato a spron battuto l'invincible armada dei piddini, è cosa arcinota.
Ma il tradimento del premier uscente, dopo che Bersani in queste settimane si era spinto a dire che l'Agenda Monti andrebbe proseguita anche per la prossima legislatura, è veramente difficile da mandare giù.
Perché lo stesso stratega del segretario, il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari, oggi deve riconoscere nel suo tradizionale sermone che l'agenda Monti e quella Bersani coincidono: "Tra l'agenda Bersani e quella Monti non vedo grandi differenze, anzi non ne vedo quasi nessuna salvo forse alcune diverse priorità e un diverso approccio alla ridistribuzione del reddito e alle regole d'ingresso e di permanenza nel lavoro dei precari. E salvo che l'agenda Bersani è stata formulata prima di quella Monti e in alcune parti avrebbe potuto utilizzarla anche l'attuale governo se avesse posto la fiducia su quei provvedimenti."
Ma a questo punto una domanda è d'obbligo.
Perché mai un potenziale simpatizzante del PD che, in questi lunghi mesi di passione, ha imparato proprio dal suo segretario Bersani ad apprezzare la guida gelida di Mario Monti, dovrebbe oggi votare la sua patacca di Bettola,  quando sulla scheda elettorale gli viene proposto l'originale old british style dell'ex preside della Bocconi?
Anche ripetendosi fino allo stremo non capisco ma mi adeguo, da ultimo dei mohicani in salsa emiliana, il malcapitato non riuscirà verosimilmente tra due mesi a inserire nell'urna elettorale la scheda griffata PD.
Ecco perché Bersani oggi affronta il Professore con un tono improvvisamente duro, del tutto imprevedibile soltanto fino alla vigilia di Natale:
"Non mi aspettavo uno scenario simile, non possiamo di nuovo affidarci a leader solitari. Monti deve dirci con chi sta, quali scelte intende fare, cosa pensa sui diritti civili. Non bastano un'agenda e un simbolo".
E criticando la discesa in campo di Monti al comando di una lista di centro, gli urla: "Questa cosa del centro nasce nel chiuso di una stanza...é una cosa che parte già vecchia, superata. Ricorda riti superati".
E, con un lapsus freudiano, sbotta: "vedo il rischio  che ci si affidi ancora a criteri che hanno già portato al fallimento".
Innanzitutto, il fallimento della strategia politica del PD.
Perché era impossibile pronosticare che il partito di centro sinistra, che da un anno a questa parte brilla di luce riflessa grazie all'incendio incontrollato nel PDL, e che la matematica prima che i sondaggi danno per favorito alla prossime Politiche del 2013, abbia senza indugio levato le ancore per dirigersi a vele spianate verso destra (rinnegando senza batter ciglio la propria più schietta anima popolare e  laburista), finendo poi per entrare in rotta di collisione proprio con la corazzata Monti di cui finora ha pattugliato il mare, assicurandone una tranquilla navigazione nonostante le acque tempestose.
Roba da autentici kamikaze!



mercoledì 15 agosto 2012

La democrazia ai tempi della Casta

L'anno che si chiude con queste ferie d'agosto segna per molti versi un passaggio epocale.
Il 2011-2012 ci consegna, in fatti, il volto di una classe dirigente che, messe da parte tutte le ipocrisie e i convenevoli di facciata, usa la democrazia a fini privati, cioè come strumento di massa per affermare la propria supremazia sociale, infischiandosene al momento giusto delle regole, della legge, della stessa Costituzione.
La Casta aspira al potere non per accarezzare la propria idea, il proprio modello di società, e magari vederlo sviluppato e realizzato in concreto.
E' bene per gli elettori non farsi più soverchie illusioni! 
Una volta coagulato sulla base di poche parole d'ordine un consenso abbastanza vasto tra i cittadini tale da potersi considerare prevalente  (e su questo si concentrano tutti gli sforzi, anche facendo carte false o cercando di finanziare la propria campagna elettorale con aiuti esterni al prezzo di inquinare la propria asserita spinta ideale),  i politici di professione lo strumentalizzano  per poter improntare finalmente la propria esistenza al di sopra di ogni limite che non sia quello della propria esclusiva discrezionalità, sistematicamente violando le norme quando queste entrano in rotta di collisione con il proprio agire.
Perché, per questi personaggi, sono le norme che confliggono con i propri comportamenti, e non il contrario, come il buon senso suggerirebbe.
Ed ecco che al momento giusto non tollerano che la magistratura possa chiedere loro conto del proprio operato.
Per loro, infatti, l'obiettivo pressoché unico resta quello di essere eletti: a quel punto, la propria missione può dirsi conclusa.
Da questo momento in poi, si tratterà soltanto di esercitare le proprie prerogative, sia pure nelle forme concordate con gli altri fortunati eletti: ci si metterà d'accordo, non è un problema, quand'anche si finisse formalmente all'opposizione.
Una qualche forma di condivisione del potere comunque ci sarà, magari in forme meno appariscenti. 
Bellezza, questa è la partitocrazia!
Il discorso vale per i parlamentari nazionali,  ma, con necessarie attenuazioni, può essere esteso anche ai livelli amministrativi inferiori. Anche perché, all'interno dei partiti, c'è la necessità di avere, oltre ai classici portatori d'acqua, leader disponibili a coprire i diversi ruoli a seconda delle occasioni.
E' così che ad un parlamentare può essere chiesto il supremo sacrificio di candidarsi a sindaco, persino costringendolo a rinunciare all'attuale seggio, con la promessa di lauta ricompensa alla prima occasione buona.
La legge elettorale, il porcellum, ha poi portato all'esasperazione l'appartenenza di Casta: tra premio di maggioranza e liste bloccate dalle segreterie di partito, il legame tra politici e elettori si fa praticamente inesistente.
E non c'è programma o piattaforma politica che dir si voglia: nessun partito si sbilancia più su ciò che intende veramente fare a vittoria elettorale archiviata, la politica è quella delle mani libere.
In pasto agli elettori al massimo una dichiarazione d'intenti, come ha fatto il PD, dove si può leggere tutto e il suo contrario.
Così si spiega perché tra PD - PDL e UDC, cioè tra centrodestra - centrosinistra e centristi, non c'è differenza alcuna nella pratica politica.
Tutta la battaglia si concentra, in una campagna elettorale forsennata, sull'accesso, più o meno negoziato, alla stanza dei bottoni: ma una volta preso possesso della tastiera, si è padroni di digitarvi sopra la propria raggiunta immunità, in barba ad ogni regola.
Con due poteri dello Stato, Parlamento e Governo, ridotti così, la magistratura diventa automaticamente il nemico da abbattere, all'occorrenza ribaltando persino il tavolo dei principi della Costituzione grazie alla complicità dei media.
Ecco perché si può stare in Afganistan o in Iraq, in palese violazione dell'art. 11, senza problemi; così come si può bombardare la Libia, solo pochi mesi dopo aver firmato con tutti gli onori e crismi un trattato di non belligeranza.
Ma si può pure delegitimare l'indagine della magistratura sul biennio stragista del 1992-93, invocando inesistenti prerogative costituzionali; e al tempo stesso promulgare le leggi vergogna dell'epoca berlusconiana, tanto prima o poi vanno firmate...
Si può poi nominare un Governo con una maggioranza parlamentare trasversale che, in un sistema maggioritario bipolare, senza un passaggio elettorale, è sostanzialmente illegittimo; esecutivo che poi prende provvedimenti impopolari senza doverne neppure rispondere agli elettori, fungendo da curatore fallimentare del Paese, che in pochi mesi è stato ridotto, anche per effetto di queste misure, alla canna del gas.
Si possono annullare le ordinanze del giudice di Taranto per far riprendere la produzione dell'Ilva, infischiandosene del disastro ambientale e delle morti causate dall'impianto siderurgico fuorilegge, facendo finta di salvare posti di lavoro ma intanto condannando a morte quelli che forse implicitamente vengono considerati Italiani di serie B o C.
Eppure, prima dell'intervento della magistratura, nessuno si preoccupava di imporre all'Ilva il pieno rispetto della normativa ambientale; naturalmente, negli anni passati, l'Ilva provvedeva, piuttosto che gli impianti, a bonificare, beninteso legittimamente, gli amici-nemici Forza Italia e Pierluigi Bersani con cospicue elargizioni, sicuramente in virtù di reciproche affinità elettive.
E' forse un caso che Pierluigi Bersani e Angelino Alfano, si sono scagliati all'unisono contro la decisione del gip, chiedendo al governo di intervenire, in palese violazione della legge?
E' chiaro che la situazione politica del Paese è diventata insostenibile: che a presidiare quello che resta della nostra democrazia sia rimasta, sola e infangata, la magistratura, è  un fatto gravissimo.
E se i cittadini non riprendono in mano la sovranità e cacciano via mercanti e banchieri dalle Istituzioni, questo Paese non ha più futuro.
Ma bisogna fare in fretta, prima che la Casta abbia finito di svendere insieme ai gioielli di famiglia la nostra stessa dignità.

sabato 21 luglio 2012

Prove tecniche di dittatura

Per capire in che degrado sia precipitata la libertà di pensiero e di parola in Italia, basta guardare a come giornali, televisioni, Tg, hanno trattato la notizia sensazionale del conflitto di attribuzione che il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha sollevato contro la Procura di Palermo, che sta indagando sulla trattativa tra Stato e mafia nel biennio stragista 1992-1993.
L'attacco diretto che il Presidente della Repubblica ha portato ai pm siciliani non ha precedenti nella storia d'Italia; eppure, con l'eccezione di qualche voce isolata e di un solo giornale, il Fatto Quotidiano, non c'è giornalista della carta stampata o della televisione che, invece di informare e di ricostruire con oggettività la vicenda, non abbia preferito prendere, secondo una regia che sembra quasi studiata a tavolino, la difesa d'ufficio di Giorgio Napolitano.
Il modo con cui la notizia viene gestita dagli organi di informazione è veramente vergognoso: in un'unanimità di consensi, tra centrodestra e centrosinistra, non c'è nessuno che abbia ricostruito la vicenda per quello che è, nessuno che abbia osato semplicemente descrivere il comportamento eccezionale di Re Giorgio, a cui vengono ancora in queste ore tributati gli onori che un tempo si concedevano ai monarchi assoluti, di cui almeno nel mondo occidentale non dovrebbe esserci restata traccia.
Sul piano politico, l'unico che abbia alzato il dito per sottolineare che il re è nudo è Antonio Di Pietro, a cui tutti gli Italiani devono riconoscere, al di là delle simpatie personali o delle proprie convinzioni ideologiche, in questa come in altre recenti occasioni, una prova di onestà intellettuale, lealtà istituzionale e senso civico che, ad esempio, i sepolcri imbiancati del Partito Democratico non si sono neppure sognati di avere.
Tralasciamo poi, per carità di patria, la posizione del Pdl e dell'Udc, partiti in cui ad esempio personaggi come Salvatore Cuffaro,  Raffaele Cosentino,  Marcello Dell'Utri, ecc.,  hanno avuto e spesso ancora hanno un ruolo apicale, che condividono con il Pd la stessa posizione di totale sudditanza alle mosse del Colle, con l'obiettivo neppure sottaciuto di precostituirsi un formidabile e gigantesco precedente. 
Successivamente, capitando con certezza matematica l'occasione buona, potranno comodamente passare all'incasso, vedendosi restituire a vantaggio dei propri uomini un analogo favore: basta sfogliare i giornali di area berlusconiana in questi giorni per farsene un'idea.
Dicevamo prima che il quarto potere ha dato di sè una prova pessima.
Nessun telegiornale ha fatto eccezione, anche la squadra di Rai News 24, di solito così pronta a decodificare i segnali della politica ed a ricostruire con attenzione i fatti di giornata, si è limitata a fare da grancassa alle iniziative del sovrano del Quirinale.
Particolarmente in difficoltà il direttore Corradino Mineo:  solitamente mostra una certa autonomia di giudizio  ma parlando di Napolitano le sue qualità professionali d'incanto vengono obnubilate.
Da sempre trapela dalle sue parole una autentica Venerazione nei confronti dell'attuale Inquilino del Colle: ne parla con ammirazione, con timorosa cautela e con la premurosa circospezione da tributare ad un Dio in terra, i cui comportamenti sono ispirati da un'Intelligenza Superiore e i cui interventi sono sempre opportuni, pertinenti, necessari, decisivi, equilibrati, mirati, una immeritata manna per l'Italia.
La consueta vivacità intellettuale delle sue riflessioni si scioglie, definitivamente e malinconicamente, in un'adesione cieca e totale alle Gesta Sovrane.
C'è da temere che quando finalmente giungerà a compimento il Celeste Mandato, il Mineo si presenterà ai suoi telespettatori in gramaglie e annuncerà la notizia come fece qualche mese fa la conduttrice della televisione nordcoreana per annunciare la dipartita del dittatore Kim Jong II.



Nella classifica della libertà di stampa siamo al 40° posto, subito dopo la Corea del Sud: ancora uno sforzo e quella del Nord sarà alla nostra portata...

PS: chi ci vuole capire qualcosa sul conflitto tra Napolitano e Procura di Palermo è pregato di spegnere la televisione, buttare nella pattumiera i giornali (ad eccezione del Fatto Quotidiano, che guarda caso è l'unico che non riceve un euro di finanziamento pubblico) e di cliccare sul link del FattoQuotidianoTV della registrazione della diretta-streaming da Via D'Amelio del 19 luglio: è  un video di oltre 8 ore dove compaiono interventi autorevoli, anche dei magistrati del pool di Palermo. Da non perdere, dopo 6h e 7' circa, la lezione civile di Marco Travaglio: 60 minuti da antologia.

giovedì 19 luglio 2012

Via D'Amelio: vent'anni dopo

L'attacco frontale che il Presidente della Repubblica ha voluto portare alla Procura di Palermo per la vicenda delle telefonate intercorse tra lui e Nicola Mancino è la dimostrazione più  eclatante, se ancora ce ne fosse bisogno, di come la Casta, anche in uno dei momenti più difficili della storia d'Italia, non abbia alcuna intenzione di farsi giudicare, prima ancora che dalla magistratura, dai cittadini, assumendosi una buona volta il peso delle enormi responsabilità dell'attuale disastro morale-politico-sociale ed economico in cui versa il nostro Paese.
E' uno spettacolo avvilente che angustia ogni cittadino, anche quelli che meno attenzione pongono alle vicende politiche e che, quando pure vi gettano un occhio di traverso, subito se ne ritraggono disgustati.
E' sorprendente che il primo cittadino d'Italia, su una vicenda gravissima come la stagione delle stragi di mafia del 1992-93, a vent'anni di distanza da quei fatti sanguinosi che hanno gettato a livello internazionale un'ombra infamante di sospetto su tutti noi ed una seria ipoteca alla credibilità dellle nostre istituzioni, ponga in essere uno scontro durissimo proprio contro quei magistrati che, mettendo a repentaglio la propria stessa incolumità, si stanno dannando l'anima, nell'isolamento generale in cui sono stati confinati dai media di regime e dalla partitocrazia tutta, per recuperare la verità di una stagione maledetta e finalmente portare alla sbarra i mandanti e gli esecutori materiali di quella mattanza.
Il tutto, per distruggere il contenuto di recenti conversazioni telefoniche che Sua Eccellenza ha intrattenuto nei mesi scorsi con un privato cittadino indagato per falsa testimonianza ed intercettato da quegli stessi pm, Nicola Mancino (nel luglio del '92 ministro dell'Interno), che gli si era rivolto sia direttamente che per il tramite del suo consigliere giuridico, affinché intervenisse nell'inchiesta, in barba a elementari principi di correttezza  giuridica.
Volendo pure riconoscere le migliori intenzioni al Capo dello Stato nel delimitare le proprie prerogative costituzionali, è un dato di fatto che la sua condotta finisce per impattare pesantemente con una delicatissima inchiesta dagli esiti decisivi per l'essenza stessa della nostra democrazia: accertare finalmente le responsabilità e i fatti di quel drammatico biennio stragista.
Per tutti gli Italiani questa dovrebbe essere un'assoluta priorità, l'unico lavacro possibile per bonificare le nostre istituzioni e segnare un discrimine con un passato sconvolgente.
Ma non è così per il primo cittadino che subordina l'accertamento di quella tragica verità alla distruzione dei contenuti di quelle sue incaute telefonate con Mancino.
Ma cosa mai ci sarà in esse di tanto sconveniente da fargli preferire la loro immediata distruzione, con un inevitabile strascico di polemiche?
Fra l'altro rinforzando nei cittadini la generale sensazione che la politica è qualcosa di veramente abietto.
Le parole pronunciate da Antonio Di Pietro per esortare Giorgio Napolitano a desistere da questo scontro, tornando sui propri passi e divulgando spontaneamente quelle telefonate, non hanno nulla di indecente come il segretario del Pd Pierluigi Bersani sostiene, cronicamente a corto di argomenti, e volendo quasi assumere improvvidamente le vesti di garante di Napolitano: "Di Pietro sa benissimo, come sanno tutti, che a giudizio di tutti, compresi i magistrati il presidente Napolitano non ha nessuna ragione di difendere la sua persona". 
Ma come fa a dire questo, se non conosce il contenuto delle telefonate?
Indecente è che il segretario di quello che potrebbe diventare la prima forza politica italiana si acconci a una goffa difesa d'ufficio del presidente Napolitano, senza neanche rendersi conto (questo sì è molto grave!) che ponendo questa sgangherata tutela sul Presidente della Repubblica, contribuisce pure lui a metterlo in straordinaria difficoltà.
Bersani si mette a fare il Niccolò Ghedini della situazione, senza però averne né i titoli né le capacità, scimmiottando l'avvocato di Berlusconi con esiti disastrosi.
Insomma anche in questo campo, Pd e Pdl si comportano esattamente allo stesso modo: quando si tratta di difendere i compagni di cordata, usano gli stessi slogan, la stessa arroganza, lo stesso disprezzo per i cittadini.
Insomma, il richiamo della foresta, o meglio il richiamo di Casta, è più forte di tutto. Persino del buon senso.  Per loro il potere viene prima di tutto, è sopra la legge, e non si fa giudicare. Mai.
Neppure quando la loro credibilità è scesa sotto zero, neppure quando i loro comportamenti scavano un fosso incolmabile con gli elettori: basta fare un giro per la rete in queste ore per rendersene conto.
Neppure quando ricorre il ventesimo anniversario della strage di Via D'Amelio e si apprestano a commemorare, come niente fosse, il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta: con la faccia contrita, continueranno a recitare il copione di sempre.
Incuranti di una liturgia ormai logora e vuota, invocheranno per l'ennesima volta giustizia, ma, dietro le quinte, fanno di tutto perché a ciò non si arrivi mai.

lunedì 21 maggio 2012

Davide contro Golia: il Movimento 5 Stelle affonda la corazzata Pd

Tira un'aria nuova in Italia.
Malgrado le maledette bombe dei criminali eversori e i terremoti di madre natura, non c'è niente da fare per resistere a questo vento liberatore!
Il Paese vuole voltare pagina: quello fatto da gente in carne e ossa che lavora, che studia, che si danna l'anima per arrivare a fine mese. 
Non ne può più della vecchia politica fatta da tanti sepolcri imbiancati che si ergono a difensori della patria per poi continuare a fare i loro privatissimi comodi.
Che issano la bandiera del lavoro, della difesa dei diritti dei lavoratori, dei pensionati, della crescita economica (ultimo tormentone mediatico in ordine di tempo), della battaglia per i beni comuni, per poi non battere ciglio contro il malaffare, le discriminazioni sindacali, le pensioni al di sotto della sussistenza, le cartelle pazze, l'inquinamento assassino degli inceneritori, la gestione privata dell'acqua pubblica, le tante morti sul lavoro e per un lavoro che più non c'è; contro il dissesto idrogeologico, morale,  economico  e ambientale causato dagli appetiti formidali dei grandi potentati, delle mille cricche, delle infinite mafie del nostro Paese.
Che, sotto sotto, spingono per opere gigantesche e inutili come la Tav, che si raccomandano per ottenere l'ennesima rata dell'abrogato finanziamento pubblico ai partiti (solo 1.000 miliardi delle vecchie lire dal 2008 ad oggi!), che esaltano il modello Marchionne che ha portato in cassa integrazione persino gli impiegati di Mirafiori, che accettano che si stia in Afganistan ufficialmente a portare la democrazia mentre la stessa viene continuamente umiliata e offesa in Italia, che hanno accettato che il primo atto del governo Monti fosse la riforma previdenziale più severa d'Europa ma anche la più inutile per uscire dalla crisi in cui questi stessi personaggi ci hanno portato. 
E se tu gli fai notare che hanno cambiato le carte in tavola, rinnegando le battaglie civili che  pure avevano cavalcato per conquistare consenso politico, questi stessi personaggi ti danno del populista, dell'estremista, e anche di molto ma molto peggio.
L'ABC della vecchia politica, il trio Alfano-Casini-Bersani, non incanta più nessuno!
Lo sberleffo più sonoro i cittadini lo hanno rivolto proprio a Pierluigi Bersani, segretario del Partito Democratico, un colosso politico senza testa, senza gambe, senza piedi, ma soprattutto senza anima: è bastato un soffio di libertà e l'entusiasmo di tanti ragazzi per farlo crollare miseramente.
Se al ballottaggio di Parma, il ragazzo del movimento di Beppe Grillo Pizzarotti riesce a surclassare il grigio uomo della nomenklatura bersaniana Bernazzoli, vuol dire proprio che un'altra politica è finalmente possibile. 
Ma anche a Genova e a Palermo, con Marco Doria e Leoluca Orlando, trionfano i candidati che il Pd non voleva.
Sì, forse è proprio l'alba di una nuovo inizio!

mercoledì 9 maggio 2012

Beppe Grillo fa boom ma Napolitano non se ne accorge...

Lo strabiliante risultato del Movimento 5 Stelle guidato da Beppe Grillo è tale che dal 7 maggio scorso si può senz'altro affermare che l'Italia è entrata nella III repubblica, con il terremoto elettorale che ha squassato la vecchia politica di Lega, Pdl, Pd e Udc.
Sì proprio loro, i quattro partiti dell'apocalisse, quelli che hanno fatto precipitare l'Italia, fino a pochi anni fa la quinta potenza economica mondiale, a terra di conquista per la finanza internazionale e le multinazionali in cerca di manodopera a basso costo: insomma quelli che ci hanno portato dalle stelle alle stalle.
Certo il Pd ha resistito in queste amministrative oltre le più rosee aspettative ma, ormai, è solo questione di settimane, impiccato com'è alle sue contraddizioni, ai suoi scandali e ad una politica scriteriata di sostegno al governo Monti, esecutivo formato da sbiaditi tecnocrati di centrodestra.
Bastava vedere in tv la faccia da cane bastonato del suo segretario, Pierluigi Bersani, che lunedì sera si sforzava di mostrare la propria soddisfazione per il risultato ottenuto, per rendersi conto che anche per il Partito Democratico il conto alla rovescia è iniziato.
Il risultato del Movimento 5 Stelle è veramente stratosferico perché oltre alla dimensione del successo diffuso in tutt'Italia, con punte eccezionali nel centro-nord (basti pensare che in una città come Parma, da anni feudo del centrodestra, il suo candidato ha sfiorato il 20%, andando per giunta al ballottaggio!), quello che più pesa è che esso sia stato conseguito in condizioni assolutamente impari rispetto alla corazzata elettorale messa in campo dalla Casta.
Infatti il movimento di Grillo:
  1. non ha avuto alcuna copertura mediatica: gran parte dei giornali e tutta la televisione dell'oligopolio Rai-Mediaset-Telecom lo hanno, nella migliore delle ipotesi, ignorato;
  2. è un movimento nato nella Rete e diffusosi solamente grazie alla Rete ed alla partecipazione attiva e disinteressata di comuni cittadini, stanchi di dover sottostare ad una partitocrazia, avida, corrotta e incompetente. Ma solo metà degli Italiani ha libero accesso ad Internet e solo una famiglia su tre ha la banda larga: il digital divide è impietoso, ma non è un caso che lo sia;
  3. è stato oggetto di una campagna mediatica di aggressione, di delegittimazione e di intimidazione orchestrata dalla Casta di inaudita portata;
  4. ha potuto raggiungere con il suo messaggio soltanto una piccola parte della popolazione italiana, perché il Palazzo ha fatto in modo che le fasce sociali più deboli ne venissero rigorosamente tenute lontano;
  5. ha una base di consenso costituita prevalentemente da giovani, con una notevole rappresentanza di venticinque-quarantenni, di livello d'istruzione molto elevato: si sprecano ingegneri, informatici, matematici, ricercatori, economisti, docenti, ecc; ma anche artigiani, impiegati, piccoli imprenditori, commercianti si riconoscono trasversalmente in tante delle sue iniziative;
  6. non ha ricevuto un solo euro di finanziamento pubblico, al contrario della Casta che resta in famelica attesa di una tranche di altri 100 milioni di euro per il luglio prossimo, sui quali ha già ricevuto cospicui anticipi da parte delle banche;
  7. il voto che riceve è assolutamente un voto d'opinione, libero e senza condizionamenti di sorta;
  8. garantisce per i propri sconosciuti candidati impegno civico, competenza, determinazione, difesa dei beni comuni, restando agli antipodi di cordate, convergenze parallele, conflitti di interesse, lobby e simili;
  9. si pone in contrapposizione frontale con la vecchia politica, i poteri occulti, i grandi potentati economici;
  10.  il suo fondatore Beppe Grillo non è il padre padrone del movimento che scende in campo per difendere le sue aziende (come qualcun altro di nostra vecchia conoscenza...): al contrario, fa il portatore d'acqua per dare visibilità  a quei cittadini che ne condividono le iniziative e che vogliano diventare protagonisti di questa rivoluzione popolare, democratica e soprattutto legalitaria, nel pieno rispetto della costituzione ma senza la mediazione dei partiti. 
In condizioni diverse, di democrazia materiale e non di repubblica delle banane, il risultato raggiunto sarebbe potuto essere assolutamente superiore, forse addirittura sfiorare il 30-35%.
E' per questo che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, di fronte allo sfascio partitocratico, commette una grave scorrettezza costituzionale quando ripetutamente si scaglia contro questo pacifico movimento di cittadini con tanta voglia di partecipazione civile e di autodeterminazione, prima accusandone arbitrariamente il leader di demagogia, poi ignorandone platealmente l'affermazione elettorale.
Ma il Capo dello Stato non dovrebbe rappresentare ai sensi dell'articolo 87 della Costituzione l'unità nazionale e simboleggiare con la sua figura tutti gli Italiani??

martedì 28 febbraio 2012

PD e PDL sul TAV, Treno ad Alta Vergogna

Nonostante la crisi economica e finanziaria, il governo dei tecnici, alias duopolio PD-PDL, sta ingaggiando con la popolazione della Val di Susa (e non solo!) una battaglia senza precedenti e senza esclusione di colpi, sordo a qualsiasi appello alla riflessione che dalla società civile si sta alzando, disposto a tutto pur di avviare un'opera gigantesca, dai costi folli, unanimamente riconosciuta del tutto inutile dai maggiori esperti del settore.
Per la politica, si va avanti come se niente fosse, perché di fronte agli appalti miliardari, non c'è manifestazione pacifica che possa sia pure semplicemente rallentare, meno che mai bloccare, l'avanzata delle ruspe.
Ormai è chiaro che gli uomini del PD e del PDL, nascosti dietro gli pseudotecnici del governo Monti,  non sono in alcun modo disposti ad aprire una discussione pubblica sulla fattibilità di un'opera da 20 miliardi di euro preventivati, infischiandosene altamente del dissenso generale, in un periodo in cui ci dicono di continuo non esserci i soldi per nulla: per la sanità, per la manutenzione stradale, per il dissesto idrogeologico del nostro paese,  per mettere in sicurezza le tante scuole fatiscenti, per costruire nuove carceri, per fare il pieno alle macchine della polizia, per mantenere le detrazioni fiscali a lavoratori e pensionati, per i beni culturali, per la ricerca scientifica,... insomma per una miriade di necessità pubbliche. 
Eppure per la TAV, che distruggerà una valle alpina creando per giunta infiniti problemi ambientali, i soldi ci sono eccome.
E si va avanti, costi quel che costi, anche se bisogna militarizzare una vasta zona pedemontana, anche se ci può scappare il morto.
Il ministro dello sviluppo economico, Corrado Passera, all'indomani del gravissimo incidente occorso a Lucca Abbà, uno dei leader della protesta locale contro la TAV, non sa fare altro che dire: "Si va avanti".
Ma a che titolo parla? Chi lo ha eletto per prendere una posizione così poco tecnica e tanto cinica?
Ah, dimenticavamo: l'ABC della Casta, il trio Alfano-Bersani-Casini, quelli dell'inedita alleanza tecnica.
Massimo Giannini, dai microfoni Rai di Prima Pagina, la popolare trasmissione mattutina di RadioTre, ha detto che il governo Monti rappresenta non la sospensione della democrazia, semmai la sospensione della politica.
Come se fosse possibile avere in una democrazia parlamentare disinvoltamente il commissariamento della politica senza che questo comporti ipso facto la fine della democrazia tout court.
Ma  questa è pure la Caporetto dell'intellighenzia, dei media che in queste settimane stanno facendo di tutto per derubricare la protesta TAV a mera questione di ordine pubblico.
Così gli oppositori della Val di Susa diventano amici e fiancheggiatori dei terroristi o essi stessi terroristi, pur con le sembianze di pensionati, lavoratori, sindaci, giovani coppie con bambini, artigiani, commercianti, maestre.
La politica è così prona di fronte agli interessi miliardari che si stanno concentrando sulla valle (basti pensare al business del movimento terra per scavare un doppio buco da 50 chilometri di lunghezza divorando roccia con presenza di amianto) che preferisce restare dietro le quinte mandando  i cosiddetti tecnici in avanscoperta a continuare il gioco sporco già avviato nella fase esecutiva dal governo Berlusconi.
Mentre i media li spalleggiano affrettandosi a dire che ormai, per quanto l'opera possa rivelarsi inutile e dannosa, la decisione è ormai stata presa (da chi?) ed è ormai irrevocabile.
Marco Imarisio, oggi, dalle colonne del Corriere della Sera commenta con parole che non esitiamo a definire agghiaccianti la situazione che si è venuta a creare in Val di Susa, rinfacciando ai politici di non aver detto parole chiare sulla vicenda e cioè che la protesta delle popolazioni della valle è una "causa persa" perchè l'opera si deve fare, punto e basta.
E chi si oppone non è un portatore di interessi legittimi, nella migliore delle ipotesi è un visionario, probabilmente è un matto.
A questo livello di intolleranza e di degrado culturale è giunto il dibattito civile nel nostro paese!
Eppure sono vent'anni che si è premuto sull'acceleratore di questo inferno prossimo venturo, senza che la politica e la nostra classe dirigente si siano sentite in dovere, per una volta almeno, di interpellare i cittadini che, da subito e spontaneamente, hanno fatto sentire la loro voce contraria.
Ma non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. 
Così PD e PDL hanno stretto un patto di ferro per decidere sopra la testa della gente.
Guarda un po', dopo tanti scontri al calor bianco,  è proprio in questo che hanno trovato unità d'intenti: nel fare carta straccia della sovranità popolare.
Insomma,  la TAV come l'articolo 18, come la riforma delle pensioni, come le liberalizzazioni fasulle... alla faccia della democrazia rappresentativa!
Ma ormai non si vergognano più di niente, disposti a fare carte false pur di restare a galla.
Ecco perché, con tutta probabilità, alle prossime elezioni amministrative, non avendo il coraggio di presentarsi con il proprio simbolo, PD e PDL raccoglieranno voti sotto le mentite spoglie delle liste civiche.
Nel frattempo sono  montati, senza pagare, sul Treno ad Alta Vergogna.
E ci fanno pure la predica che questa è la modernità...

PS (29/02/2012 h. 9.00): ieri sera a Ballarò show del segretario generale CISL Raffaele Bonanni che, col suo classico linguaggio sgangherato, ha difeso la TAV con parole e toni più consoni ad un padrone delle ferriere che ad un leader sindacale.
Oltre a dare informazioni false (ad esempio, che mancherebbe all'ultimazione dell'infrastruttura europea solo il tratto italiano),  il massimo della sua argomentazione è stato quello di dire che se non facessimo la TAV "noi non investiremmo un soldo e faremmo ridere l'Europa".
Onore al merito!

giovedì 24 novembre 2011

Dopo il pizzino di Enrico Letta, la Casta si mette al lavoro...

Il pizzino di Enrico Letta a Mario Monti con il quale il vicesegretario del PD si mette a disposizione del premier, sia in pubblico che riservatamente, non ha avuto granché risalto sulla stampa; quasi che sulla vicenda abbia preferito stendere un velo, non si sa se pietoso o complice.
Fatto sta che a tenere in piedi l'episodio ancora una volta è stata la rete.
E gli stessi quotidiani, che in edicola hanno glissato, nell'edizione on line non hanno potuto mancare il ghiotto scoop.
Che questa sarebbe stata una delle notizie più cliccate della settimana era del resto prevedibile.
Ancora una volta la nostra classe politica ha dato l'ennesima dimostrazione di inadeguatezza svelando che, spente le luci dei talk show in cui si fa a gara nel dirsene di tutti i colori, dietro le quinte  e nei corridoi del Palazzo, condivide in perfetta armonia i privilegi di una professione di grandi onori ma di pochissimi oneri.
Ed è riuscita pure nel piccolo grande capolavoro di lasciare il governo del paese ad una pattuglia di professoroni, a cui viene lasciata carta bianca per prendere misure impopolari, rimanendo nel frattempo alla finestra.
Il bello è che a gente che ci ha portato alla rovina e che è di fatto in vacanza fin quando Mario Monti non riterrà opportuno convocarla per farle premere in Parlamento il pulsante verde e far passare così i suoi provvedimenti, continuiamo a pagare stipendi e ad erogare benefits da nababbi.
E poiché, come è successo per lo sfortunato nipote di Gianni Letta, non vuole più farsi sorprendere con il sorcio in bocca, mentre attende che si alzino le saracinesche della macelleria sociale, ha pensato bene di tappare la bocca ai fotografi dell'emiciclo istituendo, a tambur battente (sin dal prossimo 29 novembre!), un tesserino di cui dovranno dotarsi per continuare a lavorare sulle tribune parlamentari.
Tesserino che sarà loro consegnato solo dopo aver sottoscritto un codice di autoregolamentazione in cui essi si impegnano "a non utilizzare strumenti di ripresa fotografica o visiva per cogliere gli atti o i comportamenti non risultanti essenziali per l'informazione", pena il divieto di accesso in Parlamento.
Evviva l'efficienza!
I nostri politici del PD-PDL, nel pieno di una tempesta finanziaria e di una crisi economica senza precedenti, in attesa che il preside Monti esca dal collegio dei docenti, di che cosa si preoccupano?
Per caso di tagliarsi stipendi e vitalizi e paracadutarli al livello dei comuni mortali?? Errore!
Dopo essersi dati un gran da fare con codici e codicilli per renderci invisibili i loro pizzini, adesso sono veramente stanchi... 


venerdì 18 novembre 2011

Governo Monti: l'importanza di chiamarsi Enrico...

«Mario, quando vuoi dimmi forme e modi con cui posso esserti utile dall'esterno. Sia ufficialmente (Bersani mi chiede per es. di interagire sulla questione dei vice) sia riservatamente. Per ora mi sembra tutto un miracolo! E allora i miracoli esistono! Enrico»
Il biglietto fatto recapitare dai banchi dell'opposizione al tavolo del governo è forse la notizia più succosa di questa prima uscita del premier Mario Monti e, al di là dell'interpretazione autentica che si è affrettato malamente a darne il suo improvvido estensore, il vicesegretario del PD Enrico Letta, la dice lunga su quello che è il male della politica italiana: il trasversalismo, da sempre origine di tutte le degenerazioni del bipolarismo all'italiana.
Stiamo ai fatti: questo pomeriggio, con una maggioranza record di 556 voti, il governo Monti ha ottenuto la fiducia della Camera dopo averla incassata il giorno precedente dal Senato.
E' finalmente nel pieno esercizio delle sue funzioni: staremo a vedere come lavorerà.
Una gravissima crisi politica è stata risolta in meno di una settimana sotto l'incombere dei mercati che minacciavano (giustamente!) sfracelli finché Silvio Berlusconi fosse restato a Palazzo Chigi.
E' troppo presto per trarre conclusioni ma si può già ammettere che un effetto calmierante sullo spread Btp-bund tedeschi  questo passaggio di consegne lo abbia sortito.
Siamo in presenza di una maggioranza inedita PD-PDL con l'aggiunta dell'IDV di Antonio Di Pietro mentre la Lega di Bossi è sola all'opposizione. Come scrive il nipote di Gianni Letta, già sottosegretario di Berlusconi, un miracolo.
Per qualcuno è la sospensione della democrazia: dipende dai punti di vista ma, certo, che i due fronti contrapposti, dopo aver fatto per anni le barricate ed aver lanciato di tutto nel campo avverso, vadano adesso a braccetto è, anche solo visivamente, sensazione per stomaci forti.
Ma tutto ha una spiegazione: dovendo approvare misure assolutamente impopolari a ritmi forzati, né PD né PDL se la sono sentita di metterci la faccia condannandosi al pubblico ludibrio con i propri elettori.
La Casta, cioè, si ripara dietro il governo tecnico e a questo lascia fare tutto ciò che essa non ha né il coraggio politico né  il mandato elettorale di proporre alla propria base.
Se non è sospensione della sovranità popolare questa...
Il parallello che alcuni osservatori embedded fanno con la Grosse Koalition di Angela Merkel è fuorviante.
In Germania, il sistema elettorale è proporzionale con sbarramento; pertanto la maggioranza politica si trova in Parlamento, soltanto una volta contati i voti delle urne.
I due partiti che alle ultime elezioni hanno ricevuto maggiori consensi, socialdemocratici e democristiani, non si presentano agli elettori in contrapposizione.
Come invece accade da noi dove PD e PDL, in forza del sistema prevalentemente maggioritario, si contendono a suon di colpi bassi (anche sul piano personale!), fino all'ultimo collegio uninominale.
In Italia, la coalizione di governo viene presentata agli elettori prima del voto da entrambi gli schieramenti: pertanto chi vota PD o PDL sa che il suo voto esprime un orientamento avverso all'altro cartello elettorale.
Tant'è che per forzare il nostro sistema politico al bipolarismo,  con il porcellum si sono fatte fuori le ali estreme, i partiti minori: ricordate i cosiddetti cespugli?
Chi non rammenta la vocazione maggioritaria del 2008 di Walter Veltroni che affossò il governo di centrosinistra di Romano Prodi e condannò a restare fuori dal Parlamento tutti i partiti di sinistra, dai Verdi, a Rifondazione, al Pdci di Oliviero Diliberto? 
E' chiaro che adesso assortire una maggioranza, sia pure per un appoggio esterno al governo, tra Partito Democratico e Popolo della Libertà, è molto più che una forzatura...
Ma la politica italiana ci ha abituato a tutto!
Quello che però non è assolutamente giustificabile è quell'aria continua di inciucio, di accordo sottobanco, che rende irrespirabile l'aria del Palazzo anche a chi è abituato da troppo tempo a votare turandosi il naso.
In un frangente tanto delicato come quello descritto per il rispetto della sovranità popolare, non è accettabile che il vicesegretario del PD Enrico Letta assicuri un appoggio tanto peloso quanto sommesso al neo premier Mario Monti, prestandosi al collaborazionismo piuttosto che ad una collaborazione alla luce del sole.
Infatti, che senso può avere mandargli un biglietto privato per rendersi utile dal'esterno sia ufficialmente che riservatamente?
Ma a che gioco giochiamo??
Fa sospettare che il governo Monti è, sotto mentite spoglie, il vero esecutivo in cima ai desideri della direzione del Partito Democratico, in barba alle mille dichiarazioni fatte in questi anni, dimostrando una convergenza politica e di ideali con il PDL assolutamente unica e impressionante. 
E' un caso che Enrico Letta parli di miracolo a proposito di questa svolta politica?
Pare quindi che la battaglia di Bersani, Veltroni, D'Alema & c. di questi anni contro il governo Berlusconi sia stata concepita esclusivamente contro l'uomo politico Silvio Berlusconi e non contro la sua pessima politica, a cui sotto sotto aderiscono.
Ecco perché Beppe Grillo non si stanca di chiamarli PDmenoL